Il Pd senza chiarezza: e la sinistra muore in enclave sempre più ristrette

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Scuotere il PD e fare un congresso vero in quel partito. Senza chiarezza, distinzione, differenza, linee nette non c’è politica. E la sinistra muore in enclave sempre più ristrette.
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Do atto a Letta di aver messo il coltello nella ferita e di averlo rivoltato a dovere. Con la richiesta di un ricambio di genere tra i capigruppo di Camera e Senato il segretario del PD (credo volendo) ha messo un po’ in subbuglio il renzismo “annidiato” (direbbe Vittorio Gassmann) nel PD. Eterogenesi dei fini: sollevi il problema generale della presenza femminile ma apri una certa contesa interna a quel mondo, scatenando una lotta per la presidenza del gruppo. È una strategia personalistica quella di Letta, e in un partito dove la personalizzazione è un carattere dominante (a partire dalla primarie) parlare attraverso i “movimenti” umani e i “ricambi” sembra efficace, almeno a fare subbuglio. Prima i due vicesegretari, che hanno introdotto il fifty-fifty nella rappresentanza dei generi, poi la segreteria (anche qui 8+8), infine i capigruppo, con un’operazione di “sfrucugliamento” che ha messo a dura prova il renzismo “avanzato” all’interno del PD.
Nel frattempo, Letta rilascia un’intervista al Tirreno (che Repubblica-EIAR riprende semplicemente per ri-titolarla e rivoltarla nel senso) dove spiega la necessità di escludere “veti” in merito alle alleanze di centro-sinistra: se io parlo con 5stelle non voglio veti da Renzi, così avverte il segretario. Ma siccome Renzi HA GIA’ DETTO che lui a dialogare coi 5stelle non ci sta, la frase di Letta era di fatto un colpo e un ultimatum all’ex Sindaco di Firenze. Come una specie di avvertimento. Come se non bastasse, il segretario del PD incontra amichevolmente Conte e getta le basi per una sorta di appuntamento periodico con l’avvocato, per fare il punto e progredire nel dialogo e nel confronto politico. L’indicazione è chiara, ed è quella di non rompere con il Movimento, anzi di costruirci un’alleanza in vista di un nuovo centrosinistra. Prima di Conte, Letta aveva visto Speranza, e anche questo va inteso come un passo in più verso la ricostruzione dell’alleanza che sosteneva il precedente governo. È palese. Detto tra noi, queste mosse, sono già un passo avanti rispetto alla lunga attesa di Zingaretti. Non promuovo Letta, ne prendo solo atto.
Ora, io a Letta non ho mai chiesto che faccia dal nulla un partito socialista. Mi rendo conto che sarebbe chiedere troppo (anche se guida un partito che è nel gruppo socialista al Parlamento Europeo eh!), ma di portare il PD a un congresso vero, questo sì che l’ho chiesto e credo che l’impresa sia alla sua portata. Un congresso vero, che porti a una chiara distinzione e definizione tra chi vuole rifondare un grande partito della sinistra aperto e plurale, pronto ad allearsi con altre forze popolari, e chi gioca invece al centro, barcamenandosi tra Renzi, Calenda e compagnia cantante. Ancora rincorrendo vocazione maggioritaria e leaderismo, perseguendo parallelamente una linea politica centrista. Sarebbe un atto di chiarezza che non potrebbe che far bene alla sinistra, alla democrazia, al Paese. L’Italia non uscirà mai davvero dal Covid se insisterà nel centrismo, se ricorrerà ancora all’ausilio tecnico e all’unanimismo. Servirà invece un grande affondo politico, un balzo in avanti e, per farlo, la palude del centro non mi pare la piattaforma più adeguata. Anzi.
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