IL DOVERE DELLA MEMORIA: RICORDARE LA SHOAH, RICORDARE LE FOIBE… E I TRE QUARTI DI SECOLO SUCCESSIVI?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

IL DOVERE DELLA MEMORIA: RICORDARE LA SHOAH, RICORDARE LE FOIBE… E I TRE QUARTI DI SECOLO SUCCESSIVI?
Molto brevemente: di nuovo su neofascismo e antineofascismo, magari anche su comunismo e neoanticomunismo. L’iniziativa del comune di Sant’Anna di Stazzema per la raccolta di firme tesa a invocare nuove e più dure leggi contro l’“apologia di fascismo” e roba del genere ha suscitato molti consensi ma anche critiche e proposte ispirate all’emulazione o all’alternativa. Qualcuno ha detto che creare nuove leggi contro qualunque forma di apologia del fascismo o di ricostituzione di gruppi politici neofascisti va bene: ma perché non si potrebbe fare la stessa cosa nei confronti del comunismo? Qualcun altro ha protestato che non è possibile perché non sono affatto la stessa cosa, a parte forse (ammettiamolo…) qualche somiglianza esteriore; qualcun altro ancora ha ribattuto che allora converrebbe far d’ogni erba un fascio (appunto…) e condannare il totalitarismo in blocco; ma molti non paiono disposti a mettere “i totalitarismi” (al plurale) tutti sullo stesso piano, e magari danno l’impressione di non riuscir nemmeno a definire con chiarezza il totalitarismo in quanto tale (il “fascismo eterno” di echiana memoria, da Assurbanipal a Bolsonaro, pare più ingombrante di un armadio dell’Ottocento); e molti altri hanno replicato che non va condannato il comunismo in toto, bensì semmai lo stalinismo eccetera; né è mancato chi ha trovato da eccepire sull’equazione tra nazismo e fascismo (o tra nazismo e “fascismi”) trovandola inesatta e contestabile.
Personalmente, il mio modesto parere sarebbe che la questione è comunque malposta e che il problema andrebbe ribaltato. Lasciamo perdere la questione (di non poco momento, obiettivamente parlando) che la continua, reiterata e assordante condanna dei Grandi Mostri Hitler e Stalin dà sovente l’impressione che ci sia gente interessata a far sì che le loro cupe, profonde, immense ombre servano a nascondere una pletora di mostri e di mostriciattoli minori – qualcuno minore solo fino a un certo punto – dei quali si trova scomodo parlare. È la tattica, vecchia e riprovevole ma che funziona, dello “Sbatti il Mostro in Prima pagina”, con quel che segue. Ma non è ancora questo il punto.
Il punto è che sarebbe forse ormai ora di adottare la tecnica che in musica si chiama quella del “cànone inverso”. O meglio, come senza scomodare le Muse diceva la mi’ nonna, proviamo a girar la frittata.
Hitler è morto nel 1945, Stalin del 1953. I crimini loro e dei loro regimi non saranno mai abbastanza condannati, e mi pare che finora non si possa dire che a tale riguardo si segnalino ripensamenti apprezzabili, né ci sono “revisionismi” o “negazionismi” che tengano. Ma la questione è un’altra.
