Franco Cardini: La follia del governo Netanyahu e degli ambienti che lo coprono e lo proteggono all’interno della Casa Bianca

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini

Franco Cardini: La follia del governo Netanyahu e degli ambienti che lo coprono e lo proteggono all’interno della Casa Bianca

Par di sognare: e, se questo è un incubo, speriamo di svegliarci davvero presto.
Un vento di follìa spira NON DA ISRAELE, NON DAL MONDO EBRAICO DELLA DIASPORA, bensì da ristretti ma potenti ambienti del governo israeliano e dagli ambienti che lo coprono e lo proteggono all’interno della Casa Bianca e del Congresso degli Stati Uniti.
Sull’efferato attacco del 7 ottobre in realtà continuiamo a sapere pochissimo: sembra – per incredibile che possa essere – che ci si sia arroccati intorno alla tesi, data abbastanza ingiustificatamente come corrispondente alla realtà e incontrovertibile, che Hamas sia nel suo complesso colpevole di quanto accaduto, mentre sappiamo quanto sia percorsa in realtà da tensioni e polemiche.
Si parla di atrocità quali la decapitazione di bambini, ma anche ambienti militari israeliani sostengono che di ciò non c’è sicura traccia documentaria. Si mette sullo stesso piano morale il complesso delle azioni di quella che pur si definisce una “organizzazione terroristica” e le conclamate e ufficialmente espresse intenzioni di Netanyahu di radere Gaza al suolo per liberare una volta per tutte l’intero mondo libero (sic) dal mostro Hamas: ma considerare di pari autorevolezza un’organizzazione terroristica e il capo ufficiale di un governo rappresentato alle Nazioni Unite è pure follìa. Ieri sera, in TV, su Rete4, abbiamo assistito a una scena di una gravità incredibile. Una giornalista esperta, Carmen Lasorella, ha ricordato con mota pacatezza che notizie come quelle del taglio della testa a bambini ebrei non sono per ora e fino ad ora suffragate da prove certe: e un autorevole direttore di quotidiano le ha replicato, il volto e la voce severamente atteggiati a chi si sente investito del ruolo di giudice dei colleghi, invitandola a “correggersi” (vale a dire a far collimare le proprie idee con le sue) e a “scusarsi” con il pubblico. Il tono, fermo e ponderato, era quello del boss che pronunzia un minaccioso ricatto. Quanto alle manifestazioni che in tutta Italia si ripetono per la pace, sono state derubricate a “filopalestinesi” e, fra le righe, ad antisemite. Infine, quasi tutti i nostri politici e i nostri media hanno mostrato di accettare ufficialmente l’aberrante tesi del governo israeliano, cioè che per eliminare Hamas, o almeno la sua dirigenza, si possa impunemente spianare a zero una città intera con i suoi abitanti. Se Parigi valeva una messa, Hamas val bene una strage di civili: si ammette di aver colpito solo qualche dirigente dell’organizzazione terroristica e si passa sopra al fatto che ciò stia costando la vita a migliaia di palestinesi, bambini compresi (i quali, dilaniati dalle bombe, certo si compiacciono di non essere stati decapitati). Ma la differenza, sostiene l’ambasciatore israeliano a Roma, è che Hamas decapita bambini, mentre Israele non vuole uccidere nessuno, si limita a distruggere Hamas e non è certo colpa sua se Hamas usa i palestinesi come scudi umani: ben deciso a buttare l’acqua sporca del bagnetto terroristico, il governo di un Netanyahu trionfante per essere almeno per il momento scampato al discredito che lo aveva colpito come uomo politico non si preoccupa più di buttare insieme con essa anche il bambino (e mai metafora fu più realistica). I servizi israeliani sono bravissimi, e lo sappiamo, nell’eliminazione “chirurgica” dei capi nemici: ma in questo caso, evidentemente, preferisce tirare nel mucchio. E che cosa farà quando tutto il territorio di Gaza sarà una deserta rovina, libera però degli abituali abitanti? Metterà ancora una volta il mondo dinanzi al fatto compiuto riempiendo di coloni quello spazio? Ci andiamo in altri termini avviando a un altro passo in più nella “Soluzione Finale del Problema Palestinese”?
Perché Hamas abbia scatenato l’inferno del 7 ottobre non è ancora chiaro: e le molte voci le quali sostengono che in realtà non sia stata lei a volerlo vengono ignorate da noi. È gravissimo, ma passi; ma la risposta militare israeliana non sembra tener alcun conto del fatto che per il diritto internazionale le stesse rappresaglie non possono andar oltre un certo livello, non possono non tener conto di un certo livello di proporzionalità. Le scelte israeliane dopo il 7 ottobre fanno quasi dubitare che gli assassini di quell’infame giornata abbiano fatto un grandissimo favore a Netanyahu resuscitandone il cadavere politico e trasformandolo in zombie assetato di sangue.
Ma quando si passa il segno, tutto può succedere. La Palestina non esiste più, Abu Mazen sembra definitivamente screditato e impotente, in cambio da una parte i palestinesi danno di ora in ora più l’impressione di abbandonare quel che resta di al-Fatah per passare ad Hamas: ma sarà forse questo che Netanyahu & Co. vogliono per poterne distruggere un numero maggiore? D’altra parte, rinasce il sogno impossibile dei “Due Popoli – Due Stati”, anche se il territorio cisgiordano è stato quasi tutto mangiato dalle colonie israeliane illegali che anche un sicuro uomo di destra come Sharon aveva finito col combattere.
C’è del nuovo, nella martoriata Palestina. Si muovono studiosi, intellettuali, religiosi, imprenditori, militari. Leggetevi le pagine successive a questa. La coscienza degli ebrei della diaspora si ribella. Hamas ha formulato una proposta di pace sulla base della totale restituzione reciproca di prigionieri e di ostaggi; la proposta è irricevibile, ma può sempre costituire una base. La palla è rinviata a Washington e alle Nazioni Unite. Non certo ai governi collaborazionisti europei, quello italiano in prima fila. Vedremo. Se son rose, fioriranno. E anche se sono rape, molto peggiori delle prime. FC

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