Il male oscuro del Pd di Roma

per Gabriella
Autore originale del testo: Michele Prospero
Fonte: facebook

di Michele Prospero 06 dicembre 2014

Le cronache romane di questi giorni interrogano nel profondo la politica. Ogni fenomenologia della corruzione ha una sua storia specifica. E questa brutta faccenda, che svela l’operato di cricche affaristiche dai metodi criminali, rimanda a peculiari processi che hanno disegnato il modello di sviluppo della capitale e orientato la formazione dei ceti politici.

Sullo sfondo, non può che esserci la grande trasformazione che da Roma città aperta conduce a Roma città infinita. Mentre il degrado urbano si fa inarrestabile, e attira sempre più la capitale verso i desolati paesaggi metropolitani tipici del sud d’Italia, le varianti ai piani regolatori, la progettazione di grandi opere, la proliferazione di micro città, che ovunque inghiottono lo spazio verde, emanano il forte profumo dei soldi.

L’odore inconfondibile del denaro mette in azione grandi poteri vecchi e nuovi, con la loro incurabile e spietata febbre dell’oro. Della sinistra di un tempo, che ha combattuto la rendita e ha lottato per la civilizzazione delle borgate, resta ben poco. Il mattone ovunque e l’immaginario stuzzicato con politiche simboliche, concerti nelle aree centrali: questo è il senso del modello Roma. Che pare travolto dall’invivibilità delle periferie, che annunciano fuoco, e dalla trama affaristica, che emerge dalle inchieste della magistratura.

Traballa il sistema di potere capitolino (grandi costruttori, giornali di famiglia, salotti buoni, principi neri, cosche e ceto politico omologato). Quello che resta dei partiti, vede una area di militanza genuina che continua a frequentare i circoli, con un antico spirito di lotta. Anche i vertici nazionali sono coperti da politici spinti da una passione. Ciò che impressiona è invece l’ampio strato intermedio. E non solo a Roma. I quadri locali svolgono tutta la loro carriera tra le istituzioni. Il vecchio apparato non c’entra nulla. La politica istituzionalizzata è una trafila competitiva, senza esclusioni di colpi.

Non esiste un partito comunità che riconosce il merito e seleziona collettivamente i dirigenti che più si sono distinti in una battaglia. Il partito opera come un semplice marchio, e la “contendibilità” della carica elettiva scatena ogni rivalità. Il ruolo di partito è scarsamente appetibile, serve solo in quanto funzionale al posto in lista. E tutti aspettano il momento del gran salto alla regione o al parlamento. Quando un deputato guadagna come un medio imprenditore (quanto 15 operai, 5 professori universitari) è scontato che la carica elettiva in quanto tale stuzzichi i sogni di grandezza. E diventi per molti peones l’unica ragione del fare politica (cioè controllare pacchetti di tessere, racimolare preferenze).

Alcuni dei personaggi coinvolti negli scandali provengono da Forza Italia e poi sono stati pescati dal Pd, in operazioni trasformistiche che rivelano lo spirito del tempo. Ma anche quelli che vengono dalla sinistra non hanno una minore spregiudicatezza. La questione cruciale riguarda la formazione delle classi dirigenti in partiti che non hanno un organico rapporto con i ceti popolari, che non producono cultura politica, che non hanno sedi reali di discussione e valutazione delle carriere. Qualche soldo in meno e qualche libro in più non guasterebbe nel percorso del ceto politico. E’ forse un caso che negli anni ’70, quando il Pci eleggeva al consiglio comunale Lucio Lombardo Radice o Giulio Carlo Argan, non ci fossero emolumenti e che ora che circola più moneta il Pd invii in Campidoglio Mirko Coratti o Di Stefano?

Articolo apparso sul settimanale della Cgil “Rassegna sindacale”

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1 commento

Araldo 8 Dicembre 2014 - 22:10

Credo che quello che stia avvenendo nel PD (per gli altri partiti non ho molto interesse: solo quello per la democrazia) sia proprio perché manchi una cultura Politica fatta di IDEALI e non intesa come fonte di guadagno. Questo si è aggravato ancor più con le primarie, dove tutti possono partecipare. Una volta nei Congressi la partecipazione al voto era possibile solo (non vorrei sbagliarmi) dopo due anni d’iscrizione. Un metodo per combattere i signori delle tessere e nel frattempo non fare votare cani e porci come avviene ora. Non credo che sia solo questione di compenso (se il Parlamentare guadagna poco, potrebbe essere soggetto a essere corrotto) ma che nei partiti di oggi “liquidi”, non vi è più il senso di appartenere a una comunità come scrive Prospero. Si deve almeno in questo tornare al passato quando l’accettazione di un Iscritto doveva avere il benestare degli altri iscritti tenendo appesa l’iscrizione in sezione per un controllo preventivo. Se non si ritorna al PARTITO COMUNITA’, nulla cambierà. Con Renzi poi tutto è diventato LIQUAME fognario e questi fatti saranno una costante: basta vedere come ci si presenta pagando delle CENE.

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