Il populismo delle élite
Avrete letto l’intervista a Bonomi oggi sulla Stampa. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Smetterà di sproloquiare solo quando gli consegneranno il gruzzolo, fino a quel momento faremmo bene a non ascoltarlo nemmeno. Non commento nulla, quindi. Faccio solo una osservazione minuta ma indicativa. A un certo punto Giannini gli chiede dei cosiddetti “furbetti della CIG”. Bonomi si inalbera e fa una tirata contro Tridico. Dice: è che è colpa mia se il governo non aveva messo un tetto di fatturato per la richiesta della cassa integrazione da parte delle imprese? È che è colpa di qualcuno se c’è un’occasione ghiotta che molti non si sono lasciati scappare? È tutto lecito, sembra dire Bonomi, anche l’immoralità quando non è sanzionata oppure non sono esattamente indicati limiti esatti da parte della legge. Imprenditori salvi dunque (parliamo di 234.000 imprese, il 27% delle aziende italiane, una cifra considerevole), perché la colpa è solo del governo.
Ripartiamo dai fatti. 234.000 imprese richiedono la cassa integrazione nonostante durante il lockdown non abbiano avuto cali apprezzabili di fatturato. In altri termini non ne avevano bisogno. Anzi, così facendo, hanno spinto in CIG i dipendenti procurando loro una riduzione dello stipendio del 27% in media. Non solo, quindi, hanno fatto richiesta di un’agevolazione di cui non avevano necessità (visto, appunto, il volume di fatturato), ma hanno indotto i loro dipendenti a percepire retribuzioni inferiori di un quarto circa del loro valore, in un momento molto complicato per tutti, non solo per le imprese. E c’è dell’altro. Se, nonostante la CIG, il volume di fatturato è rimasto costante, allora vuol dire che la produttività si è mantenuta elevata nonostante si fossero ridotti gli addetti. Delle due l’una: o quelli rimasti in azienda hanno lavorato il doppio a parità di stipendio, oppure i dipendenti erano ancora tutti in azienda nonostante la CIG.
Ecco il nodo, che Bonomi svicola inalberandosi contro il governo. Mentre lui punta il dito sulle manchevolezze del decreto, sulla sua mancanza di limiti, i fatti dicono che un terzo delle imprese hanno fatto una richiesta di CIG immotivata da ragioni economiche o di mercato, una richiesta che è obbiettivamente servita solo a caricare sul bilancio pubblico il loro costo del lavoro. Ovviamente a spese dei lavoratori, che si sono visti privare di una quota considerevole di paga. Ciò lascia trapelare l’ipotesi concreta che quegli stessi dipendenti abbiano magari continuato a lavorare in nero, proprio in ragione della costanza del fatturato aziendale. Dunque, di che stiamo parlando? Siamo noi ad avere un “pregiudizio ideologico verso le imprese”, o sono le imprese, una buona fetta di esse, a ingenerare un pregiudizio ideologico verso se stesse? È la P.A. a dover accrescere la propria produttività (come sostiene Bonomi anche nell’intervista) o sono le imprese che pagano i lavoratori con denaro pubblico e, magari, li fanno pure lavorare in nero? E ciò in un momento come questo, segnato da 35.000 morti, molta sofferenza, personale sanitario sulla linea del fronte, precari e cassintegrati che hanno patito la crisi e rischiato di brutto, e si sono salvati solo grazie ai sussidi del governo, che il Presidente di Confindustria (e Renzi, per dire) invece aborre: debito cattivo, vero?
Ha ragione Giannini (ed è tutto dire!) quando accenna nell’intervista alle élite malate di populismo. Bonomi usa uno stile antipolitico e anti élite, pur facendone parte. Si atteggia a “popolo”, ne adotta il linguaggio, pur licenziandolo. È classe dirigente, ma anche sovvertitore. Strepita contro lo stato assistenziale (il welfare) perché quelli come lui, alla fin fine, non rischiano mai, perché a quelli come lui il nostro capitalismo assistenziale (verso le imprese, però) non ha mai fatto mancare nulla. Anima Bonomi uno spirito corporativo, un senso arrogante della corporazione, che contrasta drammaticamente col bisogno di solidarietà che l’epoca esige. Siamo qui a leccarci le ferite, siamo a rischio di un soprassalto di contagi e di sofferenza, e c’è invece chi straparla di pregiudizio ideologico verso le imprese. Vedono due soldi europei e perdono subito il lume. Ma mi faccia il piacere, diceva Totò.