Fonte: il corrosivo
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di Marco Cedolin 3 maggio 2015
Voglio premettere, a scanso di ogni equivoco, come non ritenga il bruciare una sede dell’Unicredit, una decina di auto (probabilmente di cittadini) e una quantità imprecisata di cassonetti, risolutivo di qualche cosa, né tanto meno utile per contrastare la classe dirigente che sta facendo scempio di questo paese. Così come non lo è sicuramente spaccare le vetrine dei negozi, imbrattare i muri di scritte o insozzare il centro di una città. Si tratta senza dubbio di azioni in sé poco edificanti, fondalmentalmente prive di qualsiasi utilità…..
Non m’interessa in tutta onestà sapere se i cosidetti black bloc (nella cui esistenza non ho mai creduto) che hanno “devastato” il centro di Milano fossero ragazzi dei centri sociali o poliziotti sotto copertura. Nel mio passato (neppure tanto remoto) di contestatore sul campo ho avuto modo di vedere spesse volte capetti dei centri sociali considerati fra i più agguerriti, prendere ordini dalla questura o questurini considerati simbolo della legalità devastare nel buio della notte (senza neppure cambiarsi la divisa) le auto parcheggiate dei manifestanti. Questa purtroppo è l’Italia che ci troviamo a vivere, ed anche una delle principali ragioni per cui ho smesso di scendere in piazza o partecipare a manifestazioni, nelle quali chi scende in strada in buona fede viene semplicemente strumentalizzato, quando non finisce perfino per rischiare qualche anno di galera.
Quello che invece m’interessa e mi turba profondamente è il dover constatare una volta di più come Cossiga oltre ad avere ragione, conoscesse perfettamente gli italiani e gli italiani (anche coloro che amano considerarsi “rivoluzionari”) s’impegnino regolarmente per aderire anima e corpo alla teoria degli opposti estremismi ed a tutte le varianti in cui viene declinata la strategia della tensione.
Quanto accaduto il primo maggio mi pare la più chiara dimostrazione di come noi italiani (anche i più facinorosi su facebook) si finisca per non essere altro che marionette addomesticate, alle quali i media mainstream tirano le fila, suggerendo all’orecchio quando indignarsi e quando entusiasmarsi, senza mancare di suggerire la forma in cui devono essere manifestati questi sentimenti.
Venerdì, avendo avuto la pessima idea di accendere (caso più unico che raro) la TV ho seguito (con una buona dose di sano masochismo) l’intera diretta di TGcom, dedicata quasi esclusivamente alla manifestazione contro l’Expo. Anche un bimbo si sarebbe immediatamente reso conto di come tutto l’apparato mediatico fosse stato costruito con il chiaro intento di portare l’opinione pubblica nella direzione voluta. Il giornalista sul campo (un decerebrato ansimante, embedded fra le camionette dei carabinieri) aveva iniziato a pronosticare incidenti e scontri prima ancora che si verificassero e quando le auto bruciavano sembrava ormai convinto di trovarsi in una zona di guerra, dove i petardi si erano trasformati in bombe e le auto in fiamme sembravano carri armati colpiti dal nemico. La cronaca esagitata è poi continuata sulla stessa falsariga per almeno un’ora, dopo che gli scontri erano finiti, sempre vaticinando che gli scontri sarebbero ripresi ancora più cruenti di lì a poco. Giunta poi la rassegnazione e constatato che di scontri non ce ne sarebbero stati più, l’ordine di scuderia è diventato quello di fare interviste a chi passava attraverso il teatro di guerra, con domandine a metà fra l’imbecille e l’indisponente, fino a trovare (con un po’ troppa fortuna) il malcapitato di turno, nella persona del ragazzino ventenne alquanto stordito, ormai diventato lo zimbello della rete.
L’opinione pubblica doveva indignarsi come non mai, perché contestare l’Expo significava rovinare una bella festa, vandalizzando la città, bruciando le macchine dei poveri cristi e danneggiando i negozi che già rischiano di fallire per la crisi, che notoriamente è una meteora come la grandine che il Padreterno ci manda giù quando è di cattivo umore.
Fin qui tutto in regola, i media mainstream hanno fatto il loro lavoro, mi sono detto, la casalinga di Voghera ed il nonnetto di Canicattì saranno incazzati come delle bisce, ma noi che giornalmente ci sbattiamo per leggere fra le pieghe di quanto ci viene propinato dal circo mediatico abbiamo capito che ancora una volta ci stanno menando per il naso.
Aprendo facebook, con un certo stupore, ho dovuto prendere atto del fatto che a non avere capito nulla ero stato io. Larga parte dei miei contatti erano molto più incazzati della casalinga di Voghera e schiumavano rabbia da tutti i pori. Persone che un paio di anni fa si entusiasmavano dinanzi alle banche ed alle auto bruciate ad Atene invocavano la mancata repressione della polizia. Contatti che quasi quotidianamente inneggiano alla distruzione del parlamento (con tutta la classe politica al suo interno) reclamavano la presenza attiva delle istituzioni. Amici che combattono (almeno a parole) per la sovranità monetaria, contro l’usurocrazia delle banche e la dittatura della BCE, sembravano avere dimenticato ogni problema che prescindesse dalle vetrine rotte e dalle auto bruciate. Altri che da anni si struggono, insieme a me, per un paese devastato che assassina i suoi figli costringendoli al suicidio, reclamavano le bastonate della polizia, indignandosi per l’intervista del ragazzetto decerebrato o per il black bloc in carrozzella che sarebbe tornato a Roma con il frecciarossa.
Tutto un mare d’indignazione e di perbenismo, pilotato sapientemente dai TG e dai giornali che hanno imparato (purtroppo molto bene) come oltre al mainstream sia facile imporre il proprio pensiero anche ai social e all’informazione alternativa, creando mostri ed eroi a piacimento ed indirizzando i discorsi dove più aggrada loro. Della porcata Expo, con la speculazione edilizia, le operazioni mafiose, lo sfruttamento dei lavoratori e via discorrendo non si parlerà più. Almeno fino a quando non lo vorranno loro e ci ordineranno di farlo.