I nemici di Renzi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: https://claudiovelardi.com/2016/06/02/chi-si-oppone-a-renzi/

di Alfredo Morganti – 3 giugno 2016

 

“D. I nemici di Renzi non mancano. Ma chi sono, Velardi?
R. I nemici veri sono quelli interni. Direi che sono gli unici, sinceramente. Lo si è visto in queste ore”.

È Claudio Velardi che parla in un’intervista a ‘Italia Oggi’. L’intervista è lunga, ma questa risposta vale da sola il prezzo del giornale. Non perché dica che i nemici veri di Renzi sono quelli interni (e dunque Bersani, D’Alema: Velardi fa anche i nomi), che nel corso dell’intervista tratta malissimo, peggio che rottamati. Ma perché aggiunge: sono gli unici. Dice proprio così: gli unici. Una specie di D’Alema e Bersani contro tutti, dove tutti gli altri sono dalla parte del premier. Velardi raffigura con un solo colpo di pennello un vero regime, un’Italia molle, flaccida, conformista, cortigiana, un blob raggrumato attorno a Renzi, che lascia fuori dalla marmellata solo quei due (e il mondo che essi simboleggiano). Il quadro non è granché, non è un bel Paese quello che ci appare piatto, monocromo, gelatinoso, probabilmente cementato solo da interessi di bottega e ideologie raffazzonate allestite da qualche comunicatore.

Ma è proprio così? Io non penso. Quella di Velardi è un’intervista ideologicamente orientata come se ne leggono tante. Racconta un’Italia che è vera solo in parte. Certo, Renzi è diventato la bandiera di un mondo da bordo piscina, che con lingua affettata parla di affari e ride dei ‘comunisti’. Ma oltre quel bordo piscina c’è un paese che non si contenta di quattro soldi di bonus; che non ritiene che ‘meno diritti’ e ‘meno tutele’ sia la soluzione; che non vuole cambiare la Costituzione solo perché chi comanda oggi vuole comandare ancora di più. Sbagliano a sottovalutare i milioni di cittadini che non vogliono immergersi nel blob di regime, che non si lasciano incantare dagli annunci e dalle favole, che non pensano affatto che prima e dopo di Renzi vi sia il diluvio, e non credono all’ideologia che gronda da Palazzo Chigi, per cui senza l’attuale capo del governo noi saremmo stati perduti, e l’Italia sarebbe finita. Tutto è transeunte, anche se aspira a essere ventennale. E le cose più transeunti sono quelle che hanno più bisogno di far credere (ergo storytelling) che adesso c’è un altro unto del Signore. L’uomo dei miracoli. Il venditore di medicine miracolose. Quello col compare che gli tiene il gioco. E che fa la claque in platea o magari rilascia interviste da pesce pilota.

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L’intervista a Claudio Velardi

Stamattina Goffredo Pistelli mi intervista su “Italia Oggi”.  

nemici1

Alla vigilia di un voto amministrativo importante, che molti caricano di significati politici nazionali, soprattutto nel caso il Pd perdesse qualche città significativa, Claudio Velardi è da sentire. Vuoi perché questo napoletano, classe 1954, ha avuto un’esperienza politica di qualità nel Pci-Pds-Ds, fino a Palazzo Chigi con Massimo D’Alema nel 2000, vuoi perché, nel quindicennio successivo, è progressivamente approdato a posizioni liberali convinte e a un sostegno a Matteo Renzi, abbondantemente antemarcia. Sostegno che non gli fa certo velo nel criticare, quando “Matteuccio nostro”, come cominciò a chiamarlo nelle nostre prime interviste anni fa, sbaglia qualche colpo.

Domanda. Velardi, la campagna per le amministrative vede il premier poco impegnato, come prevedevano in molti. In questi giorni farà il minimo sindacale, ossia qualche comizio, da nord a sud. Conferma di volersene distanziare.

Risposta. Il tentativo è questo, non c’è dubbio. Però andasse a chiudere la campagna a Napoli, come sembrerebbe in queste ore,  vale a dire immergendosi nel buco nero più cupo per il suo partito… 

D. Dovremmo forse rivedere la teoria del distacco elaborata sin qui?

R. Guardi, in questo Paese, anche se si vota a Canicattì, l’esito viene sempre letto come segnale generale. Un dato di fatto, in questa tornata, è che votano le principali città italiane. Renzi ha giustamente tentato di rubricare questo voto come amministrativo, quale effettivamente è, dopodiché…

D. Dopodiché?

R. Dopodiché è evidente che questo voto locale non è nulla di sostanziale e che lui deve tenere dritta la barra sul referendum costituzionale di ottobre, la cui barca è partita, e che molti sono già corsi a tentare di bucare.

D. I nemici di Renzi non mancano. Ma chi sono, Velardi?

R. I nemici veri sono quelli interni. Direi che sono gli unici, sinceramente. Lo si è visto in queste ore.

D. Ossia?

R. Ossia i vari Massimo D’AlemaAntonio Bassolino e Pierluigi Bersani, intenti a fare iniziative politiche nei posti più impensabili, nelle varie Roccacannuccia d’Italia, dove si eleggeranno sindaci loro amici ma insignificanti. E questo al solo scopo di dimostrare lealtà al segretario e al partito. 

