di Fausto Anderlini – 17 marzo 2018
Apro il Resto del Carlino davanti alla libidine della brioche col cappuccino (tutto quel che resta del lusso in questa melanconica quiescenza) e l’occhio cade su una pagina acquistata a pagamento dal buon Ferdinando Casini per ringraziare gli elettori bolognesi. Bell’apologo, conciso ed elegante. Se non chè nel passo centrale si recita: “Tante nubi si addensano sull’Italia e c’è bisogno di tenere la barra a dritta, di non cedere alle lusinghe del populismo e della demagogia e di non mostrare timidezza di fronte ai prevedibili trasformismi”. Tutto l’ibis redibis dell’astuto conservatore bolognese è in quell’ultimo periodo, in quel “non mostrare timidezza di fronte ai prevedibili trasformismi”….Per cosa è infatti evocato il coraggio ? Per sottrarsi al trasformismo o per prenderlo in carico senza remore ? Ardua interpretazione oracolare. Voluta ambiguità o incontrollato impulso subliminale ? Anche se un’intera biografia di centrista, di moderato, di equilibrista, di commensale di molte tavole, secondo la bisogna, vale il programma.
Per come è diventato, per le condizioni in cui s’è messo, per le stesse forze condizionanti che lo determinano non credo il Pd, o la sua componente ormai preponderante, abbia altra alternativa all’ennesimo autotrasformismo.
A seguire, nel messaggio del prode democristiano che fu il delfino di Forlani, un telos emiliano-romagnolo confezionato su misura della nuova era post-socialista che si dischiude: tessuto imprenditoriale e cooperativo, volontariato, cultura……il tutto condito col culto delle radici cristiane…..Si suppone nel senso barocco in cui quelle ‘radici’ sono state declinate da Biffi e monsignor Vecchi….Un fricandò, un pastiche culturale nel quale i residui inoffensivi del lascito socialista sono rimescolati all’insegna della cultura cattolica moderata del compromesso…..
Alla fine, dopo lunga gestazione, il mitico confronto/incontro fra Dozza Dossetti ha avuto la sua soluzione, pure se gli integerrimi padri fondatori si rivoltano nella tomba….e sebbene i tre quarti dell’elettorato emiliano-romagnolo non sembrano inclini