Il populismo mediatico, ma quello dell’informazione
Visco, il Governatore della Banca d’Italia, ha indicato ieri il suo catalogo per la ripresa. Nulla che già non sapessimo sui vizi dell’economia italiana, sui settori più deboli e sul rischio che il PIL crolli più di quanto ci si aspetti. Per “Repubblica” (titolo di prima pagina), si tratta tout court di un “Avviso a Conte”, una specie di minaccia: o fai così o vattene, il tono è all’incirca questo. Bullesco.
Ora al catalogo di Visco per la ripresa io aggiungerei anche l’informazione. Usurata dalla sua stessa logica sensazionalistica, che non prevede grigi ma solo trionfi o apocalissi, bene o male, nero o bianco. Nel caso della informazione italiana, in mano a editori impuri o alla Rai lottizzata, il dramma diventa tragedia, e si esprime nella diffusione di volantini o depliant piuttosto che di fogli di informazione davvero tali. E in trasmissioni circensi, da saltimbanchi, invece di dibattiti nei quali si rispettino davvero le persone, i fatti e le opinioni.
Io credo che il populismo, inteso come fine della mediazione (politica, culturale), fine della riflessione, schiacciamento dei fatti, delle idee, dei prodotti, degli eventi e dei pensieri sui ristretti interessi di lobby, ceto o potentato o sull’audience, abbia trafitto non solo il cuore politico del nostro Paese, ma anche l’informazione nel suo complesso. Chi più chi meno. Leggere la relazione di Visco come un “avviso a Conte” vuol dire questo, vuol dire usare l’informazione schematicamente e rozzamente come un randello, senza mezzi termini.
Se ci mettiamo la sottile vertigine di sovversione che aleggia tra le classi dirigenti, il tentativo di sobillare le ‘categorie’, la voglia di talune istituzioni di fare la guerra ad altre per meri interessi di bottega, allora il quadro è completo. I media sono lo specchio del Paese – e nel nostro caso riflettono anche il furore e gli appetiti di chi vuole mettere le mani sul malloppo europeo (per quanto si sputi indosso all’Europa). Vorrei dire: nazione “infetta”, informazione “corrotta”, per parafrasare, seppur ribaltata, una celebre titolazione dei tempi andati.