Fonte: Lucia Del Grosso
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Lucia Del Grosso, 12 novembre 2014
Era il febbraio 2014 e Renzi con i suoi soliti modi urbani e riflessivi definiva le direzioni del PD “sedute di autocoscienza”.
Forse non credeva nella psicanalisi e perciò non ci andava mai anche se lo invitavano sempre e quando ci andava non interveniva. Intendo alla riunione, perché in realtà quello che aveva da dire lo diceva fuori ai microfoni dei giornalisti. Che poi questo non aiuta il dibattito perché gli altri rimasti dentro non possono rispondere, ma evidentemente gli serviva come sfogo: a proposito di terapie.
Ora che però il terapeuta è lui convoca le sedute di autocoscienza alle nove di sera, forse per conciliare il sonno.
Con poche ore di anticipo, anche qui probabilmente con una ragione: indurre uno stress benefico per quelli fuori Roma colti da ansia per la partenza improvvisa, che tuttavia non è un grande trauma, dato che poi potranno rilassarsi alla riunione.
Infatti non ci sono né decisioni da prendere, né strategie da elaborare: si tratta solo di ratificare l’accordo già raggiunto tra Renzi e Berlusconi sulla soglia del 40% e l’introduzione delle preferenze dopo il capolista, che però è bloccato. Una roba da 5 minuti, poi si può proseguire con il racconto dei trascorsi infantili, la sindrome del lunedì, l’aracnofobia e tutto quello che non fa stare in pace con sé stessi e con il mondo.
Non ci si deve neanche preoccupare di scrivere il comunicato, che è già stato diramato a firma congiunta dopo l’incontro con Forza Italia.
Al termine della riunione sarà somministrata una tisana a base di camomilla o valeriana, a scelta. Per gli agitati della sinistra PD una compressa di Valium, nei casi più gravi si chiama l’infermiere.
E io mi dovrei rifare la tessera ad un partito che convoca le riunioni dopo che si è deciso già: il mio psicologo me l’ha sconsigliato.