di Luigi Altea 01 aprile 2015
In un’assemblea di partito, dopo la relazione del segretario e la conclusione degli interventi, la parola viene ridata dal presidente al segretario, per la replica. In modo che possa spiegare cosa lo ha convinto, cosa non lo ha convinto e perché.
Questo avviene in tutti i partiti democratici…
Nel PD, invece, al termine degli interventi, il presidente Matteo Orfini ha direttamente messo ai voti la relazione di Matteo Renzi.
E’ un piccolo segno, uno dei tanti, che conferma la deriva autoritaria e il carattere personale di un partito, che di democratico conserva il nome.
E’ stato celebrato un rito, mascherato da dibattito, con l’evidente unico scopo d’andare velocemente alla conta.
Abbiamo assistito ad un’esibizione muscolare, stravinta dall’attuale padrone. Il quale, tuttavia, così facendo allontana il partito dalla sua base e dalle sue origini, lo conduce su un’altra sponda, nel terreno della destra, e lo corrompe…
Sia a livello di partito che a livello di governo, Renzi si esercita in prove di“presidenzialismo”. Con il quale cercherà d’imporsi a tutti gli altri poteri, che le sue “riforme” avranno, nel frattempo, screditato e devitalizzato…
Le minoranze continueranno ad avere il diritto di mugugnare. Per poter meglio essere derise.
Chi davvero vuole opporsi alla nuova destra reazionaria, che si sta coagulando attorno a Matteo Renzi, non può continuare a sedere accanto ai suoi gerarchi.
Chi davvero vuole “resistere”, deve semplicemente rimettere al posto di comando non l’inganno di un prepotente, ma la “politica”: confronto permanente, pratica democratica, volontà collettiva e bene comune.
Abbandonare questo PD, e separarsi dai restauratori e dai reazionari, è un dovere democratico!