Fonte: Libero.it
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di Giampaolo Pansa – 15 dicembre 2014
Avete mai visto un partito politico uccidersi? Si uccidono gli elefanti quando si sentono troppo vecchi e vanno da soli al cimitero. Si ammazzano i delfini che vammo a gettarsi su una spiaggia e lì tirano le cuoia. Si tolgono la vita i kamikaze per fanatismo patriottico oppure omicida. Ma un partito che voglia suicidarsi è un fatto più unico che raro. Eppure in Italia sta accadendo. Il Partito democratico ha scelto di ammazzarsi, nel modo più orrendo e spettacolare. Ossia davanti agli occhi di qualche milione di italiani ignari che la loro parrocchia rossa, per tanti anni un pilastro del nostro sistema istituzionale, ha stabilito di morire. E mostra ai suoi elettori le budella squarciate.
L’Operazione Karakiri è stata studiata in modo scientifico. A cominciare dal gruppo dirigente, un nucleo d’acciaio sopravvissuto a tante crisi, ma oggi determinato a scendere nella tomba. Volete qualche nome? D’Alema ha smesso di coltivare idee e si affanna a produrre vino, uccidendo quel poco di credito rimastogli. Veltroni si è ritirato troppo presto dall’agone politico ed è un baby pensionato in preda al terrore per Mafia capitale. Bersani è soltanto il sopravvissuto della vecchia Ditta Rossa, un relitto del tempo che fu. Fassino si è confinato alla presidenza dei sindaci italiani, l’etnia più sfigata del paese. Chiamparino sta attaccato all’osso della Regione Piemonte e affoga negli scontrini fiscali dei consiglieri.
La Bindi è l’ombra della sceriffa di un tempo e s’illude di combattere Cosa Nostra con una commissione del tutto inutile. Marino, il sindaco di Roma, distrutto dal caos infernale che tracima dai giornali, medita di gettarsi nel Tevere in bicicletta. La Finocchiaro, pur sempre bella e altera, spera di succedere a Napolitano, ma dovrà limitarsi a fare la spesa senza la scorta di polizia. Rossi, il governatore toscano, è entrato nel mirino del premier e prova sulla propria pelle i metodi autoritari che ha sempre usato con gli altri. Burlando, il governatore della Liguria, è scomparso sotto le alluvioni. L’unico giovanotto della compagnia, il povero Orfini, incaricato di ripulire il Pd romano, è costretto a scavare nel fango con il cucchiaino.
Se il vecchio gruppo dirigente è morto, non s’intravede quello nuovo. Infatti non esiste, nel senso che c’è un unico uomo al comando: il Super Renzi, onnipresente e onniparlante. Attorno a lui soltanto il vuoto. Le donne renziane sono fantasmi, costrette a recitare le battute scritte dal premier. Giovani e splendenti, risultano troppo pudiche per imitare l’altro Matteo, il leghista Salvini, che si fa fotografare nudo. Prima o poi anche i settimanali di gossip si stancheranno di occuparsene. La Madia è botticelliana? La Boschi è davvero tutta curve? La Moretti va dall’estetista un giorno sì e l’altro pure? Enigmi che presto non ecciteranno più nessuno.
Anche il reparto maschile del cerchio magico renziano si sta consumando come una candela autarchica. Il ministro Padoan, smentendo i critici che lo descrivevano arrogante e iper sicuro di se stesso, non parla quasi più. Il ministro Poletti, già patrono delle coop rosse, il volto del putto ingrigito e con la parrucca, dopo la sciagurata fotografia viene scambiato per lo zio ingenuo del Cecato, il Carminati, reduce dei Nuclei armati rivoluzionari. Persino i sottosegretari fanno cilecca. Lo dimostra il caso dell’incauto Faraone, addetto nientemeno che all’Istruzione. Dopo aver elogiato le occupazioni delle scuole, non comparirà più tutti i giorni alla tivù, con sollievo del popolo democrat.
