Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il suffragio universale, altro che il presidenzialismo
L’ho già scritto. Temo la riforma del suffragio universale ben più del presidenzialismo. Temo che si considerino certe categorie di elettori, quelle socialmente più disagiate, meno acculturate, residenti in aree depresse economicamente, come “dannose” alle magnifiche sorti e progressive del Paese. Sotto mira sono coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza, che esprimono un forte disagio sociale, che prendono una pensione sociale o i sussidi, che sono disoccupate o faticano a trovare una occupazione decente, che non sono manodopera qualificata o che non hanno la laurea. Pesi politici, zavorre, palle al piede dei 50 trilioni di euro di asset che si riuniscono a Cernobbio ogni anno per salvare l’Italia, abbronzati e ben vestiti, tra un drink e l’altro. Molti cittadini appartenenti a queste categorie già oggi sono nel bosco, non votano, si rifugiano nell’astensionismo: questo potrebbe essere il primo argomento di chi vorrebbe riformare la Costituzione. E quindi, perché obbligarli a votare? Lasciamoli al loro destino di emarginati, salviamoli dall’obbligo di pensare alla politica. Alla politica ci pensiamo noi cittadini benestanti e di serie A.
Lo dico, perché intravedo sui social alcuni segnali in questo senso. Spesso lanciati dall’acculturato di turno. L’attacco al reddito di cittadinanza diventa tout court un attacco a chi lo percepisce. Si sostiene pure che in Meridione si concentra la maggior parte di questa umanità che andrebbe limitata nel diritto di voto, con ciò localizzando anche da dove provenga il “male”, da quale parte d’Italia, mentre il resto della penisola (il “bene”) produce e traina l’intero Paese. Sarebbe una riforma del suffragio universale immaginato, nello stesso tempo, organicamente, come secessione forzata del Meridione dall’Italia che conta, quella da bere, quella degli spritz. Io lo considero razzismo sociale e, dunque, quanto di peggio posa capitare a un paese moderno, o che stima di ritenersi calato a pieno nella modernità.
Sto scoprendo più cose in questa campagna elettorale che in tante altre circostanze pur rilevanti politicamente. Resto basito da certe correnti d’opinione che si muovono sottotraccia, e che ormai non si vergognano nemmeno più di far capolino e accreditarsi. Sembra di essere tornati al “lei non sa chi sono io”, quando un commendatore qualsiasi, con pelliccia di astrakan al collo, inveiva contro il poveraccio di turno rivendicando i propri quarti di ricchezza, più che di nobiltà. Come un cialtrone qualsiasi.