Fonte: Il Corriere della sera
di Federico Fubini – 6 giugno 2019
L’espressione che Mario Draghi ha ripetuto più spesso da Vilnius è stata «adverse contingencies»; in italiano, «eventualità negative». Il presidente della Banca centrale europea ha usato quelle parole cinque volte in meno di un’ora, presentando i risultati del Consiglio direttivo per l’occasione convocato in Lituania. La Bce non prevede una recessione nell’area euro, anzi ha ritoccato al rialzo le stime di crescita del 2019, tagliandole in modo più consistente sui prossimi due anni. Non la prevede, ma sa che potrebbe arrivare.
Troppi possibili inneschi sono ormai disseminati sul terreno dentro e attorno all’unione monetaria. È sempre più verosimile che in autunno la Brexit sarà uno strappo brusco, senza accordi, dopo la vittoria di un partito che porta quel nome alle europee e con l’appoggio di Donald Trump al conservatore Boris Johnson perché rompa al più presto con l’Unione europea. Entro novembre il presidente Usa si riserva anche di piazzare dazi sulle auto europee. Rischierebbe di far capitolare la ripresa, visto che la fiducia fra le imprese industriali dell’area euro è già ai minimi dal 2013 per le guerre commerciali fra americani e cinesi. Si è chiesto Draghi: «Per quanto tempo il resto dell’economia può restare isolato da un settore manifatturiero che continua a restare debole?»
Le azioni della Bce, almeno ieri, non sono state pari alle preoccupazioni dell’italiano che la guiderà fino al 31 ottobre. Probabile che Draghi immagini nuove misure espansive nei prossimi mesi e si prepari a convincere un vertice Bce dove ieri si è fatta sentire l’ala più conservatrice. Non è un caso se nel pomeriggio l’euro si è bruscamente rivalutato sul dollaro (fino a più 0,47%, ai massimi da quasi due mesi), le aspettative d’inflazione espresse dai futures sono cadute ai minimi di sempre e i rendimenti dei titoli tedeschi sono scesi ancor più sottozero, come se chi li compra si preparasse a un’ibernazione dell’economia. La banca centrale in effetti si è limitata a prendere solo due nuovi impegni, per ora: non alzerà i tassi fino a metà 2020, ma non li abbasserà neppure; e offrirà alle banche fiumi di liquidità rimborsabile dopo anni, con un dispositivo che le deve spingere a prestare quei soldi a famiglie e imprese, invece di investirle in debito pubblico come spesso avviene in Italia. Qui il segnale a Roma è implicito, ma chiaro: dall’Eurotower niente aiuti sottobanco.
Perché questa in fondo resta l’altra grande «adverse contingency» che grava sull’economia europea nel 2019, la stessa che ieri ha ricordato l’agenzia di rating Moody’s: «La reazione dei mercati finanziari» a conti pubblici italiani sempre più fuori rotta, un «degradarsi della fiducia sui mercati» che – scrive Moody’s – rispetto alla procedura europea «ha più probabilità di essere efficace nel mettere pressione sul governo perché corregga la linea».
L’espressione che Mario Draghi ha ripetuto più spesso da Vilnius è stata «adverse contingencies»; in italiano, «eventualità negative». Il presidente della Banca centrale europea ha usato quelle parole cinque volte in meno di un’ora, presentando i risultati del Consiglio direttivo per l’occasione convocato in Lituania. La Bce non prevede una recessione nell’area euro, anzi ha ritoccato al rialzo le stime di crescita del 2019, tagliandole in modo più consistente sui prossimi due anni. Non la prevede, ma sa che potrebbe arrivare.
IL CONSIGLIO DELLA BCE
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Troppi possibili inneschi sono ormai disseminati sul terreno dentro e attorno all’unione monetaria. È sempre più verosimile che in autunno la Brexit sarà uno strappo brusco, senza accordi, dopo la vittoria di un partito che porta quel nome alle europee e con l’appoggio di Donald Trump al conservatore Boris Johnson perché rompa al più presto con l’Unione europea. Entro novembre il presidente Usa si riserva anche di piazzare dazi sulle auto europee. Rischierebbe di far capitolare la ripresa, visto che la fiducia fra le imprese industriali dell’area euro è già ai minimi dal 2013 per le guerre commerciali fra americani e cinesi. Si è chiesto Draghi: «Per quanto tempo il resto dell’economia può restare isolato da un settore manifatturiero che continua a restare debole?»
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Le azioni della Bce, almeno ieri, non sono state pari alle preoccupazioni dell’italiano che la guiderà fino al 31 ottobre. Probabile che Draghi immagini nuove misure espansive nei prossimi mesi e si prepari a convincere un vertice Bce dove ieri si è fatta sentire l’ala più conservatrice. Non è un caso se nel pomeriggio l’euro si è bruscamente rivalutato sul dollaro (fino a più 0,47%, ai massimi da quasi due mesi), le aspettative d’inflazione espresse dai futures sono cadute ai minimi di sempre e i rendimenti dei titoli tedeschi sono scesi ancor più sottozero, come se chi li compra si preparasse a un’ibernazione dell’economia. La banca centrale in effetti si è limitata a prendere solo due nuovi impegni, per ora: non alzerà i tassi fino a metà 2020, ma non li abbasserà neppure; e offrirà alle banche fiumi di liquidità rimborsabile dopo anni, con un dispositivo che le deve spingere a prestare quei soldi a famiglie e imprese, invece di investirle in debito pubblico come spesso avviene in Italia. Qui il segnale a Roma è implicito, ma chiaro: dall’Eurotower niente aiuti sottobanco.
Perché questa in fondo resta l’altra grande «adverse contingency» che grava sull’economia europea nel 2019, la stessa che ieri ha ricordato l’agenzia di rating Moody’s: «La reazione dei mercati finanziari» a conti pubblici italiani sempre più fuori rotta, un «degradarsi della fiducia sui mercati» che – scrive Moody’s – rispetto alla procedura europea «ha più probabilità di essere efficace nel mettere pressione sul governo perché corregga la linea».
Draghi non ha evitato l’argomento. Al contrario, ne ha parlato quasi che la procedura europea fosse ormai acquisita o l’Italia, per evitarla, dovesse fare ciò che la procedura implica. Non una limatura del deficit di quest’anno, né un colpo a effetto sul prossimo. «Non credo che le sarà chiesto un calo rapido del rapporto debito-Pil, sappiamo che è impossibile», ha detto Draghi. «Sarà un piano a medio termine, che però dev’essere credibile. Lo si misura da come è disegnato, da com’è pianificato e dalle azioni che seguiranno. Questo è ciò che tutti si aspettano».
In altri termini la procedura ha l’aria di un programma a tappe di anno in anno che il governo dovrebbe eseguire sotto sorveglianza. Ha però anche il potenziale di innescare un conflitto dirompente con Bruxelles, se l’Italia si rifiutasse di piegarsi. Nelle ultime ore gli investitori avevano comprato debito italiano, facendo scendere i rendimenti e lo scarto sui titoli tedeschi, nella speranza che la Bce annunciasse misure più espansive. Poi hanno venduto bruscamente quando sono rimasti delusi e lo spread è risalito, perché hanno capito che la Bce non farà niente in estate per sostenere l’Italia. Non c’è una rete aperta sotto il debito del Paese. Draghi continuerà a lavorare per sostenere l’economia europea. Ma per il governo di Roma, valgono solo i consigli di ieri: fare un piano realistico, poi eseguirlo. Per anni.