Autore originale del testo: Cesare Sacchetti
Fonte: l'antidiplomatico.it
Url fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=10157
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di Cesare Sacchetti 20 gennaio 2015
Il successore di Napolitano dovrà necessariamente essere un nuovo Presidente del vincolo estero
“Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”, Jean Claude Juncker, attuale presidente della Commissione europea in un’intervista allo Spiegel del 1997 per spiegare la democraticità con cui l’Unione Europea operava ed opera tutt’ora.
Lo stesso metodo sembra essere stato scelto dai partiti del Patto del Nazareno per eleggere al Quirinale il candidato ideale per tutti i protagonisti (Renzi, Berlusconi e Napolitano), che sarebbe un incubo per il resto della popolazione: Giuliano Amato, il dottor Sottile.
Le prossime elezioni presidenziali affideranno nelle mani del futuro inquilino del Quirinale, il volto nuovo e oppressivo della nuova repubblica presidenziale ereditata da Giorgio Napolitano. Il lascito di Re Giorgio è di quelli pesanti, e chi salirà al Colle sarà chiamato a garantire un delicato equilibrio, fatto di garanzie e impegni con la gerarchia sovranazionale, la vera macchina che fa e disfa gli stati nazionali da decenni ormai. Finito il gioco dei candidati inesistenti, come il ministro della Difesa Pinotti oppure della senatrice Finocchiaro del PD, a poco a poco cala la nebbia e si cominciano a intravedere i volti dei papabili al Quirinale. Perché Giuliano Amato? Amato gode della stima dei partiti di maggioranza e di buona parte di quelli d’opposizione, è considerato un giurista tra i più raffinati e competenti tra i vari addetti ai lavori, che gli riconoscono una competenza assoluta dei meandri del diritto pubblico.
Una padronanza della materia quella del professore, che spesso non è stata messa al servizio dei cittadini, ma alla mercé di quella ristretta cerchia di elite e oligarchie che oggi indirizzano il Paese, ne decidono destini e percorsi che assomigliano sempre di più ai regimi autoritari europei del secolo scorso, sotto certi aspetti peggiori di quello di un tempo, poiché meno visibili e riconoscibili dall’opinione pubblica, convinta nella sua larga parte di vivere ancora in una democrazia costituzionale. Ecco perché Amato ha tutte la carte in regola per continuare quel percorso di cessione di sovranità, che ha iniziato la sua prima fase nei primi anni’90 e ora si avvia verso la fase conclusiva.Eletto deputato del Partito Socialista Italiano nel 1983, dapprima ostile alla segreteria di Craxi, cambia parere e diventa uno dei consiglieri più fidati del segretario socialista. Nel 1990 scrive un’importantissima legge, sconosciuta a molti, la legge n.218 del 30 luglio 1990, nota anche come “Legge Amato”, che segnò l’inizio del cambiamento del sistema bancario italiano. La legge Amato, stabilì infatti che gli istituti di credito di diritto pubblico, all’epoca erano sei, fossero trasformati in società per azioni e conseguentemente lo Stato poteva dismetterli e venderli alle fondazioni private. Gli istituti di credito di diritto pubblico erano sei: il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, il Banco di Sardegna, il Monte dei Paschi di Siena, l’Istituto Bancario San Paolo di Torino e la Banca Nazionale del Lavoro.
Ognuno di questi possedeva, assieme alle tre banche di interesse nazionale ( Banca Commerciale Italia, Credito Italiano, Banco di Roma controllate dall’IRI ) una parte della banca centrale italiana, la banca d’Italia. Ecco che l’acume del professore, che per soddisfare le esigenze e i desiderata dell’Europa che già da diversi anni emanava direttive in tal senso, intuì la necessità di rendere possibile la dismissione dei sei istituti trasformandoli in società per azioni. Lo Stato perde da allora la capacità di controllo della sua banca centrale, per ritrovarsi azionista di minoranza.
