Gianni Cuperlo: “Siamo alle strette, domenica ci recheremo alle urne e secondo molti i giochi sarebbero oramai fatti”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Ieri a Piazza del Popolo la destra ha detto cosa farebbe davvero: “cambieremo la Costituzione anche da soli”.
Bon, se domenica uscirete di casa per andare al seggio qualunque idea abbiate del “prima” pensate al “dopo”. (Gianni Cuperlo)
Più o meno siamo alle strette, si avvicina la domenica delle urne e secondo molti i giochi sarebbero oramai fatti.
Gli ultimi sondaggi resi pubblici (insisto nel dire dell’ipocrisia di questa norma dal momento che sondaggi aggiornati circolano liberamente sulle chat di giornalisti, partiti e analisti finanziari, gli unici tenuti consapevolmente all’oscuro sono i cittadini che tra qualche giorno andranno a deporre la scheda!) dicevo che gli ultimi sondaggi resi pubblici accreditavano un vantaggio della destra e l’avvio di un recupero da parte delle forze che alla destra si oppongono a partire dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle.
Personalmente credo, spero, lavoro, affinché quel recupero si concretizzi in una percentuale di consensi tale da impedire a quella destra di governare, ma soprattutto tale da consentire che possa nascere un governo nei suoi valori e principi di ispirazione alternativo alla cultura di chi qualche giorno fa ha votato contro una risoluzione del parlamento europeo di censura per un paese e un governo, quello ungherese, definito espressamente una “autocrazia elettorale”.
La traduzione significa un paese dove i principi fondanti dello Stato di diritto e della tutela delle libertà costituzionali (la libertà di informazione, nell’autonomia della ricerca e nell’indipendenza della magistratura) vengono sistematicamente violate nonostante periodicamente si riaffermi per via elettorale la “sovranità“ del popolo votante.
Sento ripetere (ancora ieri sera in uno dei tanti talk televisivi) che gli italiani di tutto questo non si interessano perché l’unica preoccupazione che hanno riguarda il costo della luce e le bollette e non dubito che l’angoscia principale sia all’inizio di quest’autunno per bisogni materiali che rischiano di vivere una nuova stagione drammatica.
Ma dico anche che su ciascuno di questi temi le risposte che gli schieramenti in campo e le singole forze avanzano sono profondamente diverse, e che se rilanci la flat tax sul fisco con un’aliquota al 15 per cento, o fosse pure il 23, il risultato sarebbe una riduzione drastica del gettito fiscale e un taglio inesorabile dei servizi pubblici, dalla sanità alla scuola all’assistenza.
E allora penso che in questa campagna elettorale, soprattutto negli ultimi giorni, raccontare l’idea del paese che ciascuno coltiva per il dopo possa fare la differenza e parlare anche a quella quota di indecisi che secondo tutte le statistiche tendono a decidere se uscire di casa e andare al seggio a ridosso della mattinata di domenica prossima.
Sto facendo la campagna elettorale, giorno dopo giorno, incontro persone che esprimono critiche nei confronti di scelte che abbiamo compiuto in questi anni e di errori che abbiamo commesso: dinanzi a questo sentimento non serve scrollare le spalle e dire che non è così, conviene ragionare e indicare la prospettiva di un’alternativa possibile anche rispetto a quei limiti e a quegli errori sapendo che un governo della destra ci porterebbe inevitabilmente a deviare dei binari della tradizione migliore della democrazia di questo paese.
Io dico, facciamolo fino in fondo, fino all’ultimo minuto utile e proviamo a ribaltare una previsione che (me ne assumo la responsabilità) i sondaggi in circolazione cominciano a mettere in dubbio, l’idea di una destra che ha già vinto.
Credetemi, non è così, è molto dipende come sempre da ciascuno di noi.
Oggi pomeriggio ancora a Milano per una bella iniziativa con la presenza del sindaco Beppe Sala è un messaggio di Enrico Letta. Poi il rettilineo finale è la convinzione che possa accadere quello che in tanti e tante continuiamo a sperare.
Un abbraccio

Cuperlo: “Le priorità? Riduzione del cuneo fiscale e parità di genere”

Intervista di Pietro Maria Sabella su Freak

“Uguaglianza, libertà, laicità”: valori su cui affonda la tradizione culturale del Partito Democratico. Parla a The Freak Gianni Cuperlo, politico ed intellettuale raffinato e lucido, già deputato del PD, da sempre fra i massimi esponenti del partito. In queste elezioni concorre al collegio plurinominale di Milano. Di recente ha pubblicato Rinascimento Europeo, un viaggio che parte dalle radici della nostra storia e traccia un percorso per un’europa di eguaglianza, libertà e diritti.

Una domanda è quasi d’obbligo: come siamo arrivati a queste elezioni autunnali, quasi uniche nella storia repubblicana?

