di Alfredo Morganti – 30 gennaio 2017
Il tema delle generazioni è un bel tema. Quando ero in FGCI era il ‘nostro’ tema: si parlava dei dubbi, dei dilemmi, delle inquietudini, ma anche del coraggio, della forza, del bisogno di futuro dei giovani. La parola ‘rottamazione’ non esisteva. Sarebbe stata un insulto insopportabile. I compagni più anziani erano una specie di lume, che indicava una strada e insieme diceva a noi ragazzi dei circoli: prendetevi le vostre responsabilità. Sabato D’Alema ha evocato la categoria dei ‘riservisti’. I 50enni, 60enni, spesso 70enni che, con la passione di sempre, a un certo punto si mettono di lato e osservano con partecipazione la nuova onda generazionale intenta ad assumere la guida dei processi politici. Stante ciò, quando i ‘riservisti’ avvertono tuttavia la necessità di tornare all’opera, vuol dire che le cose si mettono male, che il salto generazionale non ha dato frutti efficaci. Che c’è qualcosa che non va, insomma, anche perché l’attuale maggioranza piddina sembra “aver smarrito il lume della ragione” (sempre D’Alema). L’evocazione dell’uomo in camice bianco mi sembra, a questo proposito, davvero indicativa. Sin troppo illuminante.
Il ritorno dei ‘riservisti’ segnala un malessere vero e un giro innaturale dell’orologio storico. Una specie di contraccolpo dovuto, io credo, alla poca sagacia e alla debole cultura politica della classe politica di 40enni che ha preso in mano il PD animata in special modo da un’ambizione sfrenata. Oltre che condurre politiche sbagliate, chi guida il partito oggi dimostra pure di essere scarso nella elaborazione e spoglio di una ‘teoria’, a tutto vantaggio della pura manovra politicista e tatticista. Giocatori da sala corse, piuttosto che strateghi assennati. D’Alema ha contribuito a togliere il velo su questa caratteristica disdicevole, segnalando nel contempo i limiti politici, di progetto, di proposta, di contenuti molto evidenti. Cose che sapevamo da tempo, d’altronde. I ritardi, quindi, sono anche nella critica.
Come è già accaduto per Sanders e per Corbyn, assistiamo a una specie di sussulto generazionale (che è poi sociale, culturale), che spinge a una sorta di saldatura tra i ‘riservisti’ e i loro nipoti – tra i 60, spesso 70enni e una schiera sociale di giovani e giovanissimi. Non dimentichiamo che, anche in Italia, i più giovani hanno votato per il No all’82%. L’effetto generazionale è quello del sandwich. E il futuro parrebbe essere più dei nonni e dei nipoti, che dei figli, che si sono affrettati un po’ troppo a chiamarsi ‘Generazione Telemaco’. Io li definirei piuttosto ‘Generazione Playstation’, nel senso dell’agone virtuale in cui si muovono, a discapito della realtà, quasi nel tentativo di rimuoverla e di vivere una specie di adolescenza prolungata, onirica, bucolica, con tante belle metafore calcistiche a condirla. Di qui l’irragionevolezza. Di qui la necessità di rimettere in piedi, ragionevolmente, la baracca. O, meglio, di riedificarla daccapo.