Il Governo Amato, la tecnocrazia e la ratifica di Maastricht
La stella del professore brilla nel 1992, quando nel caos completo, con i suoi compagni di partito tratti agli arresti sull’onda di Mani Pulite, viene incaricato dal Presidente Scalfaro il 28 giugno 1992 di formare un governo tecnico, per affrontare l’emergenza e mettere in ordine i conti pubblici.
Nella storia repubblicana, il governo Amato è considerato da molti il primo rappresentante delle logiche tecnocratiche sovranazionali, quando la protezione dello stato sociale soccombe e lascia spazio agli interessi dei mercati. La mercatocrazia diviene la costituzione sostanziale, annullando quella formale e scritta. In quel momento, l’Italia era al centro di tremende speculazioni finanziarie, agganciata all’accordo di cambi fissi dello SME, e costretta a difendersi dagli attacchi valutari dei grandi speculatori finanziari.La soluzione più facile e praticabile era lasciare lo SME subito e sottrarsi alle speculazioni, ma non era ancora il momento, occorreva il pretesto dell’emergenzialità per mettere in atto provvedimenti che a distanza di 23 anni, sollevano ancora ricordi dolorosi nell’immaginario collettivo. La notte tra il 9 e il 10 luglio i conti correnti degli italiani vennero alleggeriti con un colpo di mano, quando fu realizzato il prelievo forzoso del 6 per mille, per raggiungere l’obbiettivo del pareggio di bilancio. La manovra fu approvata il giorno successivo con un decreto legge di emergenza. Il governo Amato poi aumentò l’età pensionabile, pose fine alla scala mobile grazie all’aiuto dei sindacati che da allora sono diventati portavoce di interessi estranei alle classi lavoratrici, introdusse il ticket sanitario e fu protagonista della ratifica del Trattato di Maastricht nel settembre di quell’anno. Si può definire come il governo che ha partorito la più dura austerità economica dall’inizio dell’esperienza repubblicana fino a quel momento.
Un pacchetto di misure introdotto per piegare gli interessi dello stato sociale a quelli del vincolo esterno. Il traghettatore di questo delicato passaggio fu proprio il dottor Sottile, al quale furono affidate le leve del comando per portare l’Italia in nuovo sistema di potere, sotto la scure della globalizzazione e della finanza speculativa internazionale. Uscendo dal Quirinale, Napolitano ha già fatto trapelare il suo apprezzamento per il professore, al quale non sono venuti meno attestati di stima da parte di Berlusconi, della nomenclatura del PD vicina a D’Alema e Bersani, che in lui vedono il degno erede di Napolitano, e che a questo punto si candida sempre più prepotentemente a sedere sullo scranno del Colle forti anche della reputazione di cui gode Amato nei consessi internazionali, Washington in primis. Il successore di Napolitano dovrà necessariamente essere qualcuno che incarna al meglio la visione globocrate e tecnocratica del vincolo estero, e al momento esclusi Draghi e Prodi non esistono interpreti migliori di tale progetto.
Draghi si è detto non disponibile, mentre l’ex premier non vuole saperne di tornare in pista dopo l’onta riservatagli con le 100 schede bianche, dopo che la direzione del PD aveva votato la sua candidatura all’unanimità. Non restano molte alternative, e non sarà difficile prevedere che il nuovo Capo dello Stato continuerà a servire interessi lontani da quelli del popolo. Chi deciderà l’elezione, non si è posto il problema se il Presidente sia o meno gradito agli italiani, i quali avrebbero tutti i motivi per non volere il primo tra i fautori dell’austerity, ma su questo punto provvederanno i media che dopo l’elezione non mancheranno di inondarci di biografie ricche di elogi e attestati di stima nei confronti di Amato. Se toccherà a lui, ricordiamoci chi e cosa rappresenta.
Quindi: “Prendiamo una decisione” – Amato – “la mettiamo sul tavolo per vedere quello che succede” – timidamente i giornali e uomini politici iniziano a far uscire il suo nome in vista del voto del 29 gennaio; “se non provoca proteste né rivolte…. andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”. Ecco la speranza è quella che una protesta popolare civile molto forte emerga contro il nome di Amato. E’ l’unico modo, come ci ha spiegato molto bene Juncker, per impedire che si compia una nuova tragedia nazionale.