A Helsinki c’è un reddito per tutti. Garantito

per Gabriella
Autore originale del testo: Riccardo Staglianò
Fonte: il venerdì
Url fonte: http://www.repubblica.it/venerdi/reportage/2017/03/06/news/finlandia_reddito_di_cittadinanza_base_welfare-159883662/

di Riccardo Staglianò

Molti lo vogliono, tutti ne parlano, la Finlandia l’ha fatto. Per due anni verserà 560 euro al mese a duemila disoccupati estratti a sorte. Viaggio tra i fortunati che beneficiano di un esperimento sociale (per ora) unico

HELSINKI. A prima vista Mika Ruusunen potrebbe sembrare il peggior testimonial possibile per un esperimento di reddito di base. A novembre, quando è stato sorteggiato, questo ex fornaio quarantaseienne con pizzetto biondo e cintura da mandriano era ancora nelle liste di disoccupazione. Ma già poche settimane dopo lo hanno preso a fare tirocinio pagato in un’azienda informatica dove, se tutto va bene, lo assumeranno ad aprile. E da gennaio riceve anche i 560 euro al mese che il governo finlandese ha deciso di versare per due anni a 2.000 cittadini estratti dalle liste di collocamento. «Mi sento davvero molto fortunato, una specie di Gastone a cui sono piovuti addosso dei soldi senza neanche averli chiesti» confessa seduto al bar del venticinquesimo piano dell’Hotel Toni da cui si gode una delle più belle viste di Tampere, cittadina con uno sfiorito passato industriale un’ora e mezzo a nord di Helsinki.

Ma non sarebbe stato più giusto dare quel sussidio a chi non ha alcuna occupazione? «No, quell’uomo ha fatto esattamente ciò che speravamo facesse» mi assicura al rientro nella capitale Markus Kanerva, direttore di Tank, la società di consulenza che ha redatto per il governo il rapporto preparatorio al primo progetto su scala nazionale di basic income (reddito di base, perustulo in finlandese) al mondo: «Ovvero, trovare un lavoro». Deve ringraziare la sua buona stella, come il personaggio disneyano che ha evocato, o è il sistema che sta (già) funzionando? La risposta si avrà solo nel 2019. Nel frattempo, dal candidato francese della vraie-gauche ai libertari della Silicon Valley, dall’opulenta Svizzera ai Cinque Stelle nostrani, stanno tutti guardando a queste latitudini glaciali per capire come andrà a finire la riscrittura del welfare potenzialmente più ambiziosa da un secolo a questa parte.

Risultati immagini per a helsinki un reddito per tutti
In verità di redditi di base ne esistono tanti. Distinguere tra le sottospecie è un’entomologia giuridica impegnativa, che occupa interi libri (per tutti segnalo Il reddito di base di Elena Granaglia e Magda Bolzoni, Ediesse). Semplificando molto si va da un minimo di sussistenza per i disoccupati al massimo di un reddito per ogni essere umano, in quanto tale, ricco o povero non importa. La premessa comune che ha regalato all’idea una seconda giovinezza è il timore, sempre più condiviso dagli economisti, che la tecnologia distruggerà più posti di lavoro di quanti ne riuscirà a creare.

Perciò il basic income, assieme a una tassazione più redistributiva, potrebbe diventare l’ultima barriera tra i rottamati dai robot e il loro ricorso ai forconi. Il 2017 si annuncia l’anno del passaggio dalla teoria alla pratica. In Olanda una cinquantina di città testeranno uno schema analogo a quello finlandese, ma su piccoli numeri. Anche la Germania sperimenterà. Poi, dall’enorme al minuscolo, l’India, la Regione Toscana e il Comune di Livorno. Non passa giorno senza che la mia rassegna stampa Google non sforni notizie sul tema. Ma torniamo nel laboratorio sociale a cielo aperto che oggi fa segnare una massima di -12 gradi, così rigida da diventare argomento di conversazione anche per i locali.

Dopo nove anni Mika si era stancato di faticare in un forno industriale. Sin da ragazzo coltivava una passione per l’elettronica, però poi sono arrivati una moglie e due bambini. Ma nel Paese con il più alto tasso di sindacalizzazione al mondo (oltre il 70 per cento) e una quarantina di diversi sussidi dispensati dal Kela, l’Inps locale, non è mai troppo tardi per cambiare vita. Quindi si licenzia, riceve un contributo per la disoccupazione, un altro per ogni figlio e uno per riqualificarsi: in totale circa mille euro. Si iscrive a un corso di informatica e, quando gli offrono uno stage, fa un’ottima impressione. Nel frattempo, siamo a dicembre, vince la lotteria del perustulo e da gennaio riceve il primo assegno da 560 euro (il reddito medio qui è di 2.500), più la differenza per arrivare al livello di prima. Dunque, dal momento che il totale è lo stesso, cosa festeggia esattamente?

