di Andrea Colli 30 dicembre 2014
Il bilancio di fine anno è impietoso: tre milioni di precari permanenti si ritrovano truffati dal Jobs Act. Tre milioni di ventenni, trentenni (e ormai spesso anche quarantenni) non hanno ottenuto uno straccio di garanzia reale che il loro precariato permanente sia considerato una pagina chiusa. Perché il governo NON ha voltato pagina, scrive il giornalista e scrittore Marco Politi. La realtà la conoscono tutti gli addetti ai lavori: il “contratto a tutele crescenti” ha un valore se si tratta di un contratto unico di impiego. Se invece continuano a esistere i contrattini co.co.co., co.co.pro., finte collaborazioni, finti associati in partecipazione, finte partite Iva, finti lavoratori a chiamata, se continua a esistere il triennio di contratti a tempo determinato, che lascia il dipendente completamente all’arbitrio delle aziende, il nuovo contratto propagandato dal premier sarà solo un “ulteriore contratto precario”. Lo dice Annamaria Furlan della Cisl, il sindacato cattolico che non ha aderito allo sciopero generale di Cgil e Uil, non Landini.
NEL FRATTEMPO si è scoperto (è uno studio della Uil) che per le aziende è vantaggioso assumere con gli incentivi statali del contratto a tutele crescenti e poi dopo un paio d’anni licenziare, intascando la differenza tra il risarcimento al lavoratore e i soldi incassati dallo Stato. Dopo le aziende possono ricominciare daccapo con i contrattini. Sono passati dieci mesi per partorire questa porcheria, impedendo tra l’altro al Parlamento di esprimersi sulla normativa specifica. E in questo periodo di autoincensamento ossessivo Renzi non ha preso la decisione di cancellare i contratti di sfruttamento. Il decisionista è fuggito di fronte all’unica decisione, che avrebbe dato una prospettiva vera a tre milioni di persone. Siamo di fronte al tradimento di una generazione, anzi di più generazioni. La parte giovane dell’Italia, condannata allo sfruttamento più devastante perché non soltanto a pari lavoro (rispetto a un assunto a tempo indeterminato) non corrisponde pari compenso, ma l’instabilità strutturale impedisce qualsiasi progetto futuro. Per un premier, che del lavoro conosce unicamente l’esperienza di padroncino nell’azienda di papà, è difficile comprendere la vita del Paese reale. Ma i cosiddetti “saggi” del suo staff, Filippo Taddei e Yoram Gutgeld, gli spieghino che non ci sarà ripresa, non ci sarà consumo, non ci saranno mini-investimenti familiari, non verranno spesi nemmeno i mitici 80 euro, se tre milioni di giovani e non più giovani hanno l’acqua al collo del contratto a scadenza permanente. Si faccia un giro Matteo e imparerà un sacco di cose. Ma non prenda più per il culo i giovani italiani.