HA UNA SUA SOLITUDINE LA PATERNITA’

per Filoteo Nicolini

HA UNA SUA SOLITUDINE LA PATERNITA’

 

Sulla Stampa di oggi 23 ottobre appare un interessante articolo di Maura Gancitano dal titolo “Madri non si nasce, ma si diventa. Amare i figli non è mai naturale nè ovvio”. In breve, la tesi è che non tutte le donne desiderano essere madri, e il modo di esserlo varia a seconda delle scelte, la classe sociale, del carico fisico e psicologico. E significa parlare finalmente di paternità responsabile, di condivisione dei figli e della vita domestica con gli uomini. In un momento in cui il dibattito sulla maternità è acceso, vorrei aggiungere che forse nemmeno padri si nasce, ma si diventa, e nel mio caso particolare, lo sono divenuto attraverso l’adozione di mia figlia. Racconto qui qualche ricordo sparso.

 

Ti ho conosciuta la stessa notte in cui conobbi Mamma all’esposizione dei quadri di Maria Paredes. Avevi da poco compiuto sei anni. Era la casa grande dove vivevi con la Nonna, la signora Carmen e la cagnetta Catalina.

Mentre eravamo seduti al fresco della notte, sei comparsa tu, svegliata dalle voci ma ancora insonnolita, mentre venivi con affetto riportata a letto. Da quel momento ci conoscemmo; il giorno dopo andammo allo Zoo, e ti nascondevi spiandoci, fino a quando il guardiano ci rimproverò in nome di un tale regolamento riguardo la morale e certe proibizioni.

Apprendesti a galleggiare e poi a nuotare con me a Cayo Sal dove si toccava il fondo sabbioso stando in piedi e c’era un mare calmo, spettacolare come una piscina. E a mangiare formaggio, pasta, anche pesce ma poco. Crescesti tra una scuola e l’altra, e poi le attività creative dell’Inino, il Teatro, le visite ai Musei a Caracas. Da piccola seguisti i cambiamenti e i traslochi di tua madre, e alimentasti una crescente opposizione alla sua natura itinerante, cercando il tuo cammino alla stabilità, anche residenziale. Posso solamente immaginare la sofferenza intima causata dalla separazione dal tuo padre naturale, accaduta prima della tua nascita e interiorizzata con gli anni. E poi il contraccolpo nella tua vita familiare al mio arrivo repentino nella famiglia.

Una volta, davanti a una proposta materna di non ricordo più che spostamento o viaggio improvviso, dichiarasti enfatica di voler rimanere con me: forse avevi intravisto una alleanza strategica, o era un salvavita occasionale, chissà. Credo che fu un momento di formale dissenso, una protesta che il futuro avrebbe rivelato appieno. Ricordo ancora oggi la tua frase e la sorpresa di Mamma, improvvisamente in minoranza. Come esclamasti inoltre più volte, lei era una buona venditrice di immagini. L’allusione appuntava alla sua passione volta a costruire ponti ideali tra persone. Anche qui volesti esprimere un velato disaccordo. Sviluppasti carattere dotato di certa inflessibilità e non privo della fruizione di giudizi e critiche, con occasionale sarcasmo. Ricordo una tua frase anodina agli inizi della mia apparizione nella tua vita, frase che è rimasta registrata nell’etere cosmico: “Cominciano a portargli un caffè al letto e poi divengono sue schiave”, in chiara allusione polemica alla madre femminista ed innamorata.

Avevi solo il cognome di tua madre, nubile e inflessibile con il genitore. È un tema doloroso della società sudamericana quello delle madri nubili che conducono maternità, educazione e famiglia contando solo sulle proprie forze. Coltivaste i tuoi affetti e costruiste con pazienza la tua relazione con il tuo padre naturale, che timidamente faceva delle apparizioni, qual cometa. Io assunsi con naturalità una posizione il più possibile neutrale ed equanime, e conobbi presto la tua seconda famiglia.

Qualche tempo dopo ti riconobbi formalmente come mia figlia: ti avevamo consultato e tu dicesti di sì al nuovo cognome. Fino ad allora avevi solo quello materno. Ti ho narrato l’atmosfera surreale che quella mattina si era creata nel Registro Pubblico. Le impiegate, felicissime che un padre  finalemnte riconoscesse a distanza di anni la figlia già ragazzina, emozionate al massimo, dimenticarono di identificarmi debidamente, e rimase plasmato nero su bianco il Tal dei Tali senza n. di carta di identità o passaporto! L’atto fu così verbalizzato e registrato, e noi fummo felici lo stesso. Però nacque una piccola disputa, perchè il nuovo cognome spostava in secondo piano quello materno, per via dell’ordine alfabetico, e la madre femminista protestò invano!

