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di Luca Billi, 28 magguio 2018
Bisogna dare atto a Matteo Salvini di essersela giocata bene e di avere vinto questa mano. Pur guidando un partito che ha ottenuto solo il 17% dei voti è riuscito a mettersi al centro della scena e soprattutto a darle un carattere. E’ stato capace di polarizzare la scena e di dividere il paese – che peraltro è piuttosto incline a farlo – in tifoserie urlanti e non ascoltanti, riuscendo a tirarsi dietro il povero Di Maio, che invece non ha fatto una gran figura, e soprattutto a far cadere in trappola Mattarella e i suoi mandanti.
Pensate che per qualche giorno Salvini ha corso concretamente il rischio di andare al governo, dove avrebbe dovuto, in quattro e quattr’otto, abolire la legge Fornero e rimandare nei loro paesi un numero incalcolabile di migranti, per citare solo due tra le promesse più roboanti e più facilmente verificabili del suo programma. Certo avrebbe dato la colpa all’alleato, avrebbe rassicurato i suoi elettori che la prossima volta sarebbe stato diverso, ma ormai abbiamo visto che in politica è sempre più “buona la prima”: o si riesce subito o si muore (vedi alla voce renzi). Invece ha costretto Mattarella a commettere un gesto forse non eversivo, forse non anticostituzionale – anche se su questo io continuo ad avere le mie perplessità – ma certamente un errore, perché l’uomo del Quirinale si è svestito del proprio ruolo istituzionale per diventare uomo di parte, anche perché nessun altro poteva – o voleva – farlo. In televisione Mattarella ha detto, apertis verbis e con una chiarezza che gli fa onore, che non ha voluto far nascere il governo perché non poteva farlo, perché da Francoforte e da Bruxelles gli hanno detto che non doveva farlo. E lui ha obbedito. Soprattutto Salvini è stato capace di dividere le tifoserie su un tema come l’euro, intestandosi l’opzione più popolare, perché molte persone, probabilmente la maggioranza, sono convinte che l’introduzione della moneta unica abbia rappresentato l’elemento scatenante della crisi.
Lo psicodramma che in cui siamo immersi in questi giorni – e che verosimilmente continuerà nei prossimi – è che sembra che abbiamo di fronte solo due scelte. Si diceva che Clint Eastwood avesse solo due espressioni: con il cappello e senza; allo stesso modo sembra che noi abbiamo due opzioni: con l’euro o senza, senza guardare al resto. Da questo punto di vista il “contratto” era assolutamente significativo: pur essendo molto ipocrita sul tema della moneta unica, aveva però una decisa impronta di classe, perché prevedeva una fortissima riduzione delle tasse per le imprese e per i più ricchi, a danno ovviamente dei più poveri. La destra anti-euro – da Boris Johnson a Salvini, passando per il fascistume vario in giro per l’Europa – è una destra liberista, che scarica la responsabilità su altri – le istituzioni europee da un lato e gli immigrati dall’altro – ma che accetta tutte i precetti dell’ultraliberismo trionfante: inasprimento della tassazione indiretta per diminuire quella diretta, allentamento del principio di progressività, privatizzazione dei servizi, riduzione delle tutele del lavoro. E’ una destra che, a differenza dei fascismi dell’inizio del Novecento – con cui pure ha molti tratti in comune da un punto di vista propagandistico e culturale – crede che lo stato non possa intromettersi nell’economia, che i mercati debbano continuare a uccidere liberamente i poveri.
