Fonte: Il Foglio
Giuliano Ferrara: Il mio voto al Pd. No Meloni. No Salvini. No Berlusconi.
Dichiarazione di voto, visto che si vota. No Meloni. No Salvini. No Berlusconi. Voto Pd, perché il grigiore dell’ultimo partito costituzionale, in attesa di una leadership e di un vero programma politico e di interessi sociali, è civilmente da preferire a ogni altra scelta. Lo voto anche se mi trovo l’ex gilet giallo Giggino Di Maio nel collegio uninominale, non sono schifiltoso, non me lo posso permettere. L’agenda Draghi, in bocca al medesimo e nelle sue mani di governo, con gli old boy e gli undici ministri del Bisconte, è una figata pazzesca, infatti qui facevamo da battistrada al whatever it takes molto prima di quando le cheerleader del draghismo frou frou sbandieravano nei vicoli; l’agenda Draghi, esibita come un blasone di liberalismo in mano a professori di politica minoritaria, a puristi della concorrenza, centristi e riformisti immoderati e megalomani, è una boiata pazzesca. L’insediamento di Meloni non è da considerarsi inevitabile, ma diverrebbe una incoronazione per la fine di tutte le Repubbliche sin qui conosciute, al suono della marcetta reale d’antan, se la destra fosse contrastata dal trattamento idolatrico di inceneritori, rigassificatori, ombrelloni liberi e diritto al taxi uberizzato e magari alla canna, con Lapo Elkann alla guida del “campo lapo”, la congrega dei ricchi infelici dell’elitismo che castiga i poveri ma belli del populismo, con Linkiesta stile Monocle al posto della Pravda stile Foglio.