Fonte: Corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/editoriali/15_giugno_02/gli-alleati-che-servono-un-leader-5d9c7a5a-08e7-11e5-8a3c-2c409b81767d.shtml
Anche dopo le Regionali, Renzi resta il dominus della politica italiana. Non era scontato. Nella notte elettorale è stato a soli sessantacinquemila voti dalla sconfitta. È la distanza che separa in Campania De Luca da Caldoro. Avesse perso anche a Napoli, oltre che a Genova e in Veneto, oggi racconteremmo un’altra storia. Forse adesso è più chiaro perché il premier ha sfidato la logica e la legge per sostenere il candidato-condannato: in realtà era lui ad aver bisogno di De Luca.
Così la partita è finita con un pareggio, una Regione persa e una presa, tutto sommato non male per uno che governa da un anno e mezzo. Renzi era abituato a levitare nei sondaggi come il guru del film di Sorrentino. Il voto di domenica lo ha riportato con i piedi per terra, ma senza farlo sbattere.
È scomparso invece nelle urne il Partito della Nazione, come era stato definito il Pd renziano, che un anno fa alle Europee prendeva il 40% e che ambiva a ereditare i voti berlusconiani in libera uscita. È stato sostituito dal solito Pd, fatto di baronie locali al Sud e di stagionati mandarini nelle regioni rosse. P iù ancora che in Liguria, il progetto di sfondamento al centro esce sconfitto dal Veneto, dove il Pd torna all’irrilevanza dei tempi diessini, schiacciato dalla Lega e mangiucchiato dai centristi di Tosi. E lì non si può neanche dare la colpa alla minoranza interna. Se si fosse già chiusa la finestra di opportunità apertasi appena un anno fa nella Valle Padana, cuore politico e sociale del moderatismo italiano, il nuovo partito di Renzi sarebbe già vecchio.
Tutto ciò chiama in causa il problema delle alleanze, politiche e sociali. Il percorso di riforme avviato dal governo deve proseguire, non è certo meno necessario. Ma per riprendere il passo, forse il premier dovrà rinunciare a qualche tifoso per cominciare a farsi qualche alleato. La solitudine del leader è una condizione quasi inevitabile, ma il riformismo dall’alto è un errore già visto. La ricerca spesso deliberata dello scontro con i corpi intermedi non ha dato stavolta i frutti sperati. Così si rischia di pagare il prezzo più alto proprio quando si ha più ragione, come sulla scuola.
Paradossalmente Renzi potrebbe essere aiutato in questa maturazione da un altro effetto del voto regionale. Il secondo posto, il ruolo cioè di potenziale sfidante al ballottaggio dell’ Italicum , non è andato ai Cinque Stelle, nonostante l’ottimo risultato, ma a un centrodestra che nessuno sa esattamente cosa sia e da chi possa essere guidato, ma tutti hanno capito che esiste e che quando è unito, anche alla bell’e meglio, è ancora in grado di vincere, come in Liguria. Per il premier è una buona notizia, può aiutarlo a evitare peccati di orgoglio. Un’opposizione competitiva fa bene ai governi. Sta a Renzi sfruttare al meglio il tempo, non breve, che ci vorrà prima che diventi una reale alternativa.