“Non quasi, ma assolutamente uniche. In Italia si è votato una volta sola in autunno, precisamente a novembre, ed erano le elezioni politiche del 1919. Vinsero i socialisti anche se il triennio successivo spinse il paese verso la deriva che condusse alla tragedia del fascismo e della guerra.

Questa volta siamo arrivati a un voto imprevisto nei tempi, la causa è nelle scelte che hanno portato prima il Movimento 5 Stelle stelle e poi Forza Italia e la Lega a negare la fiducia a Draghi in uno dei passaggi più complicati e difficili, nel pieno di una guerra che si combatte nel cuore del continente e a fronte delle difficoltà che la crisi del gas sta determinando sulla vita di famiglie e imprese.

Quel governo era frutto di una mediazione tra forze politiche portatrici di valori diversi, ma stava lavorando nel senso di dare gambe a quella stessa agenda sociale che Conte rivendicava, dal salario minimo a una mensilità in più nelle buste paga dei lavoratori. Averlo fatto cadere è stato un errore grave. A quel punto la campagna elettorale e il voto anticipato erano inevitabili anche se il nostro giudizio sull’errore compiuto rimane oggi lo stesso del 20 luglio”.

In queste elezioni, forse ancora di più che nelle precedenti, la campagna elettorale sembra orientata ed orientarsi quasi esclusivamente sui leader di partito e sugli slogan: “credo”, “pronti”, “scegli” etc. È la comunicazione che ha imposto questa semplificazione o è la politica ad avere perso capacita di analisi?

“Penso che la comunicazione sia sempre stata un fattore rilevante nelle competizioni, nel lontano 1956, se ricordo bene, lo slogan elettorale del presidente americano Eisenhower era un gioco di parole sul suo diminutivo (I like Ike), da allora molta acqua è passata sotto i ponti e le campagne mediatiche, il ruolo dell’immagine comunicata, da ultimo l’impatto dei social hanno assunto un peso via via più rilevante. Detto ciò continuo a credere che al fondo le scelte della politica debbano rispondere a una domanda di trasparenza sui programmi e sull’idea di paese che si mette in campo.

Da questo punto di vista il programma del Partito Democratico ha provato a declinare i grandi temi del presente, dal ruolo dello Stato e del welfare ai rapporti con l’Europa, sino ai capitoli del lavoro e della transizione ambientale, della formazione e di un rilancio strategico della sanità pubblica. Ne è uscita un’idea dell’Italia che vogliamo e che immaginiamo ed è un’idea radicalmente alternativa a quella della destra”.

A inizio della campagna elettorale, sembrava tutto già quasi segnato, nonostante un buon governo Draghi, appoggiato anche dal PD, appariva certa la vittoria di Fratelli di’Italia. Come un partito che ha comunque contribuito a predisporre misure per il paese, ora nella sanità, ora nell’economia, sembra non sfruttare questo vantaggio contro un’alternativa politica senza esperienze di governo?

“Per la verità pure qui mi sento di contestare la premessa, non è affatto vero che i principali esponenti di Fratelli d’Italia siano una novità sulla scena del governo di questo paese. Giorgia Meloni, Guido Crosetto, Ignazio La Russa, da ultimo la new entry Giulio Tremonti, hanno ricoperto nel corso degli anni incarichi di primissimo piano nel governo del paese.

In particolare Tremonti e Giorgia Meloni erano ministri in carica nell’ultimo governo del centrodestra, dal 2008 al 2011, quel governo si è dimesso sotto l’onta di un discredito internazionale del nostro paese e con un bilancio del tutto fallimentare.

Noi abbiamo fatto e stiamo facendo la campagna elettorale sul merito dei nostri programmi, delle soluzioni che indichiamo per il paese e che sono, insisto, alternative alla destra. Loro propongono per l’ennesima volta una flat tax che ridurrebbe di almeno un terzo il gettito fiscale complessivo col taglio inevitabile della spesa pubblica nei settori della sanità, della scuola, dell’assistenza.

Noi siamo per un’idea di fisco progressivo dove chi ha di più contribuisce di più. È sbagliato dire che siamo tutti uguali, ed è ancora più sbagliato dire che questa destra non si è mai misurato sinora con la sfida del governo”.

Da queste elezioni, realmente cosa dipende, secondo lei? Davvero il ritorno al fascismo o l’uscita dalla Nato?

“Francamente né l’una cosa né l’altra, ma se possibile qualcosa di più inquietante. L’idea che l’Italia per la prima volta dopo decenni veda messa in discussione la sua appartenenza internazionale, il sistema di alleanze che ha storicamente ancorato il nostro paese a un quadro di nazioni fondatrici dell’Unione Europea e che fanno dei principi della civiltà di questo nostro continente, libertà costituzionali, stato di diritto e rispetto dell’autonomia e della dignità nella vita delle persone il profilo identitario dell’Europa che abbiamo in mente.

