Il ritorno di normalità, il ritorno del caos: basta smart working dicono in coro Brunetta e l’associazione dei pizzettari e paninari…

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il ritorno di normalità, il ritorno del caos
‘Incubo Dad’, titolano i giornali. ‘Basta smart working’ dicono in coro Brunetta e l’associazione dei pizzettari e paninari dei centri storici. C’è una voglia sfrenata di tornare ai vecchi e rassicuranti assembramenti, al traffico impazzito, alla cara normalità. Come se nulla fosse accaduto, come se il lockdown fosse tutto da buttare. Come se il ritorno alla vita di “comunità” si identificasse con il caos urbano e gli ammassamenti senza ritegno di lamiere e corpi. Come se la DAD, ossia la possibilità di interagire didatticamente online, in un’epoca in cui si fa tutto a distanza (acquisti, prenotazioni, scambi social), fosse una specie di bestemmia, e lo smart working roba da fannulloni imboscati. L’idea dominante è quella che più ci ammucchiamo, più le strade sono piene di scatole di lamiera con una sola persona dentro, più il caos urbano ci travolge, più ne siamo travolti noi, e meglio è.
Eppure è facile. Lo smart working, magari in dosi percentuali e ben organizzato, vuol dire togliere dalla strada, nelle ore di punta, milioni di persone. Con vantaggi incommensurabili per la qualità della vita e per l’ambiente. Con una riduzione di costi per le famiglie in termini di benzina, gasolio, gpl, e un palese risparmio di tempo e di stress per noi esseri umani. Anche la tanto bistrattata DAD, ben regolata e scandita settimanalmente, significherebbe la possibilità di riusare gli spazi scolastici, di riorganizzare la didattica, di svuotare almeno in parte i mezzi pubblici, di porre una soluzione seppur parziale al tema delle classi pollaio. Vi pare poco? O preferite ore di fila in automobile per poi scaraventare vostro figlio, in una specie di sgabuzzino già occupato da altri 24, 25 studenti? Non penserete mica che il senso di comunità si costruisca nel caos e nel totale disordine urbano e umano?
Il fior fiore della intellighenzia psico-pedo-sociologica si è stracciata le vesti in questi mesi di pandemia a favore di un ritorno immediato dei bambini e dei ragazzi in classe, nei parchi, nelle discoteche, ai muretti, nei bar. La DAD appunto stava diventando un incubo. Le è stata addossata ogni colpa, persino il fatto che i ragazzi non studiassero, in base ai pessimi risultati conseguiti all’Invalsi. Quanto sommo pensiero sprecato! Mi chiedo allora: possibile che il post Covid debba solo essere il ritorno del caos primigenio, perché così tutti si sentano rassicurati, nel limbo (o inferno) di una brutta normalità? Possibile che queste città ammassate e assembrate di ogni cosa, siano il solo, possibile contesto per il ritorno di comunità e di relazioni fisiche? E perché non insistere con strumenti che, invece, ci tirino fuori, almeno un po’, dal mucchio in cui siamo conficcati? Ma davvero siamo nati per impilarci e ammassarci l’uno sull’altro e per vivere soli, solissimi (altro che comunità) nelle nostre automobili (sempre più grandi e sempre più vuote), incastrate in un traffico di lamiere, che satura strade stracolme di tutto e di più?
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