di Riccardo Aprea, 28 maggio 2018
Art. 92 della Costituzione Italiana:
“Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”
Art. 90 della Costituzione Italiana:
“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nel l’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”
Art. 95, I° comma della Costituzione:
“Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri”
I fatti di questi ultimi giorni e, segnatamente, quanto accaduto ieri 27 maggio, cioè, sostanzialmente, il rifiuto da parte del Presidente della Repubblica di nominare ministro dell’Economia il Prof. Paolo Savona che, appunto, gli era stato proposto, per quell’incarico, dal Presidente del Consiglio dei ministri, e la conseguente rinuncia di quest’ultimo all’incarico di formare il governo, vanno valutati, sotto il profilo strettamente costituzionale, alla luce delle norme contenute nei tre articoli indicati.
Pur avendo una formazione giuridica, non sono però, un costituzionalista e, tuttavia, penso di poter tranquillamente affermare che il sindacato sulle persone proposte per la nomina a ministro non è illimitato e va contenuto entro alcuni fondamentali limiti.
Senza dubbio rientra nella valutazione del Presidente della Repubblica, ai fini della nomina a ministro di chi gli viene proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, l’idoneità ad adempiere la funzione con disciplina e onore. Se, infatti, tali caratteristiche sono richieste dalla Costituzione per “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche” (art. 54 Cost.) a maggior ragione esse sono richieste per chi è chiamato a quella altissima funzione pubblica che è rappresentata dall’esercizio di quella di ministro.
Ben potrebbe ricadere la censura, e il conseguente diniego, su una persona pluricondannata, mafiosa, dichiaratamente fascista, nota per il suo credo antidemocratico e totalitario, oppure, senza ricadere in questi casi estremi, diciamo di scuola, su una persona in pieno conflitto di interessi con il tipo di dicastero per il quale viene proposto, sì che il controllo del Presidente della Repubblica può anche concretizzarsi invece che con il rifiuto della nomina, con la proposta, nella inevitabile interlocuzione fra i due Presidenti, di affidargli un dicastero diverso, se comunque ad esso ritenuto adeguato.
Ma, mi chiedo, al di là di una attività di moral suasion, come tale, quindi, limitata e probabilmente destinata all’insuccesso, come può impedire la nomina di un ministro perché ha idee diverse sull’euro e sull’Europa, ma coerenti con quelle delle forze che hanno avuto il maggior voto da parte dei cittadini e che sostengono il governo?
Una censura di tale tipo si porrebbe in netto contrasto con lo spirito e la lettera della norma contenuta nel 1° comma dell’art. 95 della Costituzione che, infatti, come abbiamo visto, così recita:
“Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri”
Se, pertanto, la responsabilità della politica generale del Governo spetta al Presidente del Consiglio, va censurato il comportamento che ha avuto il Presidente Mattarella che, nel rifiutare la nomina a ministro dell’Economia del Prof. Paolo Savona, ha motivato tale scelta con il suo dovere di tutelare il risparmio degli italiani.
Ma questo non è il dovere del Presidente della Repubblica, bensì quello, tutto politico appunto, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Governo nel suo insieme che tuteleranno tale bene (il risparmio degli italiani), come qualsiasi altro bene, diritto e quant’altro, attraverso la realizzazione della loro politica così come approvata, in forza della fiducia ricevuta dalle Camere e, cioè, dalle forze politiche democraticamente elette che lo sostengono e che hanno ricevuto il consenso su un certo tipo di programma, invece che su un altro.
Personalmente mi sto convincendo della bontà di una scelta politica, fondamentale, quale quella dell’uscita dell’Italia dall’alleanza NATO. Chiedo: potrebbe il Presidente della Repubblica di fronte ad un governo formato da forze politico-parlamentari democraticamente elette impedire la nomina a ministro degli Esteri di una persona che abbia dichiarato in passato, in piena sintonia con il programma delle forze politiche che sostengono il governo, l’importanza della fuoriuscita dell’Italia dalla Nato? Evidentemente, no. Che, infatti, se ciò avvenisse, rappresenterebbe un vero attentato al diritto politico fondamentale del corpo elettorale di esprimere, attraverso il voto, l’orientamento politico del proprio Paese.
Invero, a mio parere, il Presidente Mattarella, con la scelta di rifiutare la nomina al MEF del Prof. Savona, sta oggettivamente coartando la linea politica che Lega e 5 Stelle, attraverso il governo da loro proposto, intendono realizzare ritenendola, evidentemente, migliore di quelle poste in essere dai precedenti governi per il famoso bene del Paese.
Tale politica non può essere contrastata dal Presidente della Repubblica, ma solo con la battaglia, appunto politica, con il contrasto nel paese e nel Parlamento, con una opposizione, in buona sostanza, che costruisca le premessa per una riscossa e per un radicale cambiamento di linea di governo del Paese.
(In proposito particolarmente puntuale e impeccabile è l’editoriale su IL MANIFESTO del 27/5/2018 del costituzionalista Massimo Villone – vedi il link https://ilmanifesto.it/un-errore-sbarrare-palazzo-chigi-a-paolo-savona/)
Questo è il confronto democratico. Non c’è scampo! La democrazia non ci consente metodi e scelte diverse!
Non vorrei usare parole grosse anche perché, come ho detto, non sono un costituzionalista, però ritengo che non sussistano i presupposti per la messa in stato di accusa del Presidente per alto tradimento. Tale tesi si sostanzierebbe sulla circostanza che Mattarella avrebbe “obbedito” a direttive espresse da Paesi stranieri (Germania, Francia) venendo portata a prova di tale gravissima contestazione stampa qualificata di tali Paesi che ha minacciato rischi notevoli per l’Italia e per l’Europa nel caso di nomina a ministro dell’Economia del Prof. Savona.
Non la vedo così, non c’è alcuna prova di una sottomissione del Presidente Mattarella al diktat di altri Stati (di qui il tradimento), piuttosto, invece, si potrebbe configurare, lo dico con le pinze, una messa in stato di accusa per attentato alla costituzione, nella misura in cui, appunto, la scelta compiuta possa configurare una coartazione della volontà politica espressa dal corpo elettorale, oltre che del diritto costituzionalmente riservato al Presidente del Consiglio dei Ministri di direzione della politica generale del Governo.