di Alfredo Morganti- 2 novembre 2017
Eccolo il capro espiatorio delle sconfitte renziane. Ecco chi guasta le vittorie annunciate del PD: gli scissionisti. Sono loro i ‘cattivi’ della più recente e futura narrazione, quelli che impediscono alla sinistra di decollare in Sicilia e altrove. Dinanzi a questo tradimento è pronta la strategia del ‘voto utile’, per il quale si tratta di sostenere chi avrebbe vere possibilità di vittoria, non il ‘partitino del 3%’ partorito solo dal rancore personale di D’Alema e Bersani. Si regge su questi miseri caposaldi la trama della politica piddina verso la sinistra. Narrazione becera, anche abbastanza scombiccherata, ma è l’unica che hanno, l’unica che possano esibire a un elettorato spompato dalle promesse immaginifiche, la retorica a fiumi di Renzi, le improvvisazioni comunicative, i sotterfugi e i patti segreti esibiti con l’orgoglio dei furbastri.
Il PD è terra bruciata, se è ridotto, come è ridotto a chiedere di non votare Fava (come ha fatto Fassino) piuttosto che a sostenere in Sicilia il proprio candidato (proprio e di Alfano e di certi notabili locali). Sembrano quei disperati che, nella evidente disperazione, menano intorno alla cieca, anzi nemmeno alla cieca, perché menano solo a sinistra. Le elezioni siciliane faranno altre macerie, che sperano di aver già medicato in anticipo, contrattando internamente delle ‘aperture’ a sinistra (finte come soldi falsi). Che fossero un bluff lo si è visto chiedendo di mostrare le carte. Lo ha fatto Speranza, dicendo: ok, se volete l’unità mostrate davvero di volerla, rompendo con le politiche passate. Macché. Silenzio di tomba, anzi, boriosa riconferma del già fatto: jobs act, buona scuola, pessima legge elettorale, ecc. La politica e le ‘aperture’ vanno bene solo per la stampa, per l’elettorato che ci crede, per la sinistra interna a cui basta un po’ di ‘ammuina’ evidentemente, e per chi a sinistra un po’ le teme le aperture, ma un po’ se le augura per ragioni di bottega.
No, il futuro è un altro. È un processo costituente verso il partito nuovo del lavoro, che renderebbe giustizia di tante discussioni ancor’oggi campate in aria. È un PD in declino che libera elettorato di centrosinistra verso non si sa dove. È una destra forte, e pronta a ricompattarsi per fini elettorali, ma non è chiaro se anche per fini politici. Sono future larghe (anzi strettissime) intese tra quel che resta del PD, FI, gli spezzoni più ‘responsabili’ della Lega, più i soliti trasformisti e opportunisti che non mancano mai quando si tratta di dar da mangiare a una qualche famiglia. È solo Basso Impero, un’epoca di congiure, interessi personali anteposti a quelli dello Stato, trame personali, pastette, rovine culturali e morali.
Oggi la sinistra non ha bisogno di un generico ‘popolo’, unificato magari solo per via ideologica o emotiva, ma di cittadini consapevoli, soggetti sociali, persone in carne e ossa che guardino alla sinistra (a quel che sarà la sinistra domani, a quel che è già oggi) con fiducia e partecipazione ai programmi e agli obiettivi che verranno proposti. Il resto (le assemblee nei Teatri fatte valere come movimento reale, i troppi distinguo, i personalismi, le gelosie organizzative, il passato che viene fatto riemergere ogni volta come un martello, l’idea che una lista si possa improvvisare senza tracciare una prospettiva decisa, il rispetto personale ridotto a un cencio, la politica interpretata staticamente come diffidente chiusura e non come movimento), il resto dicevo è solo zavorra di cui liberarsi al più presto, sennò “anche per oggi non si vola”, come diceva molti anni or sono il grande Giorgio Gaber.