Intanto la liberazione dalla cosiddetta poverty trap, la trappola per cui se ti offrono un cattivo lavoro che ti fa perdere un buon sussidio fai di tutto per non doverlo accettare. Dice: «Prima, davanti a un lavoretto scarso e incerto, spesso soccombevi di fronte allo sbattimento burocratico di comunicarlo all’agenzia affinché ti deducessero l’ammontare equivalente. Oggi, invece, quale che sia la cifra, si aggiunge al reddito di base e sei fortemente incentivato ad accettare». Fine del mito per cui un reddito a prescindere impigrirebbe gli esseri umani (meno impressionisticamente, un sondaggio paneuropeo di Dalia Research registra che solo il 4 per cento degli eventuali beneficiari smetterebbe di lavorare). Lui, nel caso specifico, sta pensando di usare l’inattesa doppia entrata per realizzare un’idea sulla quale fantastica da quando ha provato ad affittare un trampolino elastico per i figli: «È stato così difficile trovarne uno e così pesante da trasportare che voglio metter su un’impresa che si occupi di tutto, dalla consegna alla restituzione».  Fatico a farmi contagiare dalla value proposition, ma lui è del posto, conosce il mercato e sicuramente la sa più lunga di me.

D’altronde anche Aila Jeskanen, la cinquantatreenne che incontro al calduccio di un caffè a due passi dalla stazione, spera di mettere a frutto la neo-sicurezza economica per professionalizzare il suo hobby, che consiste nel realizzare accessori per le case di bambola. «Pianoforti, elettrodomestici, mobili di pochi centimetri, fatti di cartapesta e pitturati a mano» dice mostrandomi con orgoglio materno le creature immortalate sul telefonino. Passioni lillipuziane a parte, per venticinque anni questa donna ha lavorato nel turismo, dalla reception di alberghi alla vendita di pacchetti vacanze: «Poi è arrivata internet e, di colpo, sono bastate meno persone dietro al bancone. Sono stata lasciata a casa». Uno Zeitgeist in carne e ossa. Che, senza figli, non dovendo pagare l’affitto, prendeva 520 euro di sussidio.

Livello di sussistenza, con l’obbligo di frequentare vari corsi dove imparare a fare i siti web, le leggi per la somministrazione dell’alcol («Avrei potuto tenerli io, invece mi toccava ascoltare dei ragazzini») e altre incombenze che commenta con smorfie di disgusto. «Una volta mi hanno offerto un part time in fabbrica a due ore da casa: quattro ore di viaggio per quattro di lavoro. Fortunatamente il titolare mi ha graziata dicendo che non facevo al caso suo. Però da allora ho vissuto nell’ansia ogni volta che suonava il telefono. Oggi non più». Ogni secondo giorno del mese riceve il reddito di base, 40 euro in più di prima, che sembra niente ma le danno ossigeno supplementare, basta che segnali, con pochi clic, che è ancora disoccupata («La burocrazia è un decimo di prima»). È una donna sgravata da un macigno: «Finalmente potrò darci sotto con i miei mobiletti e cercare di camparci. Se all’inizio dell’anno prossimo il bilancio sarà magro, mi cercherò un lavoro qualsiasi».

Il padre intellettuale di questa piccola rivoluzione è Olli Kangas, direttore di ricerca al Kela, l’agenzia della previdenza sociale. Il Paese, a lungo prospero grazie alla monocoltura industriale Nokia, ha perso un terzo del Pil e circa un quinto dei lavori con il suo affondamento. «Jobs ci ha rubato i jobs» aveva riassunto amaro l’ex ministro della finanze Alexander Stubb, per sottolineare la catastrofe di non aver capito l’importanza del touch che ha decretato invece la fortuna degli iPhone. Così la disoccupazione, dal 6,2 per cento degli inizi del 2008, è balzata al 9,5 del 2015 (oggi è poco sopra l’8). Aggiungete lo scenario di robot e algoritmi killer di lavoratori e capirete perché Juha Sipilä, il premier di centrodestra, si è convinto a testare contromisure. «Ha chiesto a noi di immaginare un reddito di base sostenibile» mi spiega Kangas nella bella biblioteca del suo quartier generale «e abbiamo fatto simulazioni a partire da 550 fino a 1.500 euro al mese, che avrebbero richiesto un’aliquota massima del 75 per cento, politicamente molto difficile da vendere».

C’era poi il problema dei sindacati che, oggi, devono parte della loro influenza al fatto che gestiscono un discreto numero di sussidi: «Se li avessimo accorpati tutti noi il loro ruolo ne sarebbe risultato molto ridotto». Infine la Corte costituzionale difficilmente avrebbe accettato che un ristretto numero di persone ricevesse un trattamento troppo privilegiato rispetto al resto della cittadinanza. «Alla fine il compromesso è stato questo reddito di base parziale per disoccupati che, se funzionerà bene, contiamo di estendere a studenti, casalinghe e persone con redditi sotto una certa soglia». Lo scenario con il reddito (sostitutivo di disoccupazione, malattia, sussidio casa e assistenza sociale base) dato a tutti i maggiorenni salvo i pensionati sarebbe costato 15 miliardi di euro, per una popolazione di circa un decimo di quella italiana. Da noi le stime, generalmente brandite da chi ridicolizza l’ipotesi, sono invece di venti volte tanto, sui 300 miliardi (i 15-19 miliardi di cui parla il M5s, facendo confusione coi termini, coprirebbero solo i poveri). Ma forse sono sottovalutati l’enorme semplificazione burocratica e «gli effetti dinamici sul mercato del lavoro», per cui più occupati significano maggiore ricchezza.

