Il senso del Papa per le periferie

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 9 febbraio 2015

Ieri il Papa, come consuetudine, è andato a visitare la borgata romana di Pietralata a Roma Est. Lo sappiamo, Francesco è alla ricerca delle periferie del mondo, ritiene che da lì la vista sia migliore per capire i tempi, per mettere a fuoco la natura delle radicali ingiustizie che ci affliggono ed esortare gli uomini a porvi rimedio. Non gli è bastato visitare la parrocchia, come da programma, ha deciso di recarsi anche presso un campo di accoglienza destinato ai rifugiati sudamericani: famiglie, bambini, gente povera e semplice che vive in una situazione disagiata. C’è un filmato di TV2000 che mostra nella sua spoglia semplicità l’evento. Il Papa entra nel campo in compagnia del parroco. Si avvicina alle baracche. Finalmente qualcuno lo intravede e, dopo un certo sbigottimento, inizia a correre nella direzione di Francesco. Parlano spagnolo. Si forma subito un allegro e stupefatto raggruppamento di persone al cui centro, abbracciato e sfiorato da tutti, c’è ovviamente il Papa. Che non si tira indietro, anzi cerca per primo l’abbraccio e le carezze. La sua veste bianca sembra ancora più lucente rispetto ai vestiti pur dignitosi dei rifugiati che lo attorniano.

Guarda il video della visita di Papa Francesco nella baraccopoli di Ponte Mammolo a Roma:

Non sembrano il Capo di uno Stato e dei poveri (perché non vedi distanze effettive tra loro) ma uomini tutti uguali, uomini senza gerarchie di sorta. Donne, uomini, bambini. Solo umanità, nient’altro. E la cordialità è commovente. C’è un attimo di preghiera, poi ancora mani che si stringono, baci, abbracci e quindi il Papa ritorna sui suoi passi. Fuori dalle staccionate del campo sono intanto accorsi altre uomini e altre donne, forse rom, desiderosi di un saluto. Francesco si ferma anche con loro: non conta quello che si dicono, conta la loro ‘scandalosa’ vicinanza, la vicinanza (senza barriere né bodyguard né linee rosse) di un potente con gli ultimi degli ultimi. Perché è questo il senso dell’abbraccio, il tremendo cortocircuito che si stabilisce tra le persone reali che vediamo lì. E non c’è populismo, non c’è finzione, non c’è posa: quello è davvero il Papa, quelli sono davvero gli ultimi degli ultimi, e in mezzo, tra loro non c’è null’altro, solo mani tese e il reciproco incontro.

Mi chiedo se sia possibile che, dove una volta c’era la sinistra (il PCI della Tiburtina era il più forte partito di Roma, il più solido, il più combattivo, viveva nei quartieri e competeva, persino, con quello emiliano) oggi ci sia solo una borgata, una popolazione mangiata dalla crisi, dei rifugiati ammassati in un campo, dei rom, e poi solo la parrocchia, le associazioni di volontariato e, infine, il Papa. Mentre il partito, un qualunque partito, una qualunque sinistra, sono finiti in un’urna delle primarie, a scalare con un’OPA la propria stessa organizzazione, a piazzare questo o quello su qualche seggiola, a fare patti segreti, a cancellare istituzioni rappresentative, a chiamare riforma l’estrema flessibilizzazione del lavoro, ad affamare la Grecia, a scambiare la destra per la sinistra, e chissà cos’altro.

Cosa è successo nel frattempo che ci è sfuggito? Cos’è che la sinistra non ha visto, non ha capito, oppure ha dimenticato? Perché la Chiesa adesso è lì, a offrire speranza, prossimità, rifugio, accoglienza e noi siamo invece lontani, asserragliati in un partito liquido, anzi inconsistente, dentro cui entra ed esce chiunque, dentro cui decidono tutti e nessuno? O peggio decide la destra? E dove si ama più il Palazzo che le periferie, più i finanzieri che gli ultimi? L’abbraccio del Papa ai poveri in quel video ha mostrato plasticamente, senza dubbi soverchi, come un pugno sul viso, in quali tempi viviamo. Tempi in cui la Chiesa cerca l’abbraccio anche fisico coi poveri, con chi sta peggio. E la sinistra invece con i ricchi, con chi sta meglio. Più radicale di così non si potrebbe raccontare e temo pure di non avere affatto esagerato nel giudizio.

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