Il nulla non guarda in faccia nessuno
Dopo 5 giorni di isolamento in un resort alla Maddalena, in attesa che si effettuassero a spese pubbliche i tamponi per verificare gli eventuali casi di Covid, i turisti pare che stessero “perdendo la testa” (HuffPost). Eppure si trovavano in una specie di paradiso! Non era mica l’isola di Alcatraz quella in cui erano costretti a stare, non si trovavano in un penitenziario, il godimento era comunque garantito, se quello davvero cercavano.
Qual era allora il punto? E soprattutto: perché si trovavano li? Io credo semplicemente per status. Magari si annoiavano pure, e forse non era nemmeno una scelta la loro, ma la necessità di essere lì, di mostrarsi, di affermare una identità distintiva tra simili. Ho come l’impressione che il timore più grande sia proprio quello di non essere nessuno. E allora per sfuggire alla tenaglia del nulla, per apparire nonostante tutto gaudenti è necessario lo sballo, la perdita di consapevolezza, l’ammasso oppure, al contrario, la distinzione, quella dei ricchi del resort, che dopo cinque giorni in più di permanenza non vedevano l’ora di andarsene, si annoiavamo, oppure temevano il contagio che li avrebbe resi simili agli altri, a partire dal personale, dai lavoratori che servivano al bar oppure facevano animazione.
Cosa lascia trasparire questa ricerca di status oppure la necessità dello sballo? Cosa lascia trasparire la ricerca forzata di una identità, oppure, all’opposto, l’annientamento della personalità e della stessa identità nell’ammasso di una discoteca? Che viviamo in un’epoca nichilistica, dove la ricerca di status, la rincorsa all’identità (o la fuga da essa) è una delle risposte possibili all’abisso di nulla che ci minaccia. Magari sapessimo davvero godere, magari fosse quello l’intento! In realtà si scappa solamente dall’abisso di niente che avanza, e lo si fa vittime della noia, o peggio di un’angoscia assoluta. Anche i ricchi piangono, insomma, anche se non lo direste.