Immagine correlata
Nello stesso palazzo incontro anche Marjukka Turunen, la capa dell’ufficio legale di Kela. Insiste sulla metodologia scientifica dell’esperimento. «Ci sono un gruppo di studio (2.000 persone) e uno di controllo (175 mila), proprio come in una qualsiasi ricerca epidemiologica, che permetteranno di verificare al termine dei due anni le condizioni dei primi rispetto ai secondi». È così che si dovrebbe fare per vedere se una misura funziona o no. Ma, tra i vari santi patroni della politica nostrana, Bacon o Popper sono senz’altro extra ecclesiam. In Finlandia hanno addirittura un budget per testare le riforme: «Abbiamo stanziato 20 milioni ma, al netto dei risparmi su altre indennità, ne spenderemo meno di 8».

Il reddito si perde se ci si ammala sul serio (a quel punto si passa al più ricco sussidio malattia) e se ci si trasferisce all’estero, dove però si può andare in vacanza fino a un mese. L’idea che qualche furbetto possa fare avanti e indietro con qualche isola low cost, trasformando il peculio finnico in una manna caraibica, non sfiora neanche la dirigente («Diamo per scontato che i destinatari siano onesti»). Questo è un posto di gente seria, al limite tendente alla depressione come in Piccoli suicidi tra amici di Arto Paasilinna, dove una tragicomica brigata di morituri alla fine cambia idea a contatto col sole del Portogallo.

Apprezzano anche le piccole cose, ma questo reddito di base è solo all’apparenza incospicuo. «Sono così felice! Mi sento davvero benedetta» confessa infatti, dietro a una tazza di tè fumante in uno dei bar di tendenza del centro commerciale Kamppi, la ventiseienne Rosa Kultalahti-Singh. Ha studiato da modista ma, giovanissima, si è sposata con un ingegnere indiano tra i pochi sopravvissuti del tracollo Nokia e ha partorito la prima delle due figlie che l’hanno impegnata full time fino all’anno scorso, quando si è iscritta nelle liste di disoccupazione. Tra i tanti corsi ne ha scelto uno da barista «e adesso sono in addestramento in un bar Mumin, i famosissimi troll inventati da Tove Jansson: una catena con una politica di assunzioni riservata a donne, immigrati e over 50».

Ancora robe dell’altro mondo. All’inizio ha avuto un po’ di pudore a confessare ai tanti amici disoccupati di essere stata sorteggiata, poi le è passata. D’altronde c’è una discreta possibilità che chi non prende proprio questo sia comunque destinatario di qualche altro sussidio. Però «il reddito di base è un gran motivatore per trovare un lavoro vero: in sé non ti fa certo ricca, ma come extra ti dà grande libertà. Magari di pensare a una tua startup». Senza contare che, come vi dirà qualsiasi cacciatore di teste, è molto meglio cercare un posto da una posizione negoziale non disperata. Comunque, non dovesse trovare niente di suo gradimento nei prossimi 24 mesi, Rosa avrà sempre la possibilità di accedere al sussidio per lo studio, lo stesso che permise alla mamma fotografa, intorno ai quarant’anni, di riconvertirsi felicemente in assistente sociale.

L’ultimo beneficiato che incontro, pochi tavolinetti più in là, è il fisico trentenne Niko Lavikainen, camicia a scacchi rossi e neri da boscaiolo. È a spasso da sei mesi, dopo un periodo come analista di dati (studiava come meglio servire gli studenti e come valutare le loro esperienze) al Finnish Adult Education Center della municipalità di Helsinki. Guadagnava piuttosto bene, al punto che la sua disoccupazione, «aggiustata secondo il salario», arriva in totale a 1.280 euro. «Da gennaio» dice oggi «circa metà di quella cifra è stata sostituita dal reddito base, che viene poi integrato per la differenza».

Quindi è tutto uguale a prima? «Neppure per idea. Ieri, se trovavo un lavoretto, ci pensavo dieci volte prima di accettarlo perché avrebbe decurtato i soldi statali. Oggi niente può metterli in discussione. È tutto più facile e non mi sono mai sentito così ricco. Se devo comprarmi una cosa nuova non ci penso più due volte». L’helicopter money, come Milton Friedman aveva battezzato negli anni ‘70 la proposta di dare soldi direttamente ai privati, per stimolare i consumi e far ripartire l’economia, ha sempre avuto un effetto euforizzante. Il reddito di base finlandese è figlio di altre latitudini, sia geografiche che culturali, ma può finire per sortire effetti analoghi. Far girare l’economia quando sempre più uomini e donne, disarcionati dalla vita attiva, saranno rimasti a piedi.

Pubblicità

A Helsinki c'è un reddito per tutti. Garantito

 

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.