D. Poi, però, sui giornali…

R. Esatto. Sui giornali, questi tre aspiranti Sergio Cofferati, ossia aspiranti al ruolo di chi fa perdere effettivamente il partito, sono sui giornali un giorno sì e l’altro pure a sparare su Renzi. Ovviamente giocano a fare le vittime, da buoni sepolcri imbiancati, per evitare le reazioni del popolo del Pd, ma sono aspiranti killer.

D. Addirittura?

R. Beh sì, anche se brandiscono pistole ad acqua e loro stessi sono sfiatati, talmente sono invisi alla gente. Ultimamente si puniscono da soli, risultando contraddittori.

D. Facciamo qualche esempio?

R. Prenda Bassolino mi scusi. Il suo argomento principe, ma anche degli altri due, è stato l’accordo con Denis Verdini

D. Infatti, non è passato giorno che venisse sottolineato.

R. Sì, ma dimenticando che Verdini votava la fiducia, capisce? la fiducia, ai governi di Mario Monti ed Enrico Letta che il Pd bersaniano sosteneva. Quanto a Bassolino, vorrei ricordare che esattamente gli uomini di Verdini a Napoli hanno sostenuto, per un decennio, le giunte bassoliniane. 

D. Ma secondo lei, questi tre protagonisti del passato della Ditta, nutrono ancora ambizioni personali?

R. Non penso che ritengano possibile davvero tornare in sella, con tutta la simpatia umana che ho per loro; se pensassero davvero una cosa del genere, dovremmo chiamare l’omino col camice bianco. No non credo coltivino una follia del genere, semmai…

D. Semmai?

R. Semmai inseguono scenari farlocchi, far tornare quello da Parigi, quell’altro da Bruxelles, quell’altro ancora, chessò, dalle Hawai.

D. Velardi l’unico che può tornare è proprio quello che fa il professore a SciencePo, Letta Enrico da Pisa.

R. Sa cosa le dico? Che non ce lo vedo proprio, uno come Letta, a farsi tirare per la giacca dagli ex-comunisti, eddai.

D. Però, anche a lui, piace farsi intervistare come anima critica.

R. Massì, perché l’intervista gli fa comodo. Gli è utile che i tre Cofferati lo cerchino, li vuole usare per segare il renzismo, è chiaro. Ma se succedesse, un giorno, prenderebbe questi signori e li rinchiuderebbe subito nel sarcofago da dove sono usciti.

D. Cioè sono politicamente morti, lei dice?

R. Sono tecnicamente morti, mi creda. Zombie. Quella cultura politica, dei D’Alema, dei Bersani, dei Bassolino, che fu la mia, è stata condannata dalla storia, mentre quell’altra…

D. Quella democristiana?

R. Sì, quella. È stata condannata dalla magistratura e dalla politica, ma è sopravvissuta e attesta una certa vitalità.

D. Addirittura?

R. Scusi, al Quirinale c’è Sergio Mattarella, che viene da lì, a Palazzo Chigi c’è Renzi, un giovane dc. Nel Pd…

D. Anche nel Pd?

R. Si vada a vedere quale percorso politico hanno avuto Luigi Zanda, capogruppo al Senato, e Ettore Rosato, capogruppo alla Camera.

D. Ha ragione, uno fu vicino alla Margherita, l’altro fu proprio Dc. Ma senta, veniamo al voto di domenica: dov’è che i nuovi Cofferati, come li chiama lei, possono far perdere Renzi?

R. Da nessuna parte e dovunque. Persino a Torino, dove Piero Fassino potrebbe vincere al primo turno, il sindacalista contro…

D. Giorgio Airaudo di Sel…

R. Lui, potrebbe obbligarlo al ballottaggio. E a Napoli, dove i bassoliniani si dividono fra Luigi De Magistris e Gianni Lettieri.

D. Anche Lettieri? Non ci credo.

R. Vada a vedersi le pagine Facebook dell’ex-governatore e dei suoi uomini più vicini. Lui, solo oggi, in una dichiarazione dove reitera tutte le critiche, in un rigo finale, dice che “farà il suo dovere di fondatore del Pd”. Non ha peraltro detto esplicitamente di votare Valeria Valente, la candidata. E al ballottaggio, soluzione più probabile a Napoli, ci vanno i candidati, non le liste.

D. Senza entusiasmo, diciamo.

R. Una dichiarazione anodina, che arriva dopo tante pressioni perché dicesse che cosa farà. Ma fra i suoi, molti guardano al sindaco di Napoli uscente e qualcuno non disdegna neppure il candidato del centrodestra. Glielo ho detto, per il referendum, ossia la sola scadenza che conti, quelli interni sono i soli nemici di Renzi.