C’è una destra che invece vorrebbe far deragliare questo percorso verso modelli sociali, economici e politici, penso all’Ungheria di Orbán, che non appartengono alla nostra storia, alla nostra cultura e che credo non devono appartenere al nostro futuro”.

E la Russia? Qual è il peso di questa guerra e della politica di infiltrazione russa sull’esito di questa campagna elettorale?

“Da tempo Mosca tenta di condizionare il risultato elettorale in diversi paesi e democrazie occidentali, questo è un tema aperto che va affrontato attraverso gli strumenti dell’indagine giudiziaria in alcuni casi e con l’attività dell’intelligence e della politica in altri. Non ne faccio una questione di denuncia di singoli episodi sui quali pure sono aperte inchieste della magistratura.

Faccio semplicemente notare che nel 2017 il partito di Matteo Salvini ha sottoscritto un patto di collaborazione programmatica con “Russia Unita“, il partito del presidente Putin e sino a oggi non risulta che quell’accordo, anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina, sia stato disdetto o che il leader leghista abbia espresso un giudizio diverso sulla Russia con la quale aveva voluto stringere quel genere di collaborazione”.

Entrando nel merito del programma del PD, credo che le priorità siano lavoro, scuola, ambiente e sanità. Su questi temi quali sono le proposte del PD e quelle che sostieni lei come candidato?

“Ridurre il costo del lavoro attraverso l’intervento strutturale sul cuneo fiscale, le buste-paga dei lavoratori devono essere più pesanti in una stagione segnata da un’inflazione che non conoscevamo più da alcuni decenni. Bisogna colmare il gap salariale tra uomini e donne e regolare in modo radicalmente diverso gli stage gratuiti, abolendoli, e inserendoli in un percorso formativo. Bisogna arrivare a una defiscalizzazione degli investimenti nel lavoro giovanile sotto i 35 anni di età.

Per quanto riguarda la scuola la proposta è di elevare l’obbligo dai tre ai diciott’anni creando investimenti ad hoc su asili nido, qui sfruttando al meglio i fondi del Pnrr anche in materia di attrezzature tecnologiche per le scuole. Sulla sanità pubblica dopo il Covid la strada è ricostruire il tessuto di una medicina territoriale e di prossimità: nessuno deve più ritrovarsi solo nel momento più difficile, quello della malattia e della sofferenza. I

Infine sulla transizione ambientale oltre a lavorare per un price cup europeo sul prezzo del gas e per disaccoppiare il costo dell’energia da fonti rinnovabili dal gas, bisogna mettere in sicurezza un territorio che per il 40 per cento è a rischio sismico e per un altro 15 per cento a grave rischio di dissesto idrogeologico. La tragedia delle Marche da ultimo ci dice che su questo fronte il tempo per agire è definitivamente scaduto”.

Diritti acquisiti, come aborto e unione civile sembrano di nuovo sotto un martello, quanto di questo è propaganda e quanto invece può essere un pericolo reale?

“Basta ascoltare le parole della destra per capire che la volontà è colpire quei diritti acquisiti facendo regredire il livello di civiltà e inclusione di un paese che si mostra molto più avanti della sua classe politica. Sull’aborto in particolare la posizione espressa da Giorgia Meloni (garantire alle donne il diritto di non abortire) si concretizza in un disegno di sabotaggio nell’applicazione della legge 194 già ampiamente in atto nelle regioni governate da loro.

Queste elezioni hanno riportato in auge la necessità di tornare alle “identità” di partito, ad una contrapposizione fra destra e sinistra. Entrambi i due maggiori candidati, Letta e Meloni hanno in qualche modo attirato su di sé le attenzioni. Per quanto riguarda il PD, secondo lei, questa è una causa o una conseguenza del mancato accordo con Calenda e con il Movimento 5 Stelle?

“No, penso sia la necessità di ricostruire un’identità solida e riconoscibile delle culture politiche. La nostra è ancorata senza ambiguità ai principi della Costituzione repubblicana e a quei valori di uguaglianza, libertà, laicità che affondano nella storia migliore dell’Europa illuminista e liberale”.

Un’ultima domanda: le ultime generazioni sono state quasi abituate a vivere in contrapposizione studio e lavoro, ora per la mancanza di quest’ultimo, ora perché la scuola è forse rimasta fuori da seri processi di innovazione interna. Cosa propone in merito per il prossimo futuro?

“Ho detto del bisogno di investire in una formazione che sempre più dovrà essere permanente e scortare le persone lungo l’intero arco della vita. Il tema della flessibilità nel lavoro esiste e non lo si può rimuovere ma non deve tradursi, come sinora è stato, in una precarizzazione delle vite per intere generazioni. Su questo snodo si deciderà della credibilità e del futuro della sinistra. Dobbiamo impegnarci a farlo anche archiviando scelte errate del passato”.

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