Il prima e il dopo delle alleanze

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti 16 gennaio 2017

Nella selva oscura dei modelli di nuova legge elettorale, selva quanto mai intricata, credo che vi sia un parametro almeno che contribuisca a discriminare e a fare chiarezza. Ed è quello riguardante il sistema delle alleanza e delle coalizioni possibili. Anche perché il PD mi pare abbia mollato (o stia per mollare) il deprecabile concetto di ‘vocazione maggioritaria’, tornando a reintepretare la politica come mediazione e non più confronto agonistico di uno contro tutti, e chi vince comanda. Io credo che si possano concepire due tipi ‘temporali’ di politica delle alleanze: quelle intessute PRIMA del voto o quelle DOPO di esso. Nell’un caso si parla di maggioritario, premio di maggioranza, di cittadini che scelgono direttamente l’esecutivo, di risultato noto già dalla domenica sera (a qual pro non si sa). Nell’altro caso, invece, si va al confronto elettorale con una precisa identità di partito, con un programma di governo, indicando le possibili alleanze che si intendano poi ricercare in parlamento. La differenza è abissale, perché PRIMA del voto si scelgono delle alleanze allo scopo di vincere le elezioni, e poi si vedrà, nella forma di coalizioni bipolariste forzose e, spesso, opportunistiche – DOPO il voto, invece, le alleanze si ricercano in aula parlamentare, nell’intento principale di creare un esecutivo che meriti la fiducia e governare.

La Seconda Repubblica ha fatto leva sul maggioritario, sul bipolarismo schematico e ha enfatizzato l’aspetto delle coalizioni a priori, insistendo sul potere di scelta del governo da parte dei cittadini. Senza che ciò abbia significato stabilità, anzi. L’effetto è stato spesso contrario, mentre il parlamento è stato ridotto a camera di compensazione politica sottoposta a sequele di voti di fiducia. Il declino della politica è stato fortemente incentivato: l’anticipazione formale e a priori delle coalizioni, e ancor più la vocazione maggioritaria, hanno disarticolato i partiti e ristretto l’ambito di applicazione del metodo di mediazione, ridotto spesso alla abborracciamento di patti segreti ed extraparlamentari. Un ritorno di politica, e nel miglior caso un ritorno di stabilità politica, potrebbe invece essere prodotto da un sistema proporzionale, per il quale il lavorìo di confronto e mediazione del parlamento è invece essenziale. In tal caso le elezioni di svolgerebbero sulle identità e i programmi dei partiti, ne misurerebbero la ‘forza’ politica e parlamentare, affidando a posteriori il compito di stabilire forma e sostanza delle coalizioni, non più forzose, non più per ‘vincere’ ma per governare. Su questa faglia passa nella sostanza il dibattito politico. Se cioè si debba andare a elezioni con un pacchetto di mischia pensato per ‘vincere’ (nel trionfo del marketing politico), o si debbano misurare dapprima i rapporti di forza elettorali su basi proporzionali, per poi realisticamente giocare le alleanze sul piano del governo politico e istituzionale. Questi anni hanno dimostrato che il maggioritario non stabilizza, semmai svuota di politica i partiti e li fa morire a discapito di tutti. Traetene voi le conseguenze.

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