Gianni Cuperlo su Barbero e Alessandro Barbero su Marc Bloch

per mafalda conti
Gianni Cuperlo su Barbero e Alessandro Barbero su Marc Bloch
di Gianni Cuperlo
Nelle scorse giornate lo storico Alessandro Barbero è stato al centro di numerose polemiche dopo alcune sue affermazioni su “differenze strutturali” tra donne e uomini destinate a pesare nei percorsi lavorativi e professionali.
Ho letto opinioni diverse. La mia per quanto conta è che abbia sbagliato così come non sono d’accordo sulle posizioni che ha espresso circa il Green pass, ma questo conta poco.
Siccome credo sia uno storico e un divulgatore bravissimo, stasera mi va di ricordare (malamente e a memoria) il suo modo di descrivere la parabola umana e culturale di un gigante degli studi storici come Marc Bloch.
Prendetelo come la mia maniera di distinguere in ciascuno tra gli aspetti che si condividono e si ammirano e quelli che ci lasciano perplessi e persino interdetti.
Buona serata e un abbraccio
Marc Bloch era un ebreo alsaziano.
Alsazia e Lorena erano state francesi fino al 1870 quando con la guerra Franco-Prussiana, Bismarck sconfigge Napoleone III.
Finisce l’impero francese, nasce quello tedesco (il secondo Reich) e gli abitanti di Alsazia e Lorena possono scegliere se restare sotto dominio tedesco o andare in Francia.
I Bloch optano per la cittadinanza francese e francese Bloch si sentirà sempre.
Nel 1914 cambia la sua vita. Viene mobilitato e finirà la guerra da capitano.
Era un eccellente ufficiale.
Ferito due volte, malato di tifo trascorre cinque mesi in ospedale, colpito da una artrite reumatica alle mani non ne guarirà mai.
Dalla guerra ha imparato che della memoria non bisogna fidarsi, è fragile, prova a ricordarsi il primo giorno di combattimento e capisce che sono immagini discontinue con grossi buchi e qualche immagina invertita.
Capisce da giovane storico quanto sia fragile quel solo ancoraggio alla memoria e si trova di fronte al problema degli storici e dei magistrati (che fanno lo stesso lavoro: ricostruire i fatti tramite la memoria e le testimonianze) ma scopre che della testimonianza non ti puoi fidare.
Da storico indaga come un giudice istruttore: sa che deve vagliare i fatti e le testimonianze. Nasce così il libro “La guerra e le false notizie”.
Si chiede come nascono quelle false credenze: sono meccanismi psicologici del singolo individuo e delle masse, ma come si estendono?
Si apre un nuovo versante della ricerca storica. Come si evolve il pensiero: dei soldati, dei contadini, degli operai. È il sentiero per un nuovo corso della storia.
Passo successivo è il libro “I re taumaturghi”: la storia di una credenza collettiva. Per secoli nel medioevo e fino all’età moderna i francesi hanno creduto che i re toccando il malato potessero sanarlo.
Fino a Bloch erano superstizioni popolari, lui si chiede perché nasceva quella credenza, come si formava nella testa della gente.
Dalla guerra ha imparato a comunicare col popolo e a capire come ragiona e cercherà sempre di colmare la distanza tra lui e le persone più semplici.
Era cosciente di essere un privilegiato, ma intrigato da chi capiva il mondo senza avere studiato.
Si chiedeva il perché della forma dei campi, o del modo di potare le viti in Provenza o Borgogna, perché quel tipo di aratro….domande nuove che pone per la prima volta.
Nel ‘29 esce il primo numero della rivista Annales. Idea di una rivista nuova e dove si parla di lavoro, prezzi, salari, tutte cose che prima non interessavano a nessuno nell’ambito della ricerca storica.
Ecco la scelta di far cadere le frontiere con le altre scienze sociali: per essere uno storico devi incrociare l’economia e sapere di salari e moneta; ma devi essere anche sociologo e conoscere i comportamenti dei diversi gruppi sociali; e antropologo e indagare le credenze e i riti. Insomma fa cadere le barriere tra le discipline.
Lui cerca nuove cose fino ad allora mai studiate.
Si occupa di alimentazione, della marmellata fatta in casa come rito borghese (anni trenta) ma marmellata, scrive, “vuol dire zucchero” e però nel ‘35 lo zucchero costa poco, lui pensa che prima costava molto e solo con la barbabietola che non viene più dai Caraibi si poteva fare. Da Luigi XIV passa alla marmellata, non era scontato, era geniale.
Amava il cinema in controtendenza.
Amava l’aspetto sociale del cinema con gli operai che riempiono quelle sale mentre i borghesi vanno a teatro.
Ha rivoluzionato gli studi storici, entrerà nella Resistenza e morirà fucilato dai nazisti a Lione nel 1944.
Fine (più o meno) di quanto ricordo della lezione di Barbero.
Ma perché ricordarlo con un post qui sopra?
Scusate se lo chiedo io a voi: ma se vi guardate per un attimo attorno, ditemi, perché no?
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