Governo, l’arte del default

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Bianca Di Giovanni
Fonte: huffingtonpost

Banche a picco in Borsa, lo spread chiude a 303. L’economista Onado: “Siamo all’8 ottobre e sulla manovra siamo sempre agli slogan”

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di Guido Iodice su facebook: Spread oltre 300. È iniziato il conto alla rovescia per il default. Tic tac

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di Bianca Di Giovanni – 8 ottobre 2018

Lo spread sale e le banche soffrono. Il sistema del credito si ritrova in prima linea sotto i colpi dei mercati allarmati dalle decisioni di finanza pubblica del governo, e dal conseguente conflitto tra Roma e Bruxelles. In Borsa i titoli dei gruppi, grandi e piccoli, lasciano sul terreno parecchi decimali: Carige perde l’8,47%, Banco Bpm il 6,47, ma vanno a fondo anche i big Unicredit (-3,56%) e Intesa Sanpaolo (-3,26). Con un differenziale tra Btp e Bund tedesco che in una giornata aumenta di 20 punti e supera la soglia psicologica dei 300 punti base (chiude a 303), sarebbe strano il contrario. Per le banche quei numeretti pesano subito sulla raccolta, e quindi sugli utili. “Non siamo ancora al rischio credit crunch, ma se questa situazione dovesse perdurare, tra qualche mese ci arriveremmo”, spiega l’economista Marco Onado. E con una stretta sul credito fare crescita è praticamente impossibile. Sta tutto qui il motivo della preoccupazione degli investitori.

Klaus Regling, direttore del fondo di salvataggio europeo Esm, non nasconde la sua preoccupazione in un’intervista a Bloomberg. Secondo Regling le banche reagiscono immediatamente all’aumento dello spread per il loro legame con il debito sovrano. Il costo di approvvigionamento sale – aggiunge – e dunque è un punto debole e spero che il governo italiano ne tenga conto”.

Non è solo il mercato a mettere a rischio i bilanci bancari. Anche l’intenzione del governo di eliminare le deduzioni fiscali sulle perdite sui crediti ha messo in allarme il settore. “Una scelta molto discutibile – continua Onado – perché per le banche le perdite sui crediti equivalgono ai costi di produzione di un’azienda. Se davvero quegli sconti fiscali fossero cancellati, le nostre banche si introdurrebbe un ulteriore elemento di svantaggio competitivo”. Il fatto è, spiega l’economista, che il sistema del credito italiano si trova oggi in una situazione molto delicata. “E’ una fase di transizione – dichiara Onado – Dopo 10 anni di perdite sugli utili, dovute essenzialmente agli accantonamenti per i crediti diventati inesigibili. Oggi, con molta fatica, la redditività è tornata positiva, ma a un livello ancora troppo basso, appena il 4%, inferiore al costo del capitale”. Significa che le banche non remunerano gli azionisti, non creano ricchezza. Onado parla di “convalescenza” del settore, ma se lo spread aumenta invece di recuperare si torna indietro.

Nonostante gli shock ripetuti, non si può ancora parlare di possibile stretta sul credito. “Ancora presto, ma certo se continua così per qualche mese ci si può arrivare”, continua Onado. A peggiorare la situazione c’è anche il fatto che siamo all’8 ottobre e non abbiamo elementi abbastanza chiari su come sarà la manovra: solo dichiarazioni e slogan. Quanto serve per alimentare l’ansia dei mercati.

Domani parleranno gli esperti (Bankitalia, Istat e Corte dei Conti) davanti al Parlamento, dopo l’intervento del ministro Giovanni Tria. In Bankitalia gli economisti stanno limando l’intervento del governatore. A preoccupare Ignazio Visco è soprattutto la sostenibilità del debito, l’indicatore tenuto sotto controllo dagli investitori. Lo stock di debito accumulato tornerebbe a salire rispetto al Pil se lo spread schizzasse in alto di circa 200 punti. E allora sarebbero guai veri.

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