Fra allora e adesso sono passati tre quarti di secolo: oltre sette decenni terribili, di guerre, di stragi, di crisi, d’infamie (e non dimentichiamo queste ultime: Bopal, Abu Ghraib, l’ancor attivo carcere di Guantanamo illegittimo sul piano del diritto internazionale, l’irrisolta questione palestinese che pesa sulle coscienze di noi tutti, la vergogna di regimi come quello di Bolsonaro in Brasile e come quelli di troppi tiranni e tirannelli arabi e africani…). Noialtri europei di tutto ciò ci siamo accorti e curati poco, senza dubbio, e magari tramite la NATO ne siamo stati perfino complici: solo a partire dagli Anni Settanta con un certo terrorismo, dai Novanta con i Balcani, qualcosa ci ha lambito. Ma ora che le crisi si sono susseguite e il disagio socioeconomico è cresciuto mentre sembrano esser cadute molte delle difese civili e sociali che ci facevano sentire fino a pochi anni or sono più al sicuro di adesso – alludo all’ordine pubblico, al welfare state eccetera – non sarebbe l’ora di cominciare a riflettere sul fatto che è opportuno cominciar a cercare nuovi responsabili del fatto che, se nel ’45 abbiamo tutti “perduto la guerra” (perché le guerre in realtà le perdono tutti, anche se i vincitori cercano di barare), oggi noi e soprattutto i nostri ragazzi ci troviamo ad aver “perduto la pace”, avendo sprecato quasi otto decenni senza riuscire a risolvere nessuno dei grandi problemi sociali, civili, economici e tecnologici che ci minacciano? Chi dovremo chiamar ora responsabili dei rovesci che hanno interessato l’ambiente, l’educazione, la salute, le comunicazioni, la sicurezza e la prevenzione sociale? Chi ha la colpa del fatto che in questi decenni la forbice tra arciricchi e strapoveri si è allargata incommensurabilmente, se le masse mondiali si vanno sottoproletarizzando, se la decolonizzazione resa necessaria all’indomani della seconda guerra mondiale è stata un rimedio peggiore del male, cui ha tenuto immediatamente dietro una spietata e vile ricolonizzazione socioeconomico-finanziaria? Chi è responsabile del fatto che in Asia, in Africa, in America latina e ormai anche in molte aree del nostro felice Occidente euroamericano vi sia un numero sempre crescente di donne, di uomini, di vecchi, di bambini che sopravvivono sotto il livello minimo della dignità umana mentre lo spettacolo dello sfruttamento dell’arricchimento parassitario e degli sperperi è divenuto scandalosamente intollerabile?
Invertiamo il cànone: e trasciniamo finalmente sul banco degli imputati il sistema iperliberistico e neocapitalistico ch’era già fallimentare ed esausto all’atto della guerra scoppiata nel 1914. Diciamo alto e chiaro che fin da allora tale sistema si era rivelato incapace di risolvere i problemi posti a livello mondiale dalla società di massa e dall’insorgere della questione sociale, e che nazionalismi e imperialismi (nei quali già prosperavano i germi del totalitarismo futuro) già da allora servirono a salvaguardare classi dirigenti in stato obiettivamente comatoso, già condannate dalla storia ma surrettiziamente sopravvissute a se stesse, anzi uscite rafforzate dalla vittoria nella “guerra dei Trent’Anni” 1914-1945: che però non è ancora finita e che anzi è continuata anche dopo, dal Vicino, Medio ed Estremo Oriente all’Africa e all’America latina. È l’ora di capire e di affermar chiaro e tondo che il totalitarismo, nelle sue differenti versioni tutte barbariche e sanguinose, nacque tuttavia come tentativo di rimedio al fallimento storico dei ceti e degli ambienti che avevano pilotato le dinamiche neoliberiste e turbocapitalistiche. È ora di sbattere in prima pagina i nuovi, i veri mostri responsabili degli ultimi tre quarti di secolo d’ingiustizia, di sfruttamento e di sperequazione. Papa Francesco li ha chiamati per nome ad uno ad uno, come si legge nelle note che corredano le sue encicliche sociali. E sono loro a dominare i governi dell’Occidente che ne sono da tempo diventati Comitato d’Affari e che organizzano l’impostura delle cosiddette “democrazie avanzate”, le quali sono, in realtà, “quel (pochissimo) che avanza della democrazia”, diventata un’oligarchia mondiale di pochi Superiori (Semi)Sconosciuti attorniati da collaborazionisti furbastri e da zelanti semicolti esecutori (Chief Executive Officiers).
Quindi capitelo, una volta per tutte. Quando siete chiamati a marciare contro il totalitarismo, marciate pure: ma tenete a mente che il nemico marcia alla vostra testa.

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