di Umberto Minopoli – 13 novembre 2018
Il Pd a Roma e’ diretto da un giovane e nuovo gruppo dirigente. Ammirevole per la difficoltà e i sacrifici che deve affrontare. Il partito a Roma, purtroppo, non lo fanno questi ragazzi ammirevoli. Lo fanno i brontosauri, i dirigenti nazionali, gli eletti in Comune e in Regione, i sindacalisti della Cgil, i governanti della Regione Lazio, gli ex ministri e i cosidetti leader (Veltroni, Gentiloni, Zingaretti in primis).
Tutti questi, nel referendum per la liberalizzazione dei trasporti hanno brillato per la massima: “non vedo, non parlo, non sento”. E “non ci sono”. Moltissimi di loro simpatizzano per il no di sinistra alle liberalizzazioni di Fassina. Ma, in particolare, che fa Zingaretti? E’ disgustoso il suo silenzio, come Presidente della giunta regionale e candidato segretario del Pd, nella battaglia referendaria, per una riforma sacrosanta e per l’opposizione ai 5 Stelle che stanno distruggendo Roma.
Zingaretti e’ stato zitto e fermo. Perché? Non condivide le liberalizzazioni? Lo dovrebbero sapere gli iscritti del Pd visto che si candida segretario nazionale. E’ questo il Pd che ci propone? Avverso alle innovazioni e alla modernizzazione? Oppure sta zitto perché e’ un prigioniero politico? Della ingarbugliata e impresentabile marmellata politica del Lazio. Dove il centrodestra ha perso per una oscura manovra suicida ( dei notabili di estrema destra ). Dove Zingaretti governa con l’appeasement con i 5 Stelle. Dove Zingaretti e’ arrivato a governare dopo aver rotto nel Lazio la coalizione elettorale nazionale del Pd, espulso i centristi e imbarcato LeU. Ora paga il prezzo di questo indirizzo politico? A Roma, nella battaglia contro la giunta populista, il suo silenzio e la sua assenza politica sono assordanti. Se ne ricordino coloro che lo vogliono segretario del Pd.
