Gli errori del Premier

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Claudio Tito
Fonte: La Repubblica
Url fonte: http://giacomosalerno.com/2015/01/07/gli-errori-del-premier-claudio-tito/

di Claudio Tito – La Repubblica del 7 gennaio 2015

Il problema non sono i dubbi o i sospetti. La vera questione sono gli interrogativi senza risposta che alimentano quei dubbi e quei sospetti. Le forme con cui il decreto fiscale è stato approvato e il suo contenuto stanno lasciando sul terreno troppe domande inevase. Troppe le eccezioni e troppe le opacità. A cominciare da quella soglia del tre per cento che — se confermata — di fatto concederebbe a Silvio Berlusconi di aggirare la legge Severino e tornare alla politica attiva.

Anche ieri il presidente del Consiglio ha fatto poco per diradare le nubi. Da quattro giorni non si riesce a capire chi ha deciso di inserire quella norma e chi l’ha concretamente scritta. Un classico balletto dello scaricabarile che soprattutto tra sabato e domenica ha reso la vicenda ancor più nebulosa. Ma in politica l’assenza di chiarezza si paga, sempre. Più l’incertezza viene mantenuta nel tempo più le domande crescono. E quasi sempre il consenso scende. Anche per questo l’annuncio di rinviare al 20 febbraio l’approvazione finale del testo non può che suscitare ulteriori perplessità.

È inutile girarci attorno. La vera domanda cui Renzi deve rispondere — non solo perché la pongono i giornali, ma perché se lo chiedono anche gli elettori del suo partito — è se l’articolo 19 bis sia stato studiato in quei termini per fare un favore a Berlusconi. Allontanando il momento della scelta, questa domanda sarà la spada di Damocle dell’intera trattativa prima sulla legge elettorale all’esame del Senato e poi — in modo particolare — sul Quirinale. L’impressione offerta è quella di voler creare un inevitabile nesso tra il “Salva-Silvio” e il nuovo capo dello Stato. Come se il leader di Forza Italia venisse chiamato ad accettare il candidato proposto da Palazzo Chigi in cambio di quel codicillo.

Il premier anche ieri ha ripetuto che non è quella la ratio della legge. Bene. E allora perché non definire subito la questione? Sarebbe il modo più semplice per rendere il caso di un’evidenza palmare. Il sospetto di un accordo sottobanco, invece, rischia di condizionare la corsa al Colle, di indispettire l’opinione pubblica e irritare molti dei suoi parlamentari ingrossando la pattuglia dei franchi tiratori.

Anche il ribadire che la pena inflitta all’ex Cavaliere sarà scontata fino alla fine lascia un ampio margine di ambiguità. La pena, infatti, come è noto, sarà esaurita tra pochissimo, a metà febbraio. Anche per l’interdizione dai pubblici uffici non si dovrà attendere le calende greche: terminerà alla fine di quest’anno. Resta in ballo la legge Severino che esclude Berlusconi dagli incarichi pubblici per altri quattro anni. Il leader di Forza Italia sconterà per intero anche questa sanzione? È di sicuro comprensibile sostenere che se si considera giusto e corretto l’impianto di un provvedimento, non conta chi viene danneggiato e chi viene premiato. Ma allora lo si dica. E non si lasci appeso quell’articolo al filo della presidenza della Repubblica. Come se fosse il premio finale per chi si comporta bene. Perché allora il sospetto di un baratto diventerà il vero oggetto della discussione e non la selezione della figura più adatta per il dopo-Napolitano.

Ed è anche corretto richiamare l’attenzione sulla necessità di non varare provvedimenti a favore o contro qualcuno. Ma non si può ignorare che negli ultimi venti anni questo è stato il Paese delle leggi ad personam. Le “concessioni” legislative a Berlusconi sono stato forse il tratto saliente della politica italiana a partire dagli anni Novanta. Dalla legge Mammì in poi. La percezione — anche solo la percezione — di un ennesimo favore non può passare inosservato. Soprattutto se quella sensazione è favorita dai modi e dalle forme con cui ha preso corpo quel famigerato articolo 19 bis. Una formulazione prima attribuita al ministero dell’Economia, poi a Palazzo Chigi. Prima una norma non discussa da tutti i membri del governo, poi valutata dal Consiglio dei ministri. Una riunione, peraltro, che si è tenuta il 24 dicembre quando i giornali sono chiusi.

Naturalmente non si può escludere che si tratti solo di un incidente di percorso o di una svista. Ma allora sarebbe ancora più semplice esporre tutto alla luce del sole. E non procrastinarlo di un mese e mezzo. I sospetti e i dubbi, quando non vengono sciolti, diventano una debolezza. Soprattutto ai tempi della politica

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