I politici chiamati per nome. L’escalation finale del degrado

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
I politici chiamati per nome. L’escalation finale del degrado.
“Teresa, Elena e Ivan sono pronti a dimettersi domani se serve”. In mezzo a tanta retorica, nella lettera di Renzi al Presidente del Consiglio, si fa largo anche questa frase. I ministri vivaisti sono chiamati per nome di battesimo, come se stessimo al bar o in una comitiva di adolescenti al mare in estate. A me francamente basta questo per farmi storcere la bocca. Perché il renzo-berlusconismo ha introdotto questa innovazione, che contribuisce a spogliare la politica e le istituzioni della poca aura che comunque le era rimasta. Siamo passati da Moro, Berlinguer, La Malfa, a Bettino, Silvio, Matteo. Un salto abissale. Chi fa politica è sminuito a omino laqualunque, a pedina di un teatrino da avanspettacolo a uso dei media, che infatti sono i primi ad abbracciare questo metodo dei nomi battesimali. I ministri, i segretari di partito diventano i vicini di casa, gli amici del bar, i tipi del grande fratello, i concorrenti di un quiz, gli urlatori di un talk show. La loro autorità si incrina dinanzi all’opinione pubblica anche per questo modo carnevalesco di nominarli. Anche per questa implicita diminutio. Fa il paio con la rottamazione, con la disintermediazione, con la cancellazione del corpi intermedi, con la fine della politica, quella seria. La fine dei cognomi è un pezzo della fine della politica, della sua autorità, della sua aura. Ma com’è possibile scorgere il dramma politico, quando i protagonisti istituzionali diventano Teresa, Elena e Ivan? Ve li immaginate Aldo, Enrico e Giorgio in lotta contro il terrorismo? Che battaglia! Ma chi sarebbero in sostanza questi Ivan, Teresa ed Elena, gli amichetti di Fregene? Ricordate Montesano? Erano sempre lui, Dudù, Gagà e Cocò di Caprarello. Potete immaginare la gag. Capite la tristezza?
PS, nel PCI si dava del tu tutti, a partire dal segretario. Ma lui era Berlinguer, mica Enrico.
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