Autore originale del testo: Marco Guerra
Fonte: intelligonews.it
Url fonte: http://www.intelligonews.it/articoli/16-novembre-2015/33139/parigi-massimo-fini-sono-europei-ci-tiriamo-l-atomica-sui-piedi-ora-patti-col-califfato
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intervista a Massimo Fini di Marco Guerra, 16 novembre 2015
“Veniano a patti con il Califfato, se non li rispettano dichiariamo guerra noi e mandiamo le truppe, non possiamo continuare a farci difendere dai peshmerga curdi a dai pasdaran iraniani”. Massimo Fini parla dello Stato Islamico come di un’entità da riconoscere e, se necessario, da combattere in campo aperto. Ma per il giornalista e intellettuale lombardo il pericolo più grande per l’Europa restano le masse emarginate delle grandi periferie che possono essere attratte dall’islam radicale.
Allora Massimo Fini, che idea si è fatto che questi nuovi attacchi nel cuore dell’Europa. Siamo alla terza guerra mondiale come dicono molti commentatori?
“L’attacco è la risposta all’azione militare che più Paesi europei stanno conducendo contro l’Isis, che poi sia una terza guerra mondiale non lo so, ma certamente è un botta e risposta”.
Senza un accordo tra Obama e Putin questa guerra sembra destinata a trascinarsi a lungo?
“La strategia più realistica è quella di Putin. Adesso, infatti, non è il momento di fare le pulci ad Assad, il pericolo più grave ce lo siamo creato da soli e si chiama Isis, e pertanto è difficilmente sconfiggibile perché puoi anche radere al suolo tutto il loro territorio del califfato, ma Isis è un’epidemia ideologica che rispunta da tutte le parte. Lo vediamo in Egitto e Libia. Se andiamo avanti così diventerà una guerra senza confini guerra tra radicalismo musulmano montate e Occidente. Gli Usa sono i primi che sono intervenuti in questioni che non li riguardavano e anche la Francia non è da meno”.
Sta dicendo che le potenze interventiste sono le più colpite?
“Il giorno prima l’attacco di Parigi, avevo dichiarato proprio ad IntelligoNews che mi aspettavo nuovi attentati in Europa. Nella fattispecie questi attentati sono stati preparati da tempo ma di solito la reazione dell’Isis è piuttosto fulminea come dimostra la strage dell’aereo russo sul Sinai, compiuta pochi mesi dopo l’entrata ufficiale della Russia al fianco del regime di Damasco nella guerra in Siria”.
Ma questo radicalismo non si può combattere solo in Medio Oriente. Gli attentatori di Parigi erano quasi tutti cittadini europei di origini arabe, francesi e belgi di seconda o terza generazione. Insomma l’Europa entra in guerra contro le proprie periferie?
“Questo è il punto più delicato. Non è solo Europa che ce l’ha dentro, anche la Russia ha comunità e interi stati musulmani all’interno della Federazione russa. Qui le armi tradizionali che noi continuiamo ad usare non funzionano più, non ci si può gettare la bomba atomica sui piedi”.
C’è un problema anche riguardo al fasciano che islam radicale esercita sui giovani musulmani in Occidente, i quali non trovano alcun riferimento culturale, politico e spirituale che non sia il produci-consuma-crepa…
“Non c’è dubbio la forza dell’Isis è la debolezza di valori dell’Occidente, sì mi pare che erano i Cccp che avevano coniato il motto ‘produci-consuma-crepa’. Il punto di svolta molto inquietante per l’Europa sarebbe il momento in cui fossero attratte dall’Islam radicale masse povere ed emarginate dell’Occidente e cioè non i discendenti di terza generazione da genitori o nonni arabi ma italiani, francesi e belgi a tutti gli effetti. Non c’è dubbio che questi danno un senso alla propria vita là dove senso non c’è, ed è un senso feroce e tremendo. Ci siamo spostanti rispetto alle pur terribili guerre di una volta come la II Guerra Mondiale. Ora da una parte c’è chi combatte con le macchine – e siamo noi – i missili infatti non sono innocui, per ogni due estremisti che si colpiscono si uccidono anche centinaia di innocenti; e dall’altra parte, appunto, si viene a colpire i civili terrorizzando i Paesi europei, sebbene facciamo finta di non avere paura”.
E in Italia dobbiamo avere paura oppure siamo una potenza di secondo rango che non è tra gli obiettivi?
“L’Italia intesa come governo ha partecipato molto nelle retrovie alla lotta all’Isis, ha però l’inquietante fatto di questo Giubileo che può essere una occasione perfetta per i terroristi, perché se arrivano milioni pellegrini come fa a controllarli tutti? Nemmeno la polizia di Stalin ci riuscirebbe. È stato un grave errore del Pontefice indire questo Giubileo adesso, in questa situazione; grave errore anche al di là dell’Isis visto che tutti sanno in che condizioni è Roma”.
Ma la nostra intelligence, i nostri servizi di sicurezza e le nostre forze armate sono pronte a far fronte ad una situazione di emergenza?
“Non siamo pronti ma come tutti gli altri, la differenza è che ci confrontiamo con gente pronta morire con la stessa semplicità con cui ci si accende una sigaretta e nel mondo del benessere questo non c’è più, non più nemmeno concepibile. C’è una mancanza sostanziale di coraggio in Occidente, in Europa e in Italia in particolare, insomma non vedo gente disposta a sacrificare la propria vita per combattere”.
Lei che ha per certi versi annunciato questi attentati, cosa prevede per prossimi mesi?
“Più bombarderemo, più la reazione arriverà qua”.
È l’animale ferito che reagisce?
“Si, potrebbe anche essere un segno di debolezza dell’Isis, nel senso che adesso sembrano abbastanza in ritirata; però io credo che si dovrebbe venire a qualche patto con costoro, nel senso che finché combattono una guerra là sono affari loro, ma come arrivano qui con questi attacchi allora, a mio avviso, bisognerebbe dichiarare una guerra formale e mandare le truppe. Perché, fra l’altro, credo che ci scredita a farci difendere e a lasciare il lavoro sporco ai peshmerga curdi che abbiamo massacrato noi per anni attraverso Saddan e la Turchia; e a farci difendere dai pasdaran iraniani con l’Iran inserito da vent’anni nell’asse dal mele, non si sa bene perché, che adesso ridiventa improvvisamente buono. L’Occidente paga tutta una serie di errori e di orrori che ha fatto a sua volta in Medio Oriente, parlando solo degli ultimi decenni senza prendere in esame tutto il periodo coloniale”.