IL MONDO CHE AVRETE

per tonigaeta

Dopo aver udito e visto on-line lo scambio di Francesco Remotti con il giovane antropologo Andrea Staid ho acquistato on-line “Il mondo che avrete” di Marco Aime, Adriano Favole e Francesco Remotti stesso (UTET), nonché “Culture Dimenticate” di Harald Haarmann (Bollati Boringhieri), che ora ho iniziato a leggere.

Voglio subito scrivere che gli argomenti uditi e trattati destano mio grande interesse, giacché la mia ricerca nel passato dell’umanità ha intrinsecamente escluso quella sul nostro presente, con conseguente danno per le meditazioni e speculazioni sul futuro antropologico.

L’affermazione a mio giudizio più intricante da me recepita é quella ispirata alla riflessione sulla cosiddetta <Green Economy>. Riflessione cioè sulla capacità di fagocitazione tecnologica persino dell’aspirazione al cambiamento degli ecosistemi terrestri. Capacità fagocitante che potrà vanificare anche l’istinto politico-istituzionale caratterizzato dall’uso iniziale delle fonti energetiche rinnovabili (sole, acqua, vento, mari, geotermia, etc.), in alternativa di quelle dominanti, attualmente ancora derivanti dalle estrazioni soprattutto fossili (petrolio, gas, carbone, sabbie e minerali vari).

Tra tutte le argomentazioni oggetto di scambio e valutazione l’aspetto che ha suscitato maggiormente il mio interesse é quello che definisco: “pratica recupero danno ecosistemi”, finalizzata al ripristino degli equilibri ecologici. L’ispirazione mi é fornita da inosservate intimazioni amministrative e regolamentazioni legislative, cui assisto in materia di cave e miniere (nel caso specifico sabbia silicea e roccia calcarea). Circa l’estrazione della sabbia di formazione marina, essa é definita <terzo geo-elemento quantitativo>, (dopo aria, acqua e grandi foreste). Questo perché assolve assieme con ferro, cemento e bitume) alla funzione di elemento costitutivo delle nuove grandi nicchie di umana devastazione naturale: ovvero la realizzazione di sempre più vaste megalopoli e annesse costruzioni stradali, autostradali, ferroviarie e aereoportuali.

Ciò che molti forse ignorano é l’abuso forsennato della ricerca di sabbia (soprattutto silicea). Una volta esauriti i giacimenti collinari e marittimi, l’industria estrattiva si rivolge sempre più agli oceani, contribuendo alla devastazione/distruzione degli ecosistemi, che fondano la loro esistenza preistorica su flora e fauna dei fondali. Tutto ciò in funzione di innesto delle catene alimentari, di cui noi umani in ultima istanza beneficiamo.

Se la demolizione di interi ecosistemi collinari influisce in modo devastante sul cambiamento in peggio del paesaggio cui siamo abituati e/o affezionati, le attività di trucida intrusione sui fondali marini e oceanici toccano le fondamenta della biosfera terrestre, con eliminazione di intere catene alimentari, che non si fermano alla fauna marittima. Come molti sanno, la vita sulle terre emerse deriva da quella nata nei mari ed oceani. Tutte le specie viventi sono coinvolte e con esse la nostra sopravvivenza. Nel prossimo articolo scriverò in particolare sul concetto di “pratica recupero danno ecosistemi” e delle proposte di gestione alternativa del nostro futuro, fondate sulla pratica del contestuale recupero di ciò che si distrugge.

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