Fonte: Politica prima.it
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di Giangiuseppe Gattuso – 16 gennaio 2015
Ho scovato la notizia tra le pieghe di pochi quotidiani. Tra le tante della ‘cronaca’ senza alcun risalto. Niente prime pagine. Dati statistici del Ministero dell’Economia trasmessi al ministero della Giustizia che, a me, fanno accapponare la pelle. Stiamo parlando degli arresti e delle ingiuste detenzioni di cittadini. E che, anche dopo decenni, ottengono “giustizia”. Assolti, o prosciolti “perché il fatto non costituisce reato”.
Nel 2014 c’è stato un incremento addirittura del 41,3% di pagamenti per risarcire cittadini a cui è stata privata la libertà personale. Ci sono state 995 domande di risarcimento che hanno generato 35,2 milioni di euro di liquidazioni. Nel 2013 sono state 757, mentre la cifra liquidata si era fermata a 24,9 milioni di euro. Siamo da sempre il Paese delle manette facili, degli arresti clamorosi, delle detenzioni cautelari esagerate, il 40% dei carcerati è in questa vergognosa condizione. E i risarcimenti sono diventati un modo come un altro per scrollarsi di dosso le responsabilità, anche quelle morali.
Dal 1991, l’anno d’inizio di questi procedimenti, con cinque indennizzi, lo Stato ha liquidato circa 580 milioni di euro. Una cifra importante che, spesa diversamente, avrebbe potuto migliorare, per esempio, le condizioni carcerarie. Invece di continuare a subire le condanne della Corte di Giustizia Europea per le condizioni disumane nelle quali ‘vivono’ moltissimi cittadini nei nostri istituti penitenziari.
Chi ha subito una ingiusta detenzione ha la possibilità di richiedere la cosiddetta “equa riparazione”, introdotta dal nuovo Codice di procedura penale del 1988 (D.P.R. n.447/88). La somma massima del risarcimento, prevista dall’art. 315, è fissata in 516.456,90 euro, il miliardo delle vecchie lire. Ma come è facile intuire questa cifra è ben lontana dal potere soddisfare le aspettative di chi ha subito pene lunghe decenni.
Di chi ha dovuto sopportare anni e anni di ingiustizie, di accuse terribili, a volte abominevoli. Che ha avuto la vita rovinata. Ha perso amici, affetti e gioie familiari. ComeGiuseppe Gulotta, (del quale abbiamo parlato nel dicembre 2014). Il giovane muratore di 18 anni, prelevato alle dieci di sera del 12 febbraio 1976, torturato, e, dopo una vera e propria frode processuale, condannato per l’omicidio di tre carabinieri ad Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Ha passato in carcere tutta la sua giovinezza, 22 anni. I suoi avvocati hanno iniziato una procedura, presso il tribunale di Catania, per un risarcimento di 69 milioni di euro. Una cifra che può apparire enorme ma che personalmente ritengo giusta e adeguata. Lo Stato deve pagare. E i responsabili chiamati a risponderne.
Pensate che negli ultimi 15 anni circa 23.000 cittadini sono stati ingiustamente carcerati. Non so se chi legge questi dati ha la medesima sensibilità, ma io ritengo la cosa semplicemente indegna. Una questione che dovrebbe scatenare moti di protesta. Cortei e manifestazioni di cui, purtroppo, non se ne scorge l’ombra. Trasmissioni televisive e dibattiti per costringere la classe politica a trovare le soluzioni più idonee. Insomma, si tratta della ‘libertà’. Un principio e un valore fondamentale, sacro e inviolabile. Costi quel che costi.