Il partito a una dimensione

per Gabriella

di Alfredo Morganti su facebook

Si dice che vi siano stati degli ‘ambasciatori’ che abbiano preparato il traghettamento di alcuni deputati SEL verso il PD. Ma certo, non poteva bastare un ponte per favorire il passaggio, serviva altro, servivano mediatori. E forse le politiche del governo hanno davvero attratto i transfughi, come dice uno degli ambasciatori in questione. Oppure c’è dell’altro, di più profondo. Magari la comune (di Renzi, di SEL) esperienza e collaborazione con Proforma, cioè l’essere stati comunemente sottoposti a schemi, griglie, paradigmi, profili, brief, tracciati comunicativi che hanno inciso, con una certa probabilità, sul carattere delle scelte e delle convinzioni politiche dei singoli soggetti. Forme che hanno plasmato i contenuti, insomma.

È l’ennesimo indizio di come la comunicazione-politica abbia ormai surrogato le culture politiche. Di come se ne stia cibando. E stia uniformando le soggettività, cancellando pian piano le stesse soggettività, unidimensionando la politica al più basso (o più alto) livello delle performance comunicative. La capacità reattiva della politica a questo andazzo, peraltro, è sempre più bassa. Il potere è nelle mani dell’agenzia che detiene il controllo della comunicazione-politica, di un manipolo di consulenti ben pagati, di dirigenti che pendono dalle labbra di chi scrive tweet, prepara slides o fa le faccine in Tv. Questo è il partito leggero, non altro. Anzi il partito digitale: un complesso di formule e azioni comunicative che soppianta il cuore umano, troppo umano dei vecchi militanti, che trasforma la paleontologica diffusione dell’Unità (300 copie distribuite casa per casa nel mio quartiere, un contatto umano che si ripeteva ogni domenica mattina) in meri riposizionamenti sulla rete oppure in link ‘virali’. Tutto molto efficace certo (così si dice), ma se assumessimo a parametro la sola efficacia delle nostre azioni staremmo freschi. Ogni mezzo diverrebbe lecito. Ogni mezzo sarebbe giustificato. Già è un po’ così.

Il contatto caldo coi cittadini lettori-elettori è sacrificato a vantaggio dell’idea che un ‘core’ tecnologico centrale possa irradiarsi e tenere a bada la macchina del consenso, che pochi esperti possano giocare lo stesso ruolo di migliaia di militanti. Non è così, e non solo perché i cittadini veri non li vedi più. Scompaiono, diventano lontani e opachi. Ma perché in questo modo la politica cede il passo alla tecnica (comunicazione) e alla tecnologia digitale, e ne dipende sempre più, perdendo il bene più prezioso della politica stessa, il vero ‘core’, ossia la sua AUTONOMIA. Questa è la premessa per considerare, come fa Renzi, ‘Unità’ un semplice brand. Ed è pure una delle premesse (rafforzata dagli schemi comuni di Proforma) dei movimenti di uomini (gente fulminata sulla via di Pontessieve) interni ed esterni alle organizzazioni politiche. Un fenomeno entropico, di diffusione orizzontale, dovuto all’impero imperante della comunicazione e delle TECNICHE della comunicazione. Una specie di caos, ingenerato dalla crisi delle culture politiche (esse sì fanno la differenza E PROPRIO PER QUESTO consentono il confronto politico aperto, non le osmosi dettate dal mero ‘interesse’ di gruppo).

Le agenzie di comunicazione, gli esperti, i professionisti ben pagati, i ‘core’ tecnici presenti nelle organizzazioni fanno oggi la differenza, anzi fanno l’OMOLOGAZIONE. La mobilitazione totale è un mero caos, comprensibile solo con la subalternità della politica alla comunicazione. O meglio, con la capacità della politica di decidersi in stanze senza riflettori puntati, mentre in scena vanno balletti e battute. Una sola stagione del PD è stata caratterizzata dalla volontà di reagire a questo clima, quella bersaniana. Sappiamo tutti com’è finita. Dopo aver infranto quella diga,dopo essersi liberati di lui, è partita la sarabanda di patti segreti e di trattative in streaming (ma-anche no) come una specie di diluvio che ha sommerso un po’ tutti. Ho speranza che un giorno possa aprirsi una fase nuova, perché non c’è nulla di irreversibile (forse solo l’entropia). Dove la tecnica torni a essere un’arma potente e controllata, e non una filosofia (oppure un’ideologia). Ma è solo una speranza smentita per ora dall’opinione di una quantità pazzesca di filosofi e dalla torma di comunicatori-guru (o presunti tali) che ci circonda e che tende persino ad aumentare.

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