D. Non è che all’esterno del Pd manchino, Velardi.

R. È sicuro? Matteo Salvini è ormai sfiatato, le sue gaffe hanno portata transcontinentale, come quella su Donald Trump (dove il candidato americano ha smentito un incontro fra i due, di cui peraltro si sono viste foto, ndr).

D. C’è il M5s, però.

R. Il partito che vinse le elezioni del 2013, oggi guidato via mail dal figlio di Gianroberto Casaleggio, corre in 250 comuni su 1.300, le pare possibile? Magari sarà pronto a dire “abbiamo vinto” se Virginia Raggi raggiungesse il ballottaggio a Roma, ma loro non si candidano in città come Salerno, Latina, Ravenna, Rimini.

D. E Silvio Berlusconi?

R. Il Cavaliere avrà pure azzeccato qualche candidato alle amministrative, ma per il referendum non conta.

D. Perché?

R. Perché i suoi elettori voteranno sì, figurarsi. Lo si vede dalla campagna del Foglio e dal successo che sta avendo. La gente di quell’area dice di no a una riforma della Costituzione che Forza Italia aveva inizialmente voluto e votato? Non sarà così, mi creda.

D. Dunque solo nel Pd Renzi potrebbe avere filo da torcere sul referendum?

R. Questi sono i soli avversari insieme, ovviamente, al mondo dei talk televisivi e ai “giornaloni”, che però nessuno, fra la gente normale, ormai guarda né legge. 

D. Qualcosa conteranno però.

R. Fanno l’agenda dentro il sistema e poco più.

D. Sistema che non ama il Rottamatore, questo si può dire?

R. C’è un odio nei suoi confronti, perché, anche per alcuni suoi limiti e difetti, Renzi monopolizza tutta l’attenzione, tutta la frustrazione, le invidie sociali, generazionali, la mediocrità, la rabbia delle élite che si sentono tagliate fuori. Guardi, Renzi catalizza ormai anche i “trucidoni” del mondo dello spettacolo romano, tutto si scarica contro di lui perché è il solo protagonista. E contro chi si deve scaricare, mi scusi, contro Gianni Cuperlo?

D. Gli rimproverano la personalizzazione dei quel referendum.

R. Poteva fare altro? Lei se l’immagina se Renzi, perdendo il referendum, pur non avendo dichiarato niente in anticipo di quello che ha detto, dicesse: “Ok, allora faremo altro”?.

D. L’avrebbero spellato.

R. Si sarebbe scatenata l’ira di Dio. Lo dimostra palesemente Gustavo Zagrebelsky.

D. E cioè?

R. Il puro e incontaminato costituzionalista che ha accusato Renzi di fare le peggiori cose della storia, oggi dice che il “governo fa cose buone, per cui se perdesse il referendum dovrebbe comunque restare”. Le pare credibile? No, Renzi non aveva alternative e ha fatto bene. 

D. Qualche rischio c’è.

R. Evidentemente sì, ma mi pare calcolato. Anche quando lui gioca a fare “quello di sinistra”, c’è un rischio. Quello che si incazzino quelli che lo sono ancora e magari ci credano, ritraendosi, quelli che non lo sono più. Ma Renzi, essendo una personalità prorompente, forse un po’ narcisistica, certamente autocentrata, è difficile che non monopolizzi tutto. E assuma quella sfida su di sé. E che lo stesso faccia Maria Elena Boschi.

D. Non sono i soli, anche altri dello inner circle renziano dicono che, se non passeranno le riforme, cambieranno mestiere.

R. Ecco, qui ci starei attento. Perché che Renzi dica lascio, va bene, che lo faccia anche la Boschi, pure. Sono minacce. Gli altri, ecco, eviterei. Non vorrei che poi l’elettorato le prendesse come promesse…

D. L’ultima contro il “Sì” è lo spacchettamento dei quesiti. Michele Ainis se n’è fatto portavoce.

R. Una cazzata mondiale. Anzi, diciamolo meglio, una variante del Paese di farisei dove nessuno ha il coraggio di prendere una posizione netta. Aveva ragione Giorgio Amendola.

D. Buonanima, il leader migliorista. Ma a che proposito?

R. Quando accusava di “nicodemismo” gli intellettuali italiani, che non avevano mai il coraggio delle proprie azioni.

D. Anche oggi è così?

R. Questi stanno sempre a dissimulare, ad aderire ai copioni dominanti che, oggi, sono ovviamente oppositivi. Se non ti opponi non sei figo. Se va a guardarci dentro, gli argomenti degli intellettuali sono da bar, i vaffa a questo e a quello. Ma da editorialisti non possono esprimersi così, quindi dissimulano, usano argomenti bizantini e capziosi, cercano trappole giuridiche. Mentre nulla come in questo referendum è così chiaro. O si dice sì o no. Lei sa come dicono a Napoli?

D. Come, Velardi?

R. Nun ve ne iate pe’ e viche.

D. Cioè, non andate per vicoli?

R. Bravo. Le strade sono chiare, nette e pure belle grandi: o sì o no. Andarsene per i vicoli è da vigliacchetti.

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