Il bandito che è in lui

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 6 marzo 2018

Ma chi ha detto che Renzi ha perso ? Ha perso il Pd, come progetto politico, ed è una sconfitta che sancisce un decorso noto da tempo. Ma non ha perso Renzi. Bastava seguirne la mimica e la strafottenza nella conferenza stampa. Quella tipica del mariuolo e del lestofante. Del bandito che vede realizzarsi un disegno ben pianificato, buggerando tutti quelli attorno così coglioni da non accorgersene.

La carovana è sciolta, la comitiva sgominata, liberato il paese dalla sinistra, infine rottamata, scippata la Bonino che intendeva fregarlo, in culo a Prodi, Gentiloni e a tutti i mentori della Repubblica che ambivano a manovrarlo, ma il malloppo è mio e me lo tengo io. Questo ha fatto intendere a lettere che più chiare non si potrebbe. Sin dall’origine l’errore di tanti è stato di convincersi che Renzi fosse un ‘leader’ di partito. Mentre non era altro che un avventuriero che si era impadronito di un partito.

Con il 18 % e un gruppo parlamentare imposto a sua misura Renzi è diventato l’ago della bilancia del sistema politico italiano. Senza il suo assenso/partecipazione nessun governo è possibile. Renzi ha vinto la battaglia ingaggiata con Berlusconi per la detenzione della golden share. Che oggi è nelle mani del Pdr non di Fi e del suo decrepito proprietario. Egli riesce da questa ‘sconfitta epocale’ come il Ghino di Tacco della nuova legislatura. Esattamente come Craxi dopo le elezioni del ’79. Ma con una spregiudicatezza immensamente superiore, e dunque con rischi d’impantanamento delle istituzioni democratiche di inaudita gravità. Perchè il primum vivere di Craxi era pur sempre la determinazione di un ‘autonomista’ socialista carico dell’orgoglio revanchista di un partito crollato al suo minimo storico. Che egli voleva rendere di nuovo grande e influente, Renzi invece non ha alcuna aura trascendente.

E’ banditismo di potere allo stato puro. Non darà mai le dimissioni, a meno non metta a capo del Pd un suo prestanome per il tempo necessario a tenere in vita la finzione che la sua banda toscana sia un partito di nome Pd. Dello stile del leader responsabile che lascia il passo in nome di un interesse a lui superiore se ne fotte bellamente. Dopo averlo pugnalato a morte sarà Renzi stesso a decidere quando recitare il de profundis del Pd e procedere al becchinaggio. Come leader politico è un perdente patetico per quanto è stolto e infantile. Ma come bandito è così riuscito da risultare rivoltante.

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