Fonte: huffingtonpost
Intervista Huffpost a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia sul caso Aquarius
di Umberto De Giovannangeli – 10 giugno 2018
“Non voglio rubarvi il lavoro, ma il titolo di giornata potrebbe essere: ‘Restiamo inumani'”. Così all’HuffPost consiglia Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Il ministro degli Interni Matteo Salvini ha appena annunciato che il Viminale non autorizzerà l’attracco in un porto italiano della nave “Acquarius”, con a bordo 629 migranti…
“Intanto va detto che questa gravissima decisione riguarda due ministri, in quanto i porti sono dipendenti dal ministero delle Infrastrutture e dal suo titolare (Toninelli, pentastellato, ndr). Il titolo della giornata potrebbe essere: ‘Restiamo inumani’. Si tratta di una decisione priva di pietà per le sorti di oltre 600 persone, donne, bambini, minori non accompagnati inclusi. E sulla loro sorte di avvia un contenzioso con Malta, incuranti delle conseguenze per queste persone. Il tema dell’atteggiamento di Malta nel complesso delle questioni riguardanti l’immigrazione esiste ed è bene ricordarlo e fatto pesare, ma farlo con oltre 600 persone su una nave è del tutto sbagliato”.
Ad affondare è anche il Diritto del mare…
“Il Diritto del mare passa del tutto in secondo piano, considerato il fatto che Malta rifiuta da anni di mettere a disposizione i propri porti, e questo è un dato di fatto. L’atteggiamento delle autorità di La Valletta è esecrabile, e su questo non possono esserci dubbi o incertezze nel denunciarlo. Ora, però, se per contestare l’atteggiamento maltese si deve giocare con la salute e chissà sulla vita stessa di 600 persone, beh, non può essere questa la soluzione”.
Siamo al colpo finale per le Ong che operano nel Mediterraneo?
“Ieri sera, sabato, durante la conferenza stampa dal Canada, ho ascoltato il presidente del Consiglio, professor Conte, dire che il problema non sono le Ong. Quindi mi pare che all’interno del governo vi siano posizioni non proprio identiche. Ci vorrebbe saggezza, pazienza e un impegno serio a risolvere le ragioni di fondo di un fenomeno complesso come quello dell’immigrazione. Se siamo arrivati a questo punto, lo dobbiamo anche alle politiche europee, e dunque anche italiane, di fare le cose nel modo completamente inverso. Noi, come Italia, abbiamo prima buttato amare quella meravigliosa operazione chiamata ‘Mare nostrum’, poi abbiamo ridotto la capacità di ricerca e soccorso in mare, poi ancora abbiamo delegittimato e ostacolato le Ong. Infine oggi chiudiamo loro i porti. Una politica sciagurata, che non ha mai realizzato azioni alternative, come quella di garantire percorsi legali e sicuri ai richiedenti asilo, e quote significative di reinsediamento in Paesi terzi. Non si è investito nello stato di diritto in Libia, e questo è lo scenario, desolante, che precede la situazione odierna”.
Amnesty International, come altre associazioni e Ong impegnate nella difesa dei diritti umani, non ha mai smesso di denunciare situazioni limite, e anche oltre, in cui i diritti della persona sono stati sistematicamente calpestati, come nei lager libici, per restare al Mediterraneo. Alla luce di questi ultimi fatti, cosa si sente di chiedere alla società civile?
“Io temo che la società civile oggi sia abbastanza annichilita dagli attacchi continui contro le Ong, delegittimate, attaccate nella loro reputazione e perfino criminalizzate. Siamo usciti da una campagna elettorale in cui la ‘minaccia’ dalla quale difendersi non era soltanto il migrante ma anche l’italiano solidale. E’ necessario, però, reagire, chiamando a una maggiore attenzione anche il mondo dell’informazione, giacché in questi giorni abbiamo anche assistito a giornalisti cui è stato chiesto di consegnare documentazioni e immagini raccolte a bordo di una nave, di una Ong tedesca, che aveva tratto in salvo centinaia di migranti nel Mediterraneo. Di cosa si aveva timore? Cosa bisognava nascondere? Tranne rare eccezioni, su questa vicenda è calato un silenzio pesante da parte dei mezzi di comunicazione. E questo è preoccupante, perché se si spengono i riflettori sulle tragedie che si continuano a consumare nel Mediterraneo, se non se ne ricercano responsabilità e connivenze, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. E di questo ne porteremo, tutti, la responsabilità”.