IL BUIO DELL’ELETTRICITA’
Per chi ha studiato a lungo una disciplina scientifica, può arrivare nella vita il momento di ripensare a quanto è stato oggetto di vasta conoscenza, ma che è sfuggito alla comprensione profonda. Per avvicinarsi a questa comprensione, è necessario allargare l’orizzonte e prendere con le pinze quella corta visione limitata che vedeva solo fenomeni e formule di calcolo. Del resto, il destino pone lì a portata di mano quello per cui ci siamo inconsapevolmente preparati, e basta solo cogliere l’opportunità.
Qui seduto in poltrona , cerco di sbirciare nei fenomeni elettrici, senza ricorrere a formule. E’ sera, la stanza è illuminata, la tazzina di caffè riscalda le mani, la musica di sottofondo rilassa. Se il dono più bello è condividere, ecco dei pensieri peregrini per tutti, senza laboratorio né formule astruse. Dicevo che qui al caldo, con luce accesa e musica, sono a mio agio. In un certo senso “nuoto” nella luce, nel suono, nel calore.
La luce ha costruito l’occhio, così il suono ha edificato l’orecchio, e così pure abbiamo un tipo di organo diffuso che percepisce il calore, perchè ora sento i piedi caldi e il confort della casa mi pervade.
Ma… non posso dire lo stesso per i fenomeni elettrici, l’elettricità non ha una qualità specifica, allo stesso modo in cui per esempio percepisco il colore o il tono, o il calore. Anche quando l’elettricità è “costretta” a mostrarsi, la riconduco alle percezioni termiche o luminose, per esempio alla tazzina, o alla lampadina. Non c’è un organo sensoriale per l’elettricità con il quale si possa percepirla. Siamo però oltremodo sensibili e soggetti alla energia elettromagnetica che diffusamente avvolge le nostre vite.
L’elettricità mi pone quindi problemi cognitivi e cela un velo che la occulta alla mia comprensione. Essa si manifesta, nei ricordi liceali, quando strofiniamo opportune sostanze tra di loro, l’ambra con la lana o pelliccia, o il vetro con la resina. Si vede allora che particelle materiali si distaccano dal complesso coeso. Quindi, è dalla materia da dove essa emana. L’elettricità mi rinvia alla materia e le sue proprietà, alla attrazione e repulsione, alle forze. L’ascensore, il treno, il tramvia e tanti altri dispositivi e meraviglie della tecnologia mi ricordano il carattere dinamico della elettricità. Si tratta di forze attive.
Appunto, le forze. L’enigma elettricità rimanda alla materia e alla forza. Alla gravità, ecco. Vado troppo in fretta? Devo ricorrere a esperienze quotidiane, e qui mi accorgo che conservo due parole nel linguaggio, il peso e la materia, ed esse mostrano esperienze valide e comprensibili. Peso e materia sono concetti primordiali della nostra esperienza di esseri umani qui sulla Terra, è innegabile. Ma come comprenderli?
Solamente per mezzo dei loro effetti su di noi, riflessi nei nostri stati di coscienza. E’ il momento per avvicinarmi al mondo esterno con il mio essere completo. Convinto della mia conformità col Mondo, nel mio essere completo cerco le risposte agli enigmi che il Mondo esterno suscita. La materia mi appare un enigma, di materia è il mio corpo, nel mio essere troverò la chiave per interpretarla.
Per avvicinarmi alla natura della materia devo considerare i diversi stati di coscienza, osservarmi con attenzione. Perchè?
Per il semplice fatto che viviamo nella materia di forma ottusa col nostro essere completo durante tutta la giornata! La coscienza che abbiamo della materia e del peso è la stessa coscienza ottusa e addormentata con cui viviamo con la nostra volontà. Come? Che c’entra ora la volontà con la materia e con l’elettricità? Andiamo per gradi.
Cominciamo con la semplice auto osservazione. Sappiamo della esistenza della forza perchè noi stessi dobbiamo esercitare forze per muovere il nostro corpo. Ricorriamo continuamente a atti volitivi, a forze che sorgono misteriosamente in noi e che applichiamo per muovere il corpo. Ora stesso muovo il braccio, appoggio la tazzina, mi sistemo meglio sulla poltrona.
