I conti senza l’oste. I soldi senza pensare al virus

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
I conti senza l’oste. I soldi senza pensare al virus.
Diciamo la verità, l’arrivo dei vaccini aveva illuso i “manovratori” che il peggio fosse passato. E che si potesse dare l’assalto alla diligenza come bandoleri qualsiasi. Così è stato, difatti. I vecchi confini del governo giallorosso sono stati sfondati, e a Palazzo Chigi c’è stata la ressa dei postulanti pronti a chiedere una parte del malloppo. È stato il modo più strano di prendersi il potere: di fatto non se lo sono preso, ma lo hanno sparpagliato ovunque: un po’ ai partiti, un po’ alla Confindustria, un po’ all’informazione fedele, più uno stuolo di tecnici e vecchie marionette tornate in auge. Quando arrivano tecnica e poteri forti, maggioranza e opposizione scompaiono, si fa un gran deserto di tutto e i barbari cominciano a razziare. Questo è stato.
Si fa presto a dire, io sono fuori. Fuori da cosa? Semmai: guai a pensare, a illudersi, di esser fuori, perché allora lo sei davvero. I nuovi barbari lombardo-veneti hanno lasciato Speranza a presidiare il punto per loro più noioso, meno interessante, ossia la salute degli italiani, tanto erano indaffarati a pensare al resto (economia e pandette varie). Attorno gli hanno fatto il vuoto (tanto per stare sicuri) lasciando la Gelmini a fare da gendarme in conferenza stampa. Hanno pensato: su di lui il peso e la fatica della pandemia (e pure i fulmini dei giornali di destra), su di noi il compito di far “ripartire” Lor Signori e le loro fabbrichette. Pandemia di qua, buone notizie economiche di là. Calcolo furbo, ma da menti stolte. Per due ragioni: 1) la pandemia non è finita, e dunque a Speranza (alla sinistra) è stato di fatto assegnato il compito simbolico della cura, della sicurezza, della protezione; 2)
mai cedere una tribuna importante a chicchessia, perché da lì il bravo leader politico ne trae sempre buoni auspici, magari diventa pure più popolare, magari cresce come leader, magari fa bene il suo lavoro. Tante cose, insomma.
Anche il più grande Comitato di Gestione, quello più illustre, quello guidato da un Unto del Signore, deve fare i conti con la realtà, per quanto sia tenuto in braccio da tutti gli opinionisti del mondo. E la realtà è un Paese in crisi, assalito dal virus, in cui non bastano gli sghei lombardo-veneti a ridare tono e certezze. Tantomeno basta un impianto di risalita funzionante per restituire la serenità a tutti, anche a chi non ha mai fatto una settimana bianca in vita sua. La politica è stata inventata perché i cittadini si occupassero della città, e si dividessero tra chi ha un’opinione prevalente, ben argomentata, persuasiva e chi ne ha un’altra. Questa è la democrazia. Quando invece la politica come discussione pubblica, agire pratico, deliberazione, è messa da parte da quelli “bravi” che “fanno” cose (o dicono di farle), e che pensano basti mettere prima l’economia (la loro!) per ridare fiato a un intero Paese (poveri compresi), allora la politica muore. E di lei restano solo le spoglie tecniche, alcune teorie astratte e strampalate, certi faccendieri senza scrupoli, nani e ballerine. Tanto prima o poi gli osti presentano il conto, e allora anche il tizio della Bocconi deve provare a scappare dal retro. Come uno squattrinato qualsiasi.
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