Il metodo Renzi

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 10 novembre 2015

A Renzi non piacciono granché le critiche, l’opposizione, forse persino le elezioni. Il risultato delle prossime amministrative ha già detto che non lo riguarda. I recenti giudizi negativi di destra e sinistra, per lui sono solo ‘spallate’ al suo governo. Quello che ama davvero sono le ordalie, i giudizi del popolo, i plebisciti, le acclamazioni: sangue e arena insomma. Lì sente di dare il meglio, e soprattutto lì non ci sono partiti, destre, sinistre, parlamenti con cui confrontarsi, a cui chiedere fiducia in Parlamento o voti utili nelle urne. C’è solo lui e c’è solo il popolo, senza intermediazioni di sorta. Una specie di filo diretto tra le masse e il loro mentore. Ecco perché “il vero spartiacque sarà il referendum sulla riforma costituzionale” scrive il Sole 24 Ore oggi. Specifica Renzi: “È lì che nel caso mi romperò le ossa del collo, non prima”. Bene, da questa filosofia cosa vi aspettate? Che nel Paese si coltivi l’amore per la dialettica, il dialogo, la discussione costruttiva? L’amore per la cultura? Manco per sogno. Semmai si discute ma nello sgabuzzino, lontano da occhi indiscreti. Semmai si fanno direzioni del PD del tipo ‘prendere o lasciare’, o così o pomì, “non siamo qui per vendere ma per regalare”. Così in Parlamento, dove si dà la fiducia come se piovesse a tutto e al suo contrario. L’ultima: ho pronto il piano per il Sud, ma ve lo faccio appena occhieggiare, dopo di che chiedo la fiducia. Questo afferma oggi il premier sul Messaggero.

Per sostenere Renzi bisogna accettare questo metodo sino in fondo. Tramutarlo in una sorta di filosofia personale. Considerarlo il proprio ethos, secondo queste due massime: le elezioni mi rimbalzano; i plebisciti mi procurano orgasmo. Con questi due corollari: se tu sollevi una critica stai tentando la spallata; io ci metto la faccia ma non mi muovo di qui (si intende il trono) nemmeno se vi mettete a piangere. Poche regole di condotta, semplici, comprensibili anche ai più riottosi. Certo, fatti i conti, resta ben poco in campo. C’è Lui; c’è un popolo pronto ad acclamare e in minima parte a dare spallate; non c’è Parlamento (si va a fiducia); non ci sono partiti (basta una stanza della fotocopiatrice dove accordarsi anche con il diavolo e l’insegna fuori alla porta, più che altro per aiutare il postino); non c’è cultura politica (basta un manuale all’americana tipo ‘leader di me stesso’); non c’è PD (vedi articolo di Concita su Repubblica: due ore di apertura settimanale, telefonare per emergenze, tanto non risponde nessuno). In questo bel mondo di cartapesta (tipo la Pratica di Mare alla Berlusconi, do you remember)? non c’è posto per la politica buona, partecipata, libera, organizzata, rappresentativa. Nemmeno c’è posto per i militanti (che oggi si chiamano volontari, come nelle azioni suicide). Un deserto di ambizioni personali e basta, fameliche, agguerrite, da cui sarebbe il caso di escludere al più presto i destini di chi queste cose dimostra di non amarle e non apprezzarle. Perché ogni limite ha la sua pazienza, diceva Totò.

gener

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