Il partito ha mille occhi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 3 ottobre 2014

Dicono 100.000. Ma potrebbero essere anche solo 60.000 gli iscritti 2014 al PD (ne parla anche De Marchis su Repubblica). Un quinto rispetto all’era bersaniana. Un crollo verticale della militanza, una comunità a pezzi. Era prevedibile che accadesse, non solo per la crisi dei partiti in genere. Era prevedibile dopo l’avvento dell’uomo ‘solo’ al comando, dopo le primarie aperte (dove gli iscritti non contano niente), dopo le Leopolde che sostituiscono i Congressi, dopo l’idea che i critici (che sono poi le persone in carne e ossa che discutono anche faccia a faccia) siano tout court gufi e rosiconi, dopo l’affannosa e quotidiana ricerca di hashtag invece che di dialogo e di confronto, dopo la brama costante di ‘liquidità’. Era prevedibilissimo, anzi. Peraltro, io parlo in prima persona, perché ero un tesserato PD e non rifarò la tessera. Mi sono fermato all’Italia Giusta di Bersani. Ma penso che l’intero PD si sia fermato lì. Che senso avrebbe, d’altronde, rinnovare la tessera oggi? Qualcuno me lo sa dire?

Ho fatto due conti. Ammettendo che si facciano 100.000 tessere, al ‘prezzo’ (come si dice oggi, sic!) di 15 euro l’una, l’incasso sarebbe di un milione e mezzo. Quisquilie, se pensiamo che il finanziamento pubblico al PD quest’anno passerà dai 60 milioni del 2011 ai poco più di 12 del 2014. Un crollo di risorse pazzesco, fantozziano. La prova provata che la fine del finanziamento pubblico e la fine del tesseramento ci consegnano un partito ridotto a ‘marchio’ (ecco la modernità, finalmente!), una scatola che non contiene quasi più nulla, se non il Capo e attorno i suoi accoliti. Avoja a fare cene raccogli fondi con Renzi superstar, secondo il modello americano. Giusto quello resta, flussi di denaro che vanno direttamente al front man, sparito il quale arrivederci Roma.

Capisco pure la pressione di Orfini e di Fassino su Sposetti, affinché molli l’osso e consegni il patrimonio immobiliare ex DS ai lupi famelici, che oggi vedono scarseggiare le risorse pubbliche e quelle provenienti dal tesseramento. Non si tiene in vita un partito dilapidando patrimoni accumulati nel tempo, come credo vorrebbero fare. Il partito è una cosa seria, è una cosa collettiva, è una cosa storica, è una comunità concreta (non una community astratta di tastieristi alla Rick Wakeman). Abbisogna di risorse, produce con quelle risorse organizzazione e cultura. E soprattutto, è presente nei quartieri e offre uno ‘sportello’ di partecipazione continua (non solo elettorale, non solo per questo o quel candidato) ai cittadini in carne e ossa. E non è vero che quello di Renzi corrisponde a un nuovo modello di rappresentanza, non è vero che sia modernità. Macché. Non scherziamo. Semplicemente non è un modello di rappresentanza, ed è ‘modernità’ nel senso della destra: togliere di mezzo la sinistra democratica e riformista per avere libertà di manovra, magari libertà di licenziamento. È solo ‘presentanza’ (se mi consentite di filosofare un po’), ossia semplice-presenza di qualcuno invece che rappresentazione di Altro. E per altro intenda cultura, humus, persone, idee, dialoghi, speranze, preoccupazioni, soluzioni. L’uno-presente pensa solo alle proprie ambizioni. Come potrebbe fare ‘altro’, appunto?

Ma se le cose stanno così, mi sono chiesto: quale ‘scissione’? La ‘scissione’ da questa scatola vuota, da Renzi e dalla sua band, sarebbe come scindersi da un ‘marchio’. Roba di marketing, più che di politica. Perché questo è destinato a essere sempre di più il PD, un ‘brand’, un logo da sfoderare in campagna elettorale (e nemmeno tanto: alla ‘Fonderia delle Idee’ – ma chi glieli scrive i nomi? – il simbolo PD era clandestino, così alle varie Leopolde). Avrebbe senso scindersi da un marchio? In particolare se volesse dire: facciamo un altro marchio. Non so, lo chiedo a voi. In verità siamo già belli che scissi: 4/5 di iscritti non hanno rinnovato la tessera, si sono fermati all’Italia Giusta, all’ultimo Segretario del PD, a Pierluigi Bersani. Hanno detto: tenetevi le primarie aperte, con i 15 euro della tessera mi compro un libro, e fatevi la vostra bella raccolta fondi con gli imprenditori. I vecchi iscritti non sono andati oltre, hanno detto basta così. La scissione, l’abbandono, l’addio, forse l’implosione già ci sono stati, sono sotto gli occhi di tutti. Non dite allora che Renzi fa solo annunci, no. Il PD come comunità di persone vere è morto, lo aveva detto e lo ha fatto. E con lui lo avevano sperato i ‘primaristi aperti’. È stata una strage politica. Roba da matti.

Termino con alcuni versi di Bertold Brecht. Quasi un atto dovuto. Una memo, qualcosa per ricordare che i partiti non sono ‘service’ di qualcuno, ma pezzi di democrazia, tolti i quali resta solo il peggior marketing possibile.

“Chi è uno ha due occhi il Partito ha mille occhi. Il Partito vede sette stati, chi è uno vede una città. Chi è uno ha la sua ora ma il Partito ha molte ore. Chi è uno può essere distrutto ma il Partito non può essere distrutto”.

Ecco.

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