L’euro non è il male in sé, è un male perché per la prima volta nella storia non c’è uno stato che batta moneta, l’euro è il simbolo del capitalismo che si è affrancato dalla politica, che non riconosce più di essere sottomesso a una forza diversa da sé. Anzi se proprio devo dire, io, forse perché mi considero un internazionalista, credo che l’Europa potrebbe essere la dimensione politica per ottenere un risultato che piccoli movimenti non potrebbero raggiungere negli stati nazioni che abbiamo conosciuto fino ad ora. Penso che l’Europa potrebbe governare l’economia meglio di quanto lo potrebbero fare i singoli stati, anche perché ormai non esistono più le banche e le industrie dei singoli paesi, ma solo mostri che operano sopra gli stati. E le leggi dei singoli stati – anche quando ci fosse qualcuno che volesse applicarle, sarebbero impotenti contro queste forze. Il capitale si è fatto internazionale, noi non possiamo continuare a giocare negli angusti recinti degli stati.
Ho scritto nella foga di ieri “né con Mattarella né con i fascioleghisti”, è una posizione che molti di voi non condividono, che mi ha tirato addosso molte critiche. Premesso che delle vostre critiche non me ne frega nulla – perché sono notoriamente un orso dal pessimo carattere – ribadisco il concetto, perché non ce la faccio a prendere parte tra due opzioni politiche che mi sono ugualmente estranee. Qui si stanno scontrando, anche duramente, per il potere due bande di sostenitori del capitalismo, io che ostinatamente sono un avversario del capitalismo non riesco a parteggiare per nessuna delle due.
Quindi non chiedetemi di firmare appelli a favore di fantomatici fronti unitari antifascisti, di rassemblement repubblicani, di fare girotondi con quelli della società civile, di cedere al meno peggio, di scendere in piazza a fianco di quelli del pd, ma neppure di quei miei antichi compagni che hanno fatto nascere quel partito e in seguito se ne sono un po’ pentiti, di votare uno qualsiasi solo perché si dichiara all’opposizione del fascismo risorgente del governo. E’ una posizione minoritaria e settaria? Assolutamente sì. E’ una posizione destinata alla sconfitta? Siamo già morti e quindi non mi preoccupo. E’ una posizione rancorosa? Certo e comunque caldamente ricambiata. Ma è anche una posizione che mi provoca dolore, perché è il segno di una sconfitta mia personale – e questo conterebbe poco in fondo e comunque è una cosa che non vi riguarda – ma soprattutto di una generazione, o meglio di un paio di generazioni, di donne e uomini, di tutti noi che abbiamo dilapidato un patrimonio che altre donne e altri uomini, con più intelligenza e più coraggio, avevano costruito e ci hanno incautamente consegnato. Guardo a quello che succede con estremo pessimismo, perché noi di sinistra siamo culturalmente – prima ancora che politicamente – irrilevanti; e ce lo meritiamo.
E allo stesso modo non voglio partecipare a un dibattito sì o no sull’euro. Il discrimine deve essere sì o no sul capitalismo. E quando il tema sarà questo io sarò da una parte, Mattarella e Salvini saranno insieme dall’altra.
Continueremo a essere sconfitti? Noi certamente sì, noi non vedremo un mondo diverso da quello del finanzcapitalismo e dei suoi servi. Sarebbe già un grande risultato se fossimo capaci di consegnare a una generazione nuova un barlume di luce, non solo la nostra vergogna: ma credo che non faremo neppure questo.
1 commento
Billi,, Mattarella,, con la chiarezza che hai detto tu, difendendo il mercato ha avuto il grande pregio di stracciare finalmente il velo sul vero scontro da sempre in atto ma sempre disconosciuto tra gli interessi dello stesso mercato (finanza ecc.) e quelli del paese, riconosciuti dalla Costituzione (lavoro, dignità delle persone, diritti)
ma se lo scontro reale, il discrimine che dici tu) è tra capitale, mercato e finanza contro la Costituzione, i diritti ed il lavoro, quello tra destra e sinistra va quantomeno ri-declinato per non rimanere prigionieri di categorie del ‘900 (ad es. alle vicine elezioni stante le percentuali dei partiti solo un accrescimento del M5s potrà impedire la maggioranza di destra con Salvini a Palazzo Chigi,l’attuale sinistra giocherà solo un ruolo testimoniale salvo non inizi subito un confronto col movimento)