Ricordavo bene. Articolo 55, secondo comma, della Costituzione della Repubblica italiana: «Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».
In nessun luogo del testo costituzionale è scritto che il Parlamento possa riunirsi in seduta comune quando si tratti semplicemente di ascoltare un capo di governo straniero, collegato da remoto, e fargli la claque. Sarebbe bastato che il predetto capo di governo avesse mandato un messaggio video-registrato, che poi i nostri canali televisivi avrebbero diffuso, senza scomodare il Parlamento. Già, ma l’idea che l’Istituzione parlamentare abbia un qualche carattere di solennità, non è più di moda. Gli italiani, nella loro massa – si sa – sono di cuore generoso e di bocca buona.
Giorni fa, il 12 marzo, mi aveva divertito leggere un’intervista del nostro ministro degli Esteri al quotidiano Corriere della Sera, in cui detto ministro, con la sua consueta sobrietà, aveva definito il presidente dell’Ucraina, Zelenski, “eroe mondiale”. Al che, il mio modesto cervello aveva subito generato l’obiezione che, se fosse dipeso da Zelenski, la terza guerra mondiale sarebbe già deflagrata da tempo. Egli, infatti, non fa altro che chiedere agli Stati Uniti, alla Nato, ai singoli Paesi del cosiddetto “Occidente” che gli forniscano protezione aerea contro gli attacchi russi e tante armi, inclusi aerei da guerra di ultima generazione, per regolare i conti con i russi.
La riunione del Parlamento in seduta comune mi ha fatto scoprire un presidente Mario Draghi, per me assolutamente inedito, che parla come Luigi Di Maio. Il presidente Draghi vuole che l’Ucraina entri immediatamente, magari domani, a far parte dell’Unione Europea. Perché? Per darle uno “scudo protettivo”: la guerra contro uno Stato membro dell’Unione Europea diverrebbe, automaticamente, la guerra contro l’intera Unione Europea.
Dal mio modesto punto di vista, siffatto orientamento non è razionale, perché aumenterebbe la gravità del conflitto in atto. Non è rispondente all’interesse dell’Unione Europea, perché questa dovrebbe, al contrario, tendere ad avere rapporti distesi, tanto con l’Ucraina, quanto con la Russia. Dovrebbe, appena sarà possibile, stipulare rapporti di interscambio economico e commerciale e di cooperazione sia con l’Ucraina, sia con la Russia. Ciò risulterebbe molto vantaggioso per tutti: per gli europei, per gli ucraini e per i russi. Gli unici a storcere il muso sarebbero gli americani. Il punto sta proprio qui.
Mario Draghi è il presidente del Consiglio dei ministri italiano, il quale “deve”, in primo luogo, rappresentare al meglio gli interessi dell’Italia e difenderli? È un leader europeo, interessato al potenziamento dell’Unione Europea, il che significa che questa non può continuare ad essere un “nano politico”, completamente asservito agli Stati Uniti d’America?
Mi sembra che Draghi si sia rivelato un perfetto “americano”. I nostri estremisti di sinistra un tempo erano soliti scrivere questa parola inserendo la lettera “k” al posto della “c”. Posto che vuole essere perfettamente allineato agli Stati Uniti d’America, sempre dal mio modesto punto di vista, e un “traditore”, tanto dell’Italia, quanto degli ideali dell’Europa unita.
In precedenza, avevo scritto che Draghi era una delle poche persone “serie” rimaste in circolazione nell’attuale vita pubblica italiana. Ovviamente, continuo a vedere la differenza con politici del livello di Luigi Di Maio. Mi chiedo, tuttavia, a cosa serva Draghi se non riesce ad arginare alcuna delle “mattane” in politica economica che i partiti che compongono la sua maggioranza parlamentare continuano a pretendere e ad imporgli.
Mi si obietterà che Draghi non è Superman e deve tenere conto della composizione delle due Camere dell’attuale Parlamento. Con i rapporti di forza determinati dalle sciagurate elezioni del marzo 2018. Queste Camere continuano a trascinarsi stentatamente per nostra disgrazia e per la definitiva devastazione dei conti pubblici italiani. Qui una non piccola responsabilità è del Presidente della Repubblica Mattarella, il quale ha sempre trovato validi motivi per non sciogliere anticipatamente queste Camere, tutte le volte che avrebbe avuto la possibilità di farlo.
Nella mia agendina personale ho scritto, in corrispondenza alla data del 22 marzo 2022: da oggi mi considero ufficialmente all’opposizione rispetto al governo presieduto da Mario Draghi. E chi se ne frega? Direte voi. Il fatto è che può essere che non sia il solo a pensarla in questo modo. Tra sei mesi, quando in Italia si cominceranno a toccare con mano, in tutti i loro drammatici effetti, i risultati delle sanzioni economiche e commerciali che, con grande superficialità e leggerezza, oggi vengono decise contro la Russia, ne riparleremo. Intanto, godetevi il ministro Di Maio, fiero di affermare che, da oggi in poi, faremo volentieri a meno del gas e del petrolio russi.
Palermo, 23 marzo 2022
Livio Ghersi