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di Luca Billi 17 maggio 2016
Il 17 maggio 1981 la maggioranza degli italiani – e delle italiane – votarono a favore del diritto delle donne di interrompere la gravidanza. A trentacinque anni di distanza quella legge è largamente disattesa, anche perché abbiamo una ministra fieramente antiabortista, esponente di un governo che non ha particolarmente a cuore né i diritti delle donne né la difesa della sanità pubblica. E soprattutto perché la stragrande maggioranza dei medici accampa un presunta diritto di obiezione di coscienza.
Secondo i dati forniti dal Ministero della salute in Sicilia, in Campania, in Basilicata, in Molise e nella provincia di Bolzano oltre l’80% dei ginecologi non praticano l’aborto, appunto per obiezione di coscienza. In Calabria, in Lazio, in Abruzzo e nel Veneto, la percentuale si attesta tra il 70 e l’80%. In tutte le altre regioni – ad eccezione della Valle d’Aosta – la percentuale è tra il 50 e il 70%. In Emilia-Romagna ad esempio i ginecologi obiettori sono il 51,5%, gli anestesisti il 32,6% e e il personale infiermeristico il 29,4%.
La Legge 194/78 è largamente disattesa e poco applicata, almeno nel settore pubblico, proprio per la presenza massiccia di questi sedicenti obiettori. Magari qualcuno di loro è disponibile a praticare l’aborto nelle cliniche private – i casi ci sono stati e sono stati provati – ma si sa che di fronte al denaro anche la coscienza più salda spesso fa un passo indietro.
Torniamoci comunque a questa benedetta coscienza. Ora se queste percentuali testimoniassero davvero una profonda fede religiosa e si estendessero ad altre categorie professionali – perché tra i commercialisti e tra gli idraulici ci dovrebbero essere meno cattolici in percentuale che tra i ginecologi? – nel nostro paese dovrebbero esserci le chiese sempre piene e i nostri cari vescovi non dovrebbero sempre dolersi della perdita di spirito cristiano nella società.
Evidentemente i medici obiettori fanno un po’ storia a sé. Anzi, immagino che l’unico consesso dove sia altrettanto alta la percentuale di bigotti baciapile sia la direzione nazionale del pd. Ovviamente nessuno di noi può indagare nella coscienza di questi medici – e infatti nessuno fa una verifica, non c’è un’autorità indipendente incaricata di vagliare i motivi di questa scelta e di decidere se accettare o meno queste dichiarazioni di coscienza, come c’era ad esempio per chi faceva obiezione di coscienza al servizio militare – ma qualche sospetto nasce, anche tra chi sia meno maligno e cattivo di quanto sia io.
Alla fine l’obiettore di coscienza viene pagato come gli altri e lavora meno, non si assume rischi; magari gli toccherà recitare qualche rosario e tenere in tasca qualche santino pronto all’uso, ma comunque sia nulla di paragonabile a quello che fanno i colleghi che ogni giorno si devono confrontare con donne che fanno scelte drammatiche.
Peccato che quei medici imbelli abbiano fatto un giuramento, in nome del medico più famoso dell’antica Grecia, Ippocrate di Cos, in cui si impegnano – come fanno tutti i medici – a
curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica.
Mi pare ci sia qualcosa che stride tra questo impegno e la decisione oltranzista di non applicare una legge delle Stato e soprattutto di non curare delle donne.
Ovviamente chi scrive ha un’idea molto diversa sul tema dell’aborto rispetto a quella sostenuta dai sedicenti obiettori di coscienza. Io credo occorra tutelare la salute fisica e psichica delle donne e che occorra prima di tutto rispettare le loro scelte, nella consapevolezza che per una donna un aborto non è mai un passo lieve. Le donne che fanno questa scelta hanno bisogno di aiuto e non di essere lasciate sole per opportunismo o per menefreghismo, magari mascherato da scelta etica.
Ogni volta che parlo di aborto io non posso fare a meno di citare anche un altro aspetto della questione. Perché un conto è vedere cosa succede in Italia, in Europa, nei paesi occidentali – dove possiamo permetterci perfino di avere un’anomalia come i medici obiettori – e cosa succede nel resto del mondo. Ogni giorno in Cina, in India, nei paesi dei Balcani e del Caucaso, ma anche in alcune comunità degli Stati Uniti avviene, nel silenzio dell’opinione pubblica, una strage di bambine che o non vengono fatte nascere o vengono uccise immediatamente dopo il parto. Amartya Sen calcolò che nel 1990 queste donne non nate fossero già cento milioni, oggi sono certamente moltissime di più: un’enorme risorsa di intelligenza, di forza, di amore che l’umanità ha perso per sempre.
Ci sono ragioni economiche, sociali e culturali che portano a questa strage; in gran parte dei casi, la cultura, l’educazione e la diffusione di una cultura dei diritti sono l’unico modo per combattere questo fenomeno. L’aborto è sempre una scelta sofferta, anche quando è consapevole. Anche in questi paesi la soluzione non è vietare l’aborto – sia in Cina che in India l’aborto selettivo è formalmente vietato, ma non cambia i termini della questione. Anzi vietare l’aborto causerebbe l’aumento degli aborti illegali e delle uccisioni dopo il parto. Bisogna far crescere una nuova generazione di donne e uomini che abbiano valori diversi dai loro padri e delle loro madri.
L’espressione non è mia, ma di Bill Clinton e credo riassuma alla perfezione quello che è la mia posizione sul tema, alla faccia di qualsiasi obiettore: in coscienza dovremmo far sì che, in ogni parte del mondo, l’aborto sia “sicuro, legale e raro”.