di Alfredo Morganti – 5 dicembre 2015
Secondo Massimiliano Panarari (politologo e docente alla Bocconi) Sala sarebbe, per Milano, il prototipo perfetto del partito della nazione. Rappresenterebbe un blocco sociale più omogeneo di quello di Pisapia, con caratteristiche neocentriste e modernizzatrici, e un’immagine fondata sull’efficienza e sull’amministrazione. Una direzione di marcia da cui sarebbe esclusa la città più periferica, fatta di emarginazione e disagio sociale, chiosa Panarari: “È un tipico modello blairiano, che riguarda solo gli inclusi nei processi di globalizzazione”. Ecco la cifra esatta del partito della nazione, dunque. Ci dilunghiamo spesso a definire le caratteristiche probabili di questo partito (neocentrismo, tecnocrazia, neutralizzazione della politica) e poi questa reminescenza blairiana fa giustizia di tante ipotesi: il partito degli inclusi.
Ritorna alla mente il tavolo della coesione sociale, di cui parlavamo giorni or sono. Da una parte gli inclusi, dall’altra gli esclusi, quelli che siedono dalla parte sbagliata, ma che possono sottoscrivere un patto che, mediante la solidarietà, il welfare, una tassazione progressiva, interventi di ridistribuzione, politiche del lavoro, investimenti pubblici e privati, tutele, politiche dei diritti possano aspirare a sopravvivere alle ventate impetuose della globalizzazione e alla spavalderia dei vincenti. Ma qui è diverso, con il partito della nazione le periferie restano fuori, gli esclusi restano esclusi, al più si attaccano al tram guidato da chi invece sta in corsa, da quelli che la fiducia ce l’hanno, e già hanno ricominciato a consumare, e per i quali forse la crisi non è nemmeno iniziata, o è stata persino un’opportunità.
Non voglio tornare sul rapporto benessere equo e solidale dell’Istat (BES), ma là i numeri delle disuguaglianze che crescono insieme alla ‘fiducia’ ci sono tutti, nero su bianco. Io dico che questo mondo, il mondo detenuto dai vincenti e spartito in massima parte tra loro, riproduce incessantemente le vecchie ingiustizie e i soliti ruoli. E quando alla sinistra è stato concesso di governare è perché questa riproduzione l’ha messa nel conto e nei propri programmi, magari pensando di ‘governare’ il processo, di curvarlo a proprio piacimento. E non fu così. Si sappia che qui c’è poco da governare e molto da trasformare. Chi ha coraggio si faccia avanti, chi non ne ha aspetti l’arrivo di Godot in santa pace. Tranquilli.