Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 30 ottobre 2014
Mio padre e mia madre erano due operai tessili. Mia madre si licenziò per accudire a una famiglia allargata e numerosa. Mio padre, dopo una fase di scioperi e occupazioni, fu licenziato. La lettera di benservito arrivò a Natale. Mio fratello più piccolo aveva solo tre mesi. Furono licenziati anche mio nonno, che era nella commissione interna, e tutti gli altri membri della mia famiglia. Fu un Natale molto triste e molto povero, come quelli degli anni successivi, d’altronde. Non c’era statuto dei lavoratori, non c’era articolo 18, non c’era Renzi – c’erano i padroni dalle belle braghe bianche, come dice Scalfari, che avevano mano libera. E non eravamo in un periodo di crisi, ma in pieno boom. Non c’era alcuna scusante.
Queste cose le ho già raccontate. Le ricordo solo per dirvi come mi sono sentito ieri, quando guardavo le scene di manganellamento a Roma. Ho pensato che tra quegli operai poteva esserci mio padre, o mia madre, o mio nonno. Poteva esserci la mia famiglia e solo perché i suoi componenti si trovavano lì a difendere il posto di lavoro. Non una ricca carriera professionale, non una possibile carriera politica, né un patrimonio incommensurabile, tanto meno chissà quali augusti e dorati privilegi. Solo un posto di lavoro, roba da 1000-1300 euro al mese. Spicci per taluni. E stavano lì con la loro dignità, non avevano il cappello in mano. Perché si può perdere il lavoro, ma mai la dignità. Non erano provocatori, sabotatori, black block, facinorosi. Erano in gran parte padri di famiglia, genitori, giovani, ragazzi che a 20 anni fanno i metalmeccanici, non i blogger, o i comunicatori, o i consulenti mediali, o i vattelappesca, ma gli operai, gente che oggi è considerata niente più che uno spettro sociale, fossili di altre ere, figure ininfluenti, non spendibili né gettonabili (vuoi mettere a confronto il cosmopolita, il social influencer, il ricco finanziere, vuoi mettere avere una pagina FB con 5000 amici, vuoi mettere l’agenzia di comunicazione che ti fa bucare il video, vuoi mettere?).
[Ecco, mai come in questo caso vale la memo: “non dimenticheremo”. Perché anche coltivare la memoria è questione di dignità. E non nascono rami se le radici sono tagliate. Mentre a un albero i rami rispuntano sempre, e spesso più forti e più carichi di quelli precedenti. Ci sono anche generazioni che non danno frutti.]
2 commenti
Non saprei che dire, se non scrivere cose scontate in aggiunta a questa commovente ma comune a molti esposizione di Morganti. Voglio invece mettere in risalto una mia impressione sulla degenerazione della manifestazione di ieri e sulle parole di Alfano che afferma che non è mai stato dato l’ordine di intervenire alle Forze dell’Ordine con durezza. Guardando e riguardando i filmati si vedono poliziotti che manganellano con una cattiveria e un’intensità che io non ho mai visto neppure nel 60 (beh in quel caso le abbiamo date- era la famosa e famigerata celere di Padova picchiatori ex brigate nere) a Genova e nelle molte altre manifestazioni autorizzate o meno alle quali ho partecipato. Se quel che dice Alfano, cosa che non credo, è vero, quella cattiveria messa nel pestaggio di inermi lavoratori ci mette davanti ad un problema grave: che le Forze dell’Ordine hanno perduto la testa, perché pure esse sotto stress da un Governo che ha da dire su tutti mentre non guarda le sue malefatte e il suo non fare per il Paese. Non credo che la Polizia possa fare uso di droghe per darsi coraggio (da come picchiavano sembravano impazziti) ma è la loro rabbia contro questa società che sono costretti a difendere per pochi spiccioli che l’esaspera e gli fa commettere un REATO contro inerti cittadini che lottano per il LAVORO. Questo non vuole giustificare per nulla lo squallido comportamento delle F.O. ma è solo una riflessione sul pericolo che la coesione sociale corre se anche le F.O invece di essere all’altezza di governare una manifestazione pacifica sfogano la loro rabbia su dei loro simili. Se invece, sono come credo, ordini partiti dall’alto, siamo in pieno regime e la risposta deve essere adeguata al pericolo che si corre quando si manifesta pacificamente.
IL REGIME RENZIANO DEVE ESSERE FERMATO SENZA SE E SENZA MA
il racconto di Alfredo mi ha fatto riaffiorare alla memoria, ricordi importanti della mia vita. Ho fatto la tesi di laurea sulla “Ricostruzione in prov. di Alessandria 1943/1951” incontrai in tale occasione degli operai comunisti della ditta Grattarola & Ceriani di Acqui Terme che a metà degli anni ’50 dopo un drammatico scontro vennero licenziati. L’episodio mi colpì e seppur fuori dal periodo della tesi, raccolsi quelle testimonianze. Mi colpirono le loro vite, alcuni dovettero fare lavori umili, altri diventarono artigiani e benestanti, qualcuno altro fallì. A una riunione del PCI all’inizio degli anni ’80 un giovane della FGCI non conoscendo il fatto accusò di imborghesimento Giuliano Camera operaio licenziato che diventò “borghese” di una carrozzeria per auto, che replicò con ironia e durezza. Al contempo alla fine degli anni ’70 a torino conobbi il padre della mia morosa Pietro (nato nel 1914) era silenzioso e comunista, aveva fatto l’operiao alla fiat e poi fortuna inventando una macchina per costruire attrezzi da pesca. Alla Fiat negli anni ’50 era stato messo a lavorare nel reparto degli emarginati comunisti nella Fiat di Valletta. Era originario della prov. di Bergamo ed alcuni suoi fratelli – comunisti, vennero in quegli anni licenziati dalla fiat e vissero con alterna fortuna. Negli anni ’50 vinse la destra e poi negli anni ’60 ci furono altri profondi movimenti di massa, con il boom economico, l’auto, l’emigrazione di massa ed il centro-sinistra . Un’ altra storia.