Qui devo raccontare il mio ruolo incerto nella tua educazione. Non ero preparato per la paternità. Poi, a poco a poco la vita e l’attrazione che esercitava tua madre si configurarono in destino: cercai di confluire nella corrente ed appresi mentre camminavo. Modelli da seguire non ne avevo. Per un impulso naturale e senza una preparazione cosciente mi sono dedicato un pò a tutto. La tua educazione sentimentale è stata sempre a carico materno, io sono divenuto da allora quella figura che provvede alle prime necessità seguendo d’istinto il mio lato femminile protettivo. A questo aggiungo il mio impegno con l’educazione per lo studio delle scienze quando avevi compiuto gli anni per entrare al Liceo. Poi col passare degli anni praticammo matematica, fisica, scienze naturali.

Se devo rimproverarmi ora è per non aver mai provveduto alla tua educazione religiosa e spirituale, ma in quegli anni  di materialismo a oltranza tali impulsi non emergevano dal mio interiore. Ricordo la tua naturale differenziazione dalle proposte materne, che sempre erano persuasive al massimo grado. Realmente, la tua opposizione è stata solo l’inizio per prendere i suggerimenti e le suggestioni familiari, materne e paterne, per quello che sono: suggestioni, indicazioni, e niente più. Quando entriamo nel mondo alla nascita, ci arrivano le più svariate proposte per educarci, condurci, indicarci il cammino. Sono un primo gradino da salire nella nostra camminata. Tocca a noi decidere come seguirle e che farne. Rimane a noi creare le condizioni per salire, eventualmente, altri gradini. O prendere un’altra scala. È l’eterno tema dell’obbedienza e della disobbedienza. Ricorderai il detto che spesso richiamavamo: le bambine buone vanno in Paradiso e le bambine cattive vanno dovunque!

Sei stata studentessa brillante e con senso di responsabilità, nonostante cambi di scuola e di zona. Tua madre ti stimolava con le attività artistiche, il disegno e la pittura, le manualità, il balletto e la danza, cosciente come era di costruire la donna nuova che fosse studiosa e sapesse valersi da sola. Inoltre, cominciasti anche a studiare musica nel Conservatorio di Maracay. Rispondesti bene nello studio delle discipline scientifiche, fino alla scelta di studiare biologia marina. Ricorderai che nacque una storica controversia destinata a durare molto tempo, perchè l’unica figlia se ne andava molto lontano da casa, invece di studiare agronomia vicino casa, e si formarono due fronti, l’uno con me alla testa, più aperto e liberale, l’altro di ferrea opposizione che solo il trascorrere degli anni stemperò. Scoprii in me una liberalità inattesa, ma che alla fine interpretava i tuoi desideri.

Il tale giorno tale ti portai all’aeroporto. Firmai l’autorizzazione dell’INAM perchè eri ancora minorenne e prendesti letteralmente il volo. Dopo la tua partenza la nostra unione familiare in un certo senso si rafforzò, perchè si affermarono le tue naturali aspirazioni a esplorare da sola il cammino. Il rimprovero di Mamà si affievolì rapidamente.

Ricordo anche qualche studio condiviso per telefono e fotocopie sulla dinamica delle maree, l’amministrazione dell’appartamento, l’automobile, le prime avventure amorose. Ricordo il terremoto che fu causa di un mio repentino viaggio notturno per controllare da vicino la situazione. Vivere lontano da noi ti proiettò nella vita adulta, prendesti i suggerimenti familiari come un valido punto di riferimento ma senza rigidità, cercasti sempre di percorrere il cammino per conto tuo. L’arte e la musica passarono a un secondo piano di fronte alle nuove esperienze, rimanendo come un telone di fondo.

La tesi fu il momento culminante della tua formazione, poi prendesti decisioni proprie che ti allontanarono dalla vita universitaria e la ricerca, che era mito e desiderio paterno, e ti avvicinarono all’impiego nel settore affine alla tua laurea.

 

FILOTEO NICOLINI

Immagine: NANCEE CLARK, The River

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