Fine dell’austerità. La Grecia esce dai memorandum

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella
Fonte: Il Manifesto

di Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella – 19 agosto 2018

Dopo 8 anni, termina domani il commissariamento del Paese. Ma i mercati si chiedono se il pericolo di fallimento sia davvero passato.

La Grecia esce domani dal commissariamento dei memorandum di austerità, dopo otto anni di durissime sofferenze. I creditori faranno comunque dei «controlli», riguardo all’applicazione del processo di riforme concordate, ogni tre mesi, ma il governo e il paese riacquisteranno autonomia nella gestione quotidiana, e a lungo termine, della politica economica dello stato.

Il principale obiettivo del governo Tsipras, al momento, è garantirsi piena autonomia sui mercati, tornando a finanziarsi senza problemi di sorta. Gli «esperimenti» condotti sinora, con vendite controllate di bond di medio- lungo periodo, sono andati bene, e Atene è convinta che non ci dovrebbero essere intoppi di sorta. Nello stesso momento, è ormai ritenuto quasi certo che nei prossimi giorni verrà annunciato un rimpasto di governo. L’obiettivo è poter arrivare alle elezioni europee della prossima primavera, avendo ridotto la distanza dal centrodestra di Nuova Democrazia, per quel che riguarda le intenzioni di voto. A causa degli incendi di luglio, che sono costati la vita a più di novanta persone, si è deciso di non organizzare nessuna festa o celebrazione per l’uscita dai «mnimònia», dai memorandum.

La principale questione è capire se Atene, da domani, riuscirà realmente a lasciarsi dietro le spalle, seppur gradualmente, otto anni d’inferno. Otto anni in cui l’austerità e i tagli imposti dai creditori sembravano non avere mai fine. Con suicidi di pensionati, consumo di psicofarmaci salito alle stelle e una forte emigrazione di giovani – e non solo – in cerca di lavoro.

La disoccupazione ora è scesa al 19,5%. E’ ancora molto alta, ma in costante, seppur lenta diminuzione. Il Pil del paese sta aumentando al ritmo del 2%, anche se si calcola che in totale, il prodotto interno lordo rimanga del 20% inferiore rispetto a quello del 2010. E il debito pubblico, nel primo trimestre dell’anno, ha toccato il 180% del Pil.
In questi anni la Grecia ha ricevuto circa 260 miliardi di euro dai creditori, ma la stragrande maggioranza, ovviamente è stata usata per ripagare i debiti. La scommessa è far ripartire il paese, malgrado i tanti traumi sociali, economici, personali. È aumentare gli investimenti provenienti dall’estero, ma garantendo dei salari dignitosi e i diritti dei lavoratori, con la reintroduzione (una tra le principali promesse del governo), dei contratti collettivi di lavoro.

È indubbio che la Grecia oggi non sia più a rischio fallimento, ma gli analisti tedeschi si domandano se si tratta di una uscita momentanea o definitiva dalla crisi. La risposta potrà arrivare solo con il passare dei mesi e forse dei prossimi anni, ma intanto da Berlino dovrebbe imporsi un’autocritica molto più forte e chiara, riguardo all’ultraliberismo sposato dai tedeschi nella vicenda greca ed all’intervento tardivo e insufficiente dell’Europa per risolvere la crisi.

Una delle maggiori difficoltà è costituita dalla forte tassazione. Ci sono giovani medici che hanno cercato di resistere, di rimanere in Grecia e provare ad aprire uno studio. Ma oggi denunciano che tra imposte dirette e indirette gli vengono sottratti più di due terzi del reddito. È molto difficile andare avanti e poter fare progetti, se si arriva appena alla fine del mese. D’ora in poi Syriza dovrà sfruttare ogni possibile spazio, ogni programma europeo, ogni sorta di flessibilità, per potenziare le politiche sociali. Per controbilanciare anche l’ennesimo taglio delle pensioni che entrerà in vigore (a meno di sorprese positive dell’ultimo momento), a partire dal prossimo gennaio.

Tutto questo, con un avanzo primario imposto dai creditori, che fino al 2022 arriverà al 3,5%, ed in seguito sarà comunque del 2,2%, sino al 2060. Gli economisti più illuminati hanno ripetuto sino allo sfinimento che avanzi del genere sono un freno per lo sviluppo, ma i creditori non hanno voluto sentire ragioni.
In tutto questo, l’obiettivo è far ridiventare la Grecia un paese «quanto più normale possibile». Nel quale la dialettica politica riacquisti maggior senso, con le sue differenze (anche marcate), tra destra e sinistra. Ignorare la stanchezza della gente sarebbe da stupidi. Atene conta di potersi giovare anche del nuovo clima che si sta creando in Europa, con una maggior collaborazione sul tema dei migranti e minori scontri fomentati dagli ordoliberisti che predicano il potere assoluto del mercato. Se sarà abbastanza, per ora, nessuno lo può prevedere con certezza.

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