È un nuovo gruppo dirigente questo? Ma non diciamo eresie, per favore! E dal momento che la vicesegretaria del Pd è niente meno la Serracchiani, con quella faccia da Petronilla sovrappeso, anche l’ultimo militante del Pd vorrà diventare il vice della vice. Ma ci sono ancora i militanti democratici? Penso di sì, però il difficile è scovarli. È la domanda che tutti si fanno dopo la notizia sconvolgente arrivata da Bettola, comune piacentino, patria del Bersani. Qui si è registrato il record assoluto delle astensioni nel voto per le regionali in Emilia. Colpa del capo della vecchia ditta o un segnale ultraterreno per certificare che il Pd ha deciso di sparire?
Altri segnali di cattivo augurio vengono da quanto accade nel retroterra sociale dei democratici. Il più inquietante è l’imperialismo della Cgil. Neppure al tempo del duello tra D’Alema e Cofferati si era visto il gelido distacco di oggi. È la novità sconvolgente di questo 2014. Nei confronti di un governo che si dichiara di sinistra ed è guidato dal segretario del Pd, il sindacato rosso ha una sola strategia: farlo cadere.
La compagna Camusso smania dalla voglia di mandare al tappeto Renzi. Se non fosse una signora, si potrebbe dire che l’eccitazione di arrivare a una resa dei conti non le fa trattenere la pipì. La leader di corso d’Italia non spiega che cosa vorrebbe dopo la caduta del Bamboccione. Forse un governo espressione integrale della Cgil, con un ministero nuovo di zecca: quello dei Pensionati, affidato alla compagna Cantone, segretaria dello Spi, la categoria più forte e il vero salvadanaio del sindacato.
Ma sulle strategie camussiane incombe il mistero dei misteri. Che cosa farà Landini, capo assoluto della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici? All’esordio del governo renzista, sembrava nascere un flirt tra Matteo e Maurizio. Ma quella storia d’amore è durata poco. Oggi persino il comico Maurizio Crozza mette in scena il duello a rivoltellate fra il premier e il meccanico numero uno d’Italia. A rendere più caotico il retroterra della Cgil, e dunque del Pd, c’è infine il collasso d’immagine delle cooperative sociali, quelle che non dovrebbero avere fini di lucro. Ma poi è emersa la fogna della “29 giugno” creata da quel demonio del Buzzi, convinto che gli immigrati, la monnezza, i rom e i derelitti garantiscano fatturati più forti della droga. E tutto il castello di carta collegato al Pd è crollato nel fango.
Quando il suicidio dei democratici sarà completo, sulla scena resterà soltanto Renzi. Il suo credo politico si riassume in un motto: «Molti nemici, molto onore». Quattro parole che portano iella. Ricordiamoci che stavano sulle labbra di un signore con un posto preciso nella storia italiana: Benito Mussolini. Tuttavia è possibile che il suo governo regga per un motivo che lui ci rammenta di continuo: «Se cado io, arriverà la troika dell’Unione Europea». Tradotto alla buona, significa: «Dopo di me il diluvio».
Non è comodo vivere in un paese impiccato a questa alternativa. Milioni di italiani, persone per bene, oneste, pagatori indefessi di tutte le tasse che gli piovono addosso, si fanno domande che le generazioni precedenti non si ponevano. Sono al sicuro i nostri risparmi? Non diventeremo poveri? Quale sarà l’avvenire dei nostri figli? Dobbiamo ancora fidarci di questa democrazia parlamentare o saremo costretti ad augurarci l’avvento di un potere esterno che combatta il disordine con metodi autoritari?
La destra è in pieno sfacelo. La sinistra fa karakiri. Grillo sta alla canna del gas. Il leghista Salvini va in pellegrinaggio a Mosca nella speranza che Putin gli sganci qualche miliardo di euro. Che cosa ci rimane? Forse andare alla finestra e gridare: «Aiuto!». Pur sapendo che nessuno ci ascolterà.