Il ’68 vissuto da me/2

per grazia
Autore originale del testo: Grazia Nardi

 

Perché il passaggio del 68 ebbe effetti diversi sui giovani comunisti rispetto ai politici di professione che, ancorché in difficoltà, ricorrevano ad analisi  sul medio e lungo tempo, gestivano rapporti a livelli più alti e, certamente, affilavano  gli strumenti culturali, penso agli articoli di Rinascita, per attrezzarsi ad una nuova  resistenza e, soprattutto, ad  elaborare una nuova strategia.

Noi giovani della FGCI, avevamo due campi di battaglia: convincere i Figli dei fiori nostrani che non eravamo meno moderni solo perché i ragazzi portavano un taglio “corto” di capelli e i baffetti orizzontali anziché arcuati  mentre le ragazze  si facevano la “messa in piega” in casa utilizzando un elettrodomestico simbolo del nuovo consumismo, il fon!!!…. e, nello stesso tempo, dovevamo subire le battute tra ironiche e severe dei compagni del Pci, autorevoli detentori della Linea Politica, del rigor storico-formale che bollavano i “capelloni” e le ragazze con la frangia sugli occhi e l’eyeliner marcato…  i primi come deficienti e le seconde non da meno, anzi con qualche aggettivo in più…… Mi rendo conto che possa, il mio, apparire giudizio frettoloso e schematico ma quella fu l’impressione. Del resto, allora, i giovani della FGCI non è che fossero coinvolti, per saperne di più, nelle elaborazioni  del PCI.

lenin

 Frequentavamo la Scuola di Partito, organizzata il sabato pomeriggio (sic!!!), nei locali della Sez. Tre Martiri, davanti al Caffè Giovannini, per impadronirci della nozione base del comunismo ovvero il plus valore, quasi un rito simile alla messa vespertina… ma ci vergognavamo di dire e di dirci tra ragazze che, in piena era di liberalizzazione dei costumi, non avevamo ancora avuto rapporti sessuali. Ho riletto con  tenerezza un mio articolo sull’Ordine Futuro, giornale della FGCI, che inneggiava all’uso della pillola prendendo le distanza dall’enciclica papale, quando la  mia  sfera delle relazioni sessuali era inesistente.

 Naturalmente sto riportando sensazioni flash per rifarmi al vissuto di quel periodo e non solo al pensato, su cui, peraltro, tanti più autorevoli di me si sono espressi.

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 Sono racconti che scaturiscono dalle sensazioni e non già dall’ideologia. Sempre stata profondamente ancorata alla vita “di fuori”,  alle prese coi problemi quotidiani, una che faceva la fila allo sportello dell’anagrafe per avere un certificato, come i più ma non come  tutti, c’era chi (compresi i dirigenti di partito) poteva risolvere il problema con una telefonata dal proprio ufficio…. di quelle che usavano le ferie, come tanti compagni, per impegnarsi nelle Feste dell’Unità: nella propria sezione, in quella centrale ed in quelle di altre sezioni, in uno scambio di mutuo soccorso.  Leggere l’Unità, per il funzionario, era lavoro. Personalmente, compravo l’Unità, che allora costava 25/30 lire coi soldi della merenda (sarebbe stata la spianata, quella tonda, stantia del mitico Pippo), ne facevo bella mostra tra i libri come fosse un distintivo e la sera, il primo (a  volte l’unico) articolo che leggevo era il corsivo di Fortebraccio, il più incisivo ma anche il più facile. Sempre coi risparmi, a fine settimana, potevo avere uno libro della collana “I Pocket di Longanesi” non erano un gran chè… ma erano quelli più a buon mercato… conservo ancora la “Storia della filosofia occidentale” di Bertrand Russell… mentre con gli “Oscar” Mondadori sono entrata nel mondo della letteratura americana e russa. Una cultura popolana più che popolare!

 Non ero figlia di funzionari del PCI e a casa non si respirava la dottrina. Il voto al PCI era una scelta di classe, ritenuta inevitabile, in una realtà dove il datore di lavoro era il padrone che, per definizione, poteva fare solo i propri d’interessi. E proseguire negli studi, dopo le elementari (non esisteva la scuola media unificata) era privilegio della classe, appunto, dei padroni. Per gli l’altri l’avviamento al lavoro o ad una scuola professionale. Chi si ostinava, magari perché “ intelligente” (l’ha da studiè perché l’ha giudizie!), a scegliere un indirizzo umanistico, liceale… qualche scotto lo pagava! Chi ha avuto la costanza di leggermi ne ha trovato tracce  nelle puntate precedenti.

Figuriamoci la mia reazione nel sentirmi scavalcata a sinistra da quelli che, nei banchi di scuola, stavano alla mia destra!

 Sono solo banali esempi ma, a pensarci bene, significativi, aspetti di una vita politica “non professionale”, quelli legati alle abitudini, ai cambiamenti nello stile di vita, alle certezze, ai dubbi in politica che si sommavano a quelli delle scelte nella vita personale.

 Dettagli, particolarità ovvero approcci diversi che ci dicono della storia ma anche della psicologia di un periodo che dovremmo riprendere come un  film dove gli attori non siano solo i divi ( i dirigenti)  riconosciuti ma anche i cosiddetti  attori “presi dalla strada”: i compagni e le compagne con le loro sensazioni, le aspirazioni, le aspettative, le contraddizioni vissute e non risolte. Le stesse che la politica si porta dietro ancor’oggi.

love

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