Prendiamo un oggetto pesante, lo sosteniamo nella mano, alziamo ed abbassiamo più volte, osservando attentamente questi gesti che pur sono comunissimi nella vita di tutti i giorni.
L’esperienza di mettere in movimento un corpo inerte, ovvero l’esperienza della forza che dobbiamo esercitare per superarne la resistenza, già ci avvicina alla natura della materia. Questa forza che applichiamo continuamente ai corpi materiali che ci circondano nella vita di tutti i giorni, è frutto diversificato della nostra….volontà applicata.
Allora, chiarito il nesso tra materia, forza e volontà, sorge la domanda: che coscienza ho della volontà che applico per fare i movimenti?
Sono essere di pensiero, sentimento e volontà. Ma è solo nel pensiero che sono realmente sveglio e vigile; nei sentimenti altalenanti mi trovo in una coscienza simile a quella dei sogni, che si compongono e disfanno in un baleno; nella volontà poi la mia coscienza è equivalente al sonno profondo, anche quando porto la spesa, salgo le scale, muovo un arto, nel bel mezzo della mia vita da sveglio! Proprio così! Naturalmente, so quello che sto facendo, ma è un sapere, essere informati. La volontà rimane oscura, ne ho coscienza ottusa, equivalente al sonno profondo.
Non sperimento direttamente la volontà, ma solo indirettamente attraverso le rappresentazioni che di essa faccio, appunto, nella sfera del pensiero. Ma la coscienza della volontà nel suo misterioso agire mi sfugge. Di un atto di volontà so la intenzione iniziale e poi so l’immagine che mi rappresenta l’atto compiuto, ma appunto, è un sapere, un pensare. Non ho coscienza dei processi fisiologici e metabolici intermedi, come non so che cosa si agita in me quando “voglio sollevare ed abbassare il braccio”.
Si sperimenta il volere in modo del tutto diverso dal rappresentare. Si sperimenta il volere press’a poco come una superficie nera inserita in un campo colorato. In una zona in cui non vi sia colore, si “vede” qualcosa perché da essa non giungono impressioni, contrariamente a ciò che la circonda e da cui arrivano impressioni. Ci si “rappresenta” il volere perché nell’ambito delle esperienze rappresentative si inserisce in certi momenti e in certi punti una non-rappresentazione.
Mentre l’attività concettuale ha il suo fondamento corporale nel cervello e le appendici nervose, l’attività volitiva si basa in processi che hanno la loro parte corporale nei muscoli, arti e metabolismo. Si osserva che la volontà agisce di forma incosciente e legata a processi vitali.
Posso trarre una prima conclusione. Per sperimentare la materia e la forza di gravità devo ricorrere alla volontà applicata. Materia, elettricità e forza appartengono a una sfera di cui ho coscienza ottusa, addormentata. Ne ho una coscienza opaca, ed è a questa regione dell’anima a cui dobbiamo ricorrere per inquadrare i fenomeni della materia e quelli elettrici che ad essa sono legati. Può sembrare astrusa la associazione tra la sfera della volontà da un lato e quella della materia e dell’elettricità dall’altro, ma è così.
Deve ora farmi ben riflettere il fatto che mentre percepisco perfettamente la luce, il suono, il calore, la Natura non mi ha dotato di un senso che percepisca l’elettricità. Col senso dell’udito e del linguaggio posso percepire nientemeno che l’interiorità di altri esseri umani, intendermi con essi; col senso della vista apprezzare i colori del mondo che mi circonda, gioire ed orientarmi in esso. Ma la Natura non mi ha dotato di un senso per percepire l’elettricità. Essa per sua natura appartiene ad una regione ottusa della coscienza.
La sfera dell’elettricità è entrata nell’evoluzione dell’Umanità di una forma a dir poco singolare, inquietante, sorprendente. La scoperta si dette nella seconda metà del secolo XVIII con numerosi errori di interpretazione e coincidenze fortuite. L’elettricità fu trovata inaspettatamente. Non appena diffusi i risultati delle prime scoperte, il pensiero scientifico si diresse irresistibilmente a questa sfera di forze dinamiche reali rivelata col parafulmine di B. Franklin e le scoperte della risposta animale all’elettricità di L. Galvani. Questi colpi di fortuna e anche di interpretazioni errate dei fenomeni individuati mostra che i naturalisti esploravano il dominio elettrico al buio; era per essi un territorio straniero e refrattario alle idee ordinarie. Si ha la prima impressione che non si fossero sviluppate le forme di pensiero adeguate alla comprensione. Sembra un paradosso affermare che quanto più il pensiero umano abbia poi persistito negli errori, maggiori siano stati i risultati della ricerca scientifica della elettricità.
Non appena l’elettricità fu scoperta, attrasse il pensiero scientifico irresistibilmente nella sua propria realtà.
Questo crescendo sconcertante di scoperte e invenzioni ha intessuto letteralmente la struttura tecnologica delle nostre società, al punto che non immagineremmo un’altra organizzazione sociale ed economica. Ciò al prezzo di un enorme sviluppo di dati, tecnologie e conoscenze specifiche sull’uso e consumo, ma a scapito della semplice comprensione della natura di tali forze elettriche.
Diceva W. Heisenberg (1901-1976) che ogni passo avanti nella ricerca scientifica ha finito allo stesso tempo per restringere sempre più l’ambito delle indagini sulla Natura. La ricerca si compie al costo della rinuncia alla comprensione, la quale paradossalmente diminuisce mentre aumentano fatti e conoscenze. Se la scienza non vuole degenerare in una confusione di ipotesi ad hoc, deve essere capace di criticare le sue fondamenta, aggiungeva il filosofo A. N. Whitehead (1861-1947). Dal suo canto, A. Carrel (1873.-1944) affermava che la scienza della materia inerte ci ha condotti in un paese che non è il nostro, e che l’essere umano è uno straniero nel mondo che ha creato.
Riepilogo quanto studiato, nel tentativo di stabilire almeno un ponte tra il mondo fisico e il mondo spirituale, unico luogo da cui contemplare quello che accade nella materia. C’è bisogno della nostra volontà per sollevare ed abbassare il braccio, la volontà si trasforma in forza, e mentre solleviamo ed abbassiamo il braccio facciamo esperienza con la forza, ma possediamo di ciò solo la rappresentazione di questa volontà in azione. La volontà rimane sullo sfondo in un’area delle coscienza che è addormentata, ottusa.
Posso dire che tutto ciò che è luce, suono e anche calore si presenta chiaramente nella mia coscienza. Ma non posso dire lo stesso della materia e della elettricità ad essa affine per natura. Quindi, ciò che è percepito coi sensi rimane vivo nella nostra coscienza, ma appena andiamo oltre questo la coscienza tende a chiudersi.
Dobbiamo ammettere che la nostra esperienza nel mondo esterno contiene la materia e la forza, ma la normale coscienza non ci consente di afferrarne il carattere, la natura. La materia e l’elettricità, per così dire, si ritirano dalla coscienza, questa è la relazione reale con l’essere umano.
Strano, no? C’è da rimanerne perplessi. Qualcosa è entrata nell’evoluzione materiale dell’Umanità da poco più di due secoli e ne è divenuta fondamento. Eppure, quando parliamo di elettricità noi entriamo in una sfera che presenta un aspetto alieno rispetto ad altre sfere della Natura. E’ il buio dell’elettricità.
Qualcosa di sconosciuto sta facendo qualcosa che sfugge alla mia coscienza da sveglio, in polare opposizione alla chiarezza dell’esperienza della luce e del suono e dei sensi in generale.
C’è abbastanza per stare in allarme. L’elettricità era nota fin dall’epoca greca. In Natura, l’elettricità è per così dire sepolta nei corpi e nell’attività nervosa.
Dapprima abbiamo avuto l’apparizione dell’elettricità di una forma fenomenologica e indipendente, un periodo di sviluppo di “sostanza” per le successive applicazioni, fino all’epoca della fusione di questa sostanza disponibile per le prime “personificazioni”, tra cui il telegrafo, il telefono, la lampadina, la radio, le comunicazioni senza fili e finalmente il computer e la rete diffusa. Appare come la crescente materializzazione di un vasto progetto dal crescendo soprendente e segnato dalla profusione di una intelligenza fredda, calcolatrice, abile.
FILOTEO NICOLINI
(Omaggio alla Opera “Man or Matter” di Ernst Lehrs.)
Immagine: Tour Eiffel, M